Leader post ideologici
L’alleanza anglo-americana è forte, ieri il premier inglese, David Cameron, è arrivato a Washington, carico di aspettative e buoni propositi, sicuro di trovare un interlocutore amabile nel presidente americano, Barack Obama – che chiama Cameron “bro”, quindi tutto è perfetto.
Milano. L’alleanza anglo-americana è forte, ieri il premier inglese, David Cameron, è arrivato a Washington, carico di aspettative e buoni propositi, sicuro di trovare un interlocutore amabile nel presidente americano, Barack Obama – che chiama Cameron “bro”, quindi tutto è perfetto. Per celebrare la visita e la partnership, i due hanno scritto insieme un articolo per il Times di Londra, in asse perfetto, al punto che alcuni commentatori inglesi si chiedono se l’editoriale non possa essere interpretato come un endorsement elettorale di Obama per il voto inglese di maggio, soprattutto quando dice che “abbiamo bisogno di una leadership forte e determinata per affrontare le sfide del nostro tempo” (al leader laburista Ed Miliband si saranno drizzati i capelli in testa: con tutti i guai che ha, ci manca giusto l’appoggio incondizionato di un americano democratico a un inglese conservatore). I due affrontano la questione del terrorismo con una tesi molto pragmatica, degna di leader post ideologici come loro: “Sicurezza e prosperità economica vanno a braccetto”, “la nostra capacità di difendere le nostre libertà affonda le radici nella nostra forza economica” oltre che, naturalmente, nei valori condivisi, “libertà di espressione, stato di diritto, istituzioni forti e democratiche”. Il benessere però non deve riguardare pochi, deve coinvolgere tutti (altrimenti poi Piketty chi lo tiene più), “la prosperità deve essere condivisa nel modo più ampio possibile”, e per questo bisogna investire nell’istruzione per tutti, nelle piccole aziende, e cercare di innalzare il salario minimo. E’ creando posti di lavoro e sicurezza economica che il terrorismo islamista potrà essere sconfitto, scrivono Cameron e Obama, ricordando che la libertà di pensiero è libertà di mercato: il trattato di libero scambio che Europa e Stati Uniti stanno negoziando – tra continue avversità, c’è un blocco europeo tra Germania e Francia che rallenta le trattative – deve essere solido, “perché sostiene nuove opportunità per milioni di lavoratori nei due continenti”.
La tesi dei due custodi della special relationship è dettata da una forza economica che soltanto loro oggi possono vantare. Stati Uniti e Regno Unito sono i due paesi che meglio hanno reagito alla crisi degli ultimi anni, hanno dati di crescita da economie sane, tra il 2,5 e il 3 per cento (se si esclude per il momento il dramma della deflazione britannica, utile nel breve periodo elettorale, ma sintomo devastante della debolezza del sistema), la disoccupazione cala, la fiducia dei consumatori cresce. Le prospettive sono talmente solide che il cancelliere dello Scacchiere inglese, George Osborne, dice che l’economia britannica entro il 2030 “guiderà il mondo”, sarà più forte ancora di quella degli amici americani, ci sarà una competizione virtuosa tra primi della classe.
[**Video_box_2**]La tesi pragmatica dello spezzare il legame tra frustrazione sociale e islamismo violento può essere enunciata soltanto da due paesi in grande crescita: se lo dicesse la Francia con la sua anemia economica strutturale non avrebbe la stessa potenza (e infatti Parigi non lo dice e anzi si tormenta tra multiculturalismo moderato e Patriot Act da chiamare diversamente). Ma se la contaminazione positiva e biunivoca tra libertà di mercato e libertà tout court – che è un’altra formulazione della ormai non citabile, non certo negli ambienti che frequentano Cameron e Obama, “esportazione della democrazia” – è innegabile, nella visione dei due leader transatlantici manca la consapevolezza che il fanatismo ideologico del terrorismo islamista non si vince soltanto comprando in Europa i polli del Kentucky (per quanto il Ttip sia un gran progetto, imprescindibile). Cameron e Obama sono fermi nella loro volontà di “distruggere il terrorismo”, e valutano tutti i modi possibili per farlo, che vanno dall’ambizione cameroniana di svelare tutti i sistemi di criptazione delle comunicazioni (il premier inglese vuole la collaborazione del presidente americano per fare pressione su Facebook e Twitter) alla fermezza obamiana nel rendere i gruppi terroristici come al Qaida e Stato islamico, ma anche tutti i lupi solitari che sbucano violenti in ogni parte dell’occidente, incapaci non soltanto di colpirci ma nemmeno di minacciarci. Ma si può vincere così la guerra? Nello scorso settembre Cameron e Obama scrissero un editoriale congiunto sulla minaccia terroristica e la distruzione di al Baghdadi: era l’inizio della campagna aerea in Iraq e Siria contro lo Stato islamico, e soltanto pochi giorni prima il presidente americano aveva detto che “non c’è ancora una strategia”. Chissà adesso.
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