Attacchi di ritorno
Raid antiterrorismo in Belgio, è finita la tregua interna con il jihad
Almeno due morti appartenenti a una cellula dello Stato islamico. “Fermato un attacco come quello a Charlie”. Israeliani: “Ora fate come noi”.
Roma. Ieri in Belgio ci sono stati più raid antiterrorismo della polizia a Bruxelles, a Verviers e a Vilvorde. Il contingente di jihadisti partiti dal Belgio e impegnati anche da anni nel jihad in Siria è uno dei più grandi, le armi usate negli attentati di Parigi venivano da Bruxelles: ieri questi due dati si sono incrociati, come se fosse finita una tregua non dichiarata tra jihadisti e stati europei. Il blitz più importante è avvenuto vicino alla stazione ferroviaria di Verviers, nei pressi di Liegi. Almeno due persone sono state uccise nello scontro a fuoco – e secondo i testimoni ci sono state anche esplosioni.
Le operazioni di ieri sono cominciate per bloccare “attacchi imminenti” grazie a informazioni date da un trafficante d’armi che ieri si è costituito a Charleroi e che aveva venduto i due fucili d’assalto, la mitraglietta Skorpion e la pistola Tokarev al francese Amedy Coulibaly, incontrato a Bruxelles. Lui ha poi passato i due fucili kalashnikov ai fratelli Kouachi, che li hanno usati durante il massacro nella redazione del giornale Charlie Hebdo.
Il resto delle armi è servito a Coulibaly per l’attacco al supermercato kosher di Porte de Vincennes. A quanto risulta per ora, i tre uccisi sono tornati dalla Siria e potrebbero aver fatto parte dello Stato islamico, ma non c’è conferma. Un uomo armato che ha gridato slogan religiosi in arabo e francese è stato visto nella stazione della metro di Ribancourt, a Bruxelles, dove è cominciata un’altra operazione.
I volontari con passaporto belga andati a combattere in Siria e Iraq sono centinaia e all’inizio, nel 2012, si sono divisi in almeno un paio di grandi filiere. Una, quella dei più estremisti, era legata a Jabhat al Nusra e a un gruppo più piccolo, il cosiddetto Majlis Shura al Mujeheddin, che erano entrambi in contatto con il capo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi. Quando nell’aprile 2013 al Baghdadi ha annunciato la creazione dello Stato islamico in Iraq e Siria, il Majlis Shura si è fatto assorbire completamente dentro il nuovo gruppo, belgi inclusi. Grazie anche al contingente belga, al Baghdadi ha avuto fin dall’inizio un gruppo d’appoggio ben armato e molto ideologizzato per reclamare territorio in Siria.
[**Video_box_2**]Il sito al Monitor ha intervistato quattro esperti della sicurezza israeliana, provenienti dal mondo dell’intelligence, che affermano che l’Europa dovrà aderire in fretta al modello di sicurezza israeliano. Il succo dei loro commenti è: anche voi in Europa avete capito, o capirete presto, che questa coabitazione con cellule estremiste clandestine che possono colpire da un momento all’altro non è possibile. Da voi, dicono gli israeliani, ci sono 28 stati diversi e 28 polizie che si parlano poco, è possibile partire dal Portogallo e arrivare in Lituania senza nemmeno un controllo. Dovrete presto, invece, prendere in considerazione l’idea di cominciare intercettazioni preventive di massa e anche quella di creare una rete di informatori all’interno delle comunità islamiche, per tenere d’occhio la nascita di frange terroriste. “Dovete avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, non potete andare a cercare i terroristi tra i calvinisti della Svizzera”, dice l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale Yaakov Amidror. “Nel mondo regolato dal codice penale, se qualcuno ascolta una banda di rapinatori progettare un assalto a una banca non può fare nulla, eccetto continuare con la sorveglianza. Nei casi di terrorismo, invece, quando così tante vite umane sono a rischio, non c’è altra scelta che un’azione preventiva, fino ad arrivare alle (cosiddette) detenzioni amministrative”.
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