Il franco e il nano

Mario Sechi

Breve apologo sull’insostenibile piccolezza della moneta a cucù e sul denaro che non dorme mai.

Svizzera for Dummies. Le Borse crollano, i titoli bancari s’ammosciano e il franco è in decollo verticale. Tutti si chiedono: che succede? E perché la decisione di abbandonare il tasso di cambio minimo con l’euro è arrivata ora? Siamo nel casinò del mercato monetario e accade quello che diceva Milton Friedman parafrasando Clemenceau: “Il denaro è una faccenda troppo seria per essere lasciata nelle mani delle Banche centrali”. Vero. Almeno nel caso di Thomas Jordan, presidente della Banca centrale svizzera, che il 18 dicembre del 2014 assicurava: “Siamo impegnati con la massima determinazione ad acquistare quantità illimitate di valuta estera per far rispettare il tasso di cambio minimo. Passate le feste, Jordan il 15 gennaio racconta un’altra storia: “Abbiamo deciso di sospendere il tasso minimo di cambio con effetto immediato e di cessare gli acquisti di valuta estera associati”. Quanti Jordan esistono? La credibilità è minata. E le Borse hanno cominciato a fare testacoda pensando agli effetti collaterali.

 

Primi a cadere, i broker del monetario. Avevano scommesso sulla stabilità del cambio con l’euro, molti si sono ritrovati scoperti e in mezza giornata di scambi hanno accumulato perdite enormi. FXCM, uno dei giganti mondiali del brokeraggio, quotato a New York, ha accumulato un rosso da 225 milioni di dollari.

 

Sorpresona per Nestlé, Swatch, Rolex, Novartis, Roche, Alstom, marchi globali tra i tanti. Il franco alle stelle sarà un rompicapo della partita doppia. Fino a che punto? La Borsa fa su e giù, segno che nessuno conosce la fine della storia.

 

E le banche e i loro clienti? Quelle dipendenti dall’economia svizzera soffriranno, le grandi firme invece correggeranno il tiro con il trading e il maquillage contabile. Ubs ha già segnalato la corsa dei suoi investitori verso il bigliettone verde. Complicazioni in vista per chi ha stipulato mutui in franchi svizzeri. In Italia sono pochi, ma in Ungheria e Polonia il problema esiste, sono in corso grandi manovre per riconvertire i mutui esistenti.

 

Nano tra i titani (Fed e Bce), la Banca centrale svizzera per tenere stabile il cambio tra il franco e l’euro aveva moltiplicato gli acquisti di valuta estera: nel 2011 le riserve erano pari a 257 miliardi, oggi sono schizzate a 495 miliardi, l’80 per cento del prodotto interno lordo. Rispetto alle dimensioni dell’economia del proprio paese, il bilancio è tre volte quello della Federal Reserve e della Banca d’Inghilterra. Surreale. Con l’euro in discesa, inoltre, la faccenda si è tradotta in una perdita gigantesca: sessanta miliardi di franchi. Cosa sarebbe successo continuando ad acquistare euro con il Quantitative easing della Bce in arrivo? Non si può stampare moneta all’infinito e avere l’economia dell’orologio a cucù.

 

[**Video_box_2**]Lezioni per il futuro? Chi immagina la rottura dell’Eurozona ha ampio materiale su cui riflettere. Il Forex è una giungla da 5 trilioni di dollari al giorno. Dentro c’è di tutto: Banche centrali, superbanche, fondi pensioni e venti milioni di trader fai da te in cerca di fortuna online. Difendere la moneta, comprare e vendere denaro è come uscire dalla trincea mentre dall’altra parte mitragliatrici e cannoni sparano senza sosta. La Banca centrale svizzera non ha la bomba atomica e ha finito i proiettili. “Meglio farlo ora”, ha detto Jordan. Troppo tardi, come diceva Gordon Gekko: “Il denaro non dorme mai”.

Di più su questi argomenti: