Addio allo stato-balia
Tradizionalmente in Grecia erano i primi frutti del raccolto a essere considerati sacri, quindi degni di essere offerti agli dei. Più di duemila anni dopo, nel paese che ha ricordato al mondo come perfino gli stati europei possano andare in bancarotta, i primi avanzi di bilancio dello stato sono considerati anch’essi sacri e sono diventati oggetto della più aspra contesa politica.
Atene. La “Kore” dello scultore Antenor, due metri e quindici centimetri di altezza, è la più imponente tra quelle rinvenute sull’acropoli di Atene. Risalente al Sesto secolo avanti Cristo, questa statua votiva femminile fu fortemente voluta dal suo committente, tal Nearchos, come testimonianza dell’“Aparche”. Cioè dei primi guadagni ottenuti con il suo lavoro. Tradizionalmente in Grecia erano i primi frutti del raccolto a essere considerati sacri, quindi degni di essere offerti agli dei. Più di duemila anni dopo, nel paese che ha ricordato al mondo come perfino gli stati europei possano andare in bancarotta, i primi avanzi di bilancio dello stato sono considerati anch’essi sacri e sono diventati oggetto della più aspra contesa politica.
Il governo uscente del conservatore Antonis Samaras, d’accordo con la Troika (composta da Fondo monetario internazionale, Commissione europea e Banca centrale europea), si era impegnato a ripagare il debito non appena la differenza tra entrate e uscite dello stato fosse diventata positiva. Ora Syriza vuole usare invece per finalità diverse, di tipo sociale, i primi frutti dell’austerity applicata fin da quando il rapporto deficit/pil nel 2009 aveva raggiunto il 15 per cento. “Comunque Alexis Tsipras non perde occasione di ripetere, nelle sue apparizioni pubbliche, che il partito di sinistra radicale Syriza non intende alimentare nuovo deficit pubblico, ma al massimo convogliare l’avanzo primario su politiche sociali invece che soltanto sul pagamento dei creditori – dice al Foglio Paschos Mandravelis, editorialista di punta di Kathimerini, il quotidiano conservatore più diffuso nel paese e all’estero grazie all’uscita della sua versione inglese in tandem con il New York Times – Questo è l’ennesimo indizio che la Syriza favorita per le elezioni del 2015 è una Syriza diversa da quella che spaventò l’Europa alle elezioni del 2012”. Sarà, eppure desta incertezza il fatto che un paese finalmente tornato a crescere dopo una recessione che durava ininterrottamente dal 2008, che quest’anno si avvicina al raggiungimento del primo bilancio pubblico in pareggio dopo 40 anni, possa all’improvviso invertire la rotta. “Il problema è che la Grecia è stata investita in 5 anni da tutto quello che avrebbe dovuto fare in 20 anni".
"Abbiamo iniziato a compilare un catasto degno di questo nome, a contare i dipendenti della Pubblica amministrazione e a licenziarne qualcuno, a riformare il sistema pensionistico… – dice Mandravelis, che insegna anche Giornalismo all’Università di Princeton, negli Stati Uniti – I greci sono tramortiti, è vero, ma riconoscono pure che non si può tornare indietro. E’ un momento difficile. Lo stato che pensava a tutto se ne è andato, è un po’ come se il nostro caro papà fosse morto. Uno choc ideologico tremendo”. Ora il leader Tsipras promette di resuscitare questo papà scomparso? “Non esattamente. Io credo che in molti voteranno per Syriza non tanto per tornare allo status quo pre 2008, quanto per avere almeno un po’ della sicurezza persa. Poi c’è la convinzione che il governo Samaras su alcuni temi non abbia fatto abbastanza”. La lotta alla corruzione, secondo Mandravelis, è il cavallo di battaglia più forte di Syriza, complice il fatto che il governo uscente, a pochi mesi dal suo insediamento, abbia spinto alle dimissioni Charis Theocharis, capo dell’autorità che era stata appena creata dal governo precedente per contrastare le mazzette a ogni livello, offrendo così l’impressione di un approccio troppo morbido. Tra le cose che comunque resteranno, l’editorialista di Kathimerini cita la “diavgkia”, o trasparenza: “Le amministrazioni pubbliche sono obbligate a rendicontare tutte le loro spese. Da qui nasce per esempio una recente polemica sul costo giudicato eccessivo di alcuni programmi elettorali della nuova televisione pubblica, quella uscita almeno in parte ridimensionata dopo la chiusura nel 2013 di Ert (la Rai greca, ndr). Una polemica simile, qualche anno fa, sarebbe stata impossibile”.
[**Video_box_2**]A proposito di media, Mandravelis sottolinea che lo scontro annunciato con i proprietari dei canali televisivi privati aumenta anch’esso la popolarità di Tsipras: “Abbiamo dieci canali nazionali privati che dal 1990 non pagano le frequenze che utilizzano per andare in onda e 26 società di sondaggi ufficialmente riconosciute, in un paese di 11 milioni di persone, e il tutto con un mercato pubblicitario ridotto alla canna del gas”. Come dire che gli editori devono evidentemente fare soldi in altro modo, magari in un sotterraneo scambio con lo stato-appaltatore. La repressione delle forze imprenditoriali non assomiglia a una ricetta per tornare a crescere: “Tsipras non demonizza più gli industriali – dice Mandravelis – Lo scorso ottobre, parlando di fronte all’associazione padronale greca, ha citato la necessità di ‘uno stato che sia credibile nel suo ruolo di supervisore e che aiuti gli investitori veri dei settori sani del business, quelli che creano la ricchezza necessaria per rispondere anche alle esigenze sociali’”.
L’editorialista, pur ammettendo che la cura somministrata al paese è stata pesante, insiste sul rischio di riforme lasciate a metà. “Le do un piccolissimo esempio. In Grecia il costo di un litro di latte fresco è tra i più alti d’Europa, si arriva a 1 euro e 50 centesimi (simile al prezzo comunque elevato dell’Italia, dove però il reddito pro capite è più elevato, ndr). La comunità internazionale ci ha suggerito di cancellare quelle norme che vietano la vendita di latte oltre il quinto giorno dalla sua produzione, spostando il limite a 11 giorni come è consentito dalle tecniche di pastorizzazione. Il governo ha ceduto alle lobby che temevano le importazioni e la concorrenza internazionale, così alla fine ha alzato il tetto solo a 7 giorni. La riforma è stata fatta a metà, così la concorrenza non è aumentata e il prezzo del latte è rimasto identico. E questo accade in settori anche molto più importanti”.
Se “il rischio di un ritorno del modello stato-centrico in Grecia” è fuori discussione, conclude Mandravelis, ciò tuttavia non equivale a un successo garantito per Syriza: “Su tanti fronti delicati, dalle finanze pubbliche alle banche, passando per la congiuntura e la disoccupazione, il paese è oggi in una situazione letteralmente critica. Che potrebbe volgere rapidamente al peggio se qualcosa andasse storto. Al momento di governare, la cacofonia di voci che emerge da Syriza renderà probabili degli incidenti di percorso. In quel caso questa sinistra, per quanto sia maturata, sarà ricordata soltanto come una parentesi”.
La prima corrispondenza “Grecia, anno zero”, uscita sabato 17 gennaio, è disponibile qui.
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