Nani e ballerine
La sublimazione di Giovinco da promessa a bollito, le paranoie di Mourinho e il rischio serie A per la Premier. Il Milan come la ex di CR7. Intanto il Chelsea allunga di nuovo sulle rivali grazie anche a uno dei raptus schizofrenici stagionali migliori dell'Arsenal che sconfigge il Manchester City.
Londra. Non so se abbia ragione l’autorevolissimo inserto sportivo del Mirror, che parla di “paranoia”, certo è che anche a un vecchio estimatore di Mourinho come me alcune sue fissazioni cominciano a sembrare un po’ ripetitive. Dopo l’aggancio subìto dal Manchester City due turni fa, il Chelsea ha ricominciato a picchiare duro, mettendo di nuovo tra sé e i Citizens cinque punti. Mou però – dopo le cinque pere rifilate a uno Swansea più spaesato di Cofferati alle primarie del Pd – ha di nuovo attaccato la poca serenità degli arbitri inglesi e lanciato simpatiche frecciatine sull’elasticità del fair play finanziario spiegando che il Manchester City potrà comprare chi vuole, ma tanto sempre in undici deve giocare. Poi ha tirato fuori episodi del passato per dire che i direttori di gara ce l’hanno con lui e tutelano Wenger, l’allenatore dell’Arsenal. Proprio l’Arsenal – in uno dei suoi raptus schizofrenici stagionali migliori – ha schiacciato e battuto 2-0 il Manchester City di Pellegrini. Mourinho, lo sapete persino voi, non parla mai a caso, e per capire che il suo non è lo sfogo di un frustrato basta dare un’occhiata al calendario: sabato prossimo c’è Chelsea-Manchester City, e se i ragazzi di Mourinho riuscissero a vincere rischierebbero seriamente di trasformare la Premier League in un campionato continentale in quanto a scontatezza (ma giocato molto meglio, of course). Dietro, il Manchester United ostenta la sicurezza di chi non ha niente da perdere, gioisce per i gol della cicogna con un nido in testa Fellaini e del giovane Wilson, al suo primo gol stagionale. Se fossi a Rai Sport direi che Wilson è un predestinato, dato che fece il suo esordio lo scorso anno contro l’Hull City nella partita d’addio di Ryan Giggs all’Old Trafford segnando due gol e venendo poi sostituito da Van Persie nel secondo tempo. Per fortuna non lo sono, e mi limito ad applaudire il suo gol e a spernacchiare la ridicola difesa del QPR. Ma il vero appuntamento da non perdere questa settimana sono le semifinali di League Cup: questa sera c’è Liverpool-Chelsea (ancora loro), con i Reds in decisa ripresa dopo l’annunciato addio di Gerrard (su cui ieri Mou raccontava altri aneddoti relativi al mancato passaggio di Steven ai Blues nel 2005: noiosa e inutile preistoria). Domani sera c’è Tottenham-Sheffield United, cioè Premier League contro Terza Divisione. Ormai la squadra che occupa il mio cuore assieme al tè, al brandy e alle belle donne – lo Sheffield – non è più una sorpresa in coppa, ma prevedo una sbronza colossale in caso di passaggio del turno dei ragazzi allenati da Clough.
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Saggezza. Da un paio di giorni mi interrogo senza posa su un mistero calcistico più indecifrabile del successo di certe serie tv della Rai: per quale motivo un giocatore di 28 anni, ancora in forze e con un piede discreto, deve andare a giocare in quel grandioso dopolavoro ferroviario che è la Major Soccer League americana? Siamo di fronte a un caso di sublimazione calcistica, intesa in senso fisico: Sebastian Giovinco a fine stagione lascerà la Juventus per andare al Toronto (Canada, sai che allegria), riuscendo in questo modo a trasformarsi da promessa a bollito senza essere mai passato attraverso la fase giocatore. Non che sia il primo, né sarà l’ultimo (Balotelli questo passaggio già lo ha fatto, e senza Msl). Noto piuttosto che in pochi mesi il campionato cinese ha superato quello italiano, se è vero che gli ex bolliti fuggiti dalla serie A verso l’Asia per fare i pensionati adesso tornano in Italia (a proposito, un saluto a nonno Eto’o). Comunque auguri a Giovinco, che a 28 anni ha deciso che non lascerà traccia di sé nella storia del calcio. Ed è una storia un po’ triste. Certo, c’è persino chi ha fatto meglio: Recoba a 39 anni è ancora una promessa, ma ha guadagnato il dono della saggezza. Qualche giorno fa ha segnato un gol dei suoi, tiro fortissimo e preciso da 150 metri, in un campionato sudamericano (non chiedetemi quale, li confondo tra loro come i nomi dei circhi), e nella redazione della Gazzetta dello Sport qualcuno, svegliatosi dalla pennichella, si è anche accorto che di lì a pochi giorni si sarebbe giocata Empoli-Inter, gara nella quale il Chino segnò da centrocampo mille anni fa.
L’idea, originalissima, di intervistare Recoba sui nerazzurri ha portato almeno un po’ di verità: “L’Inter? Noiosa, come tutta la serie A”. Bravo Chino, una giusta l’hai fatta.
Nabilla Benattia trattiene un rigurgito dopo aver visto una partita dell’Inter, squadra da cui persino la sua ex fiamma M'Vila vuole fuggire
Culi marci. Non voglio difendere il Milan né Alessio Cerci, emblema del calcio italiano che fa flop all’estero e persino in Italia, ma la statistica secondo la quale Cristiano Ronaldo da solo ha segnato più gol di tutta la squadra rossonera vale quanto una gara di dizione tra Topolino e Paperino. Cristiano Ronaldo, che è forte, fortissimo, fortissimissimissimo, segna tanti gol nel campionato della siesta, delle plusvalenze taroccate e delle difese allegre, il Milan in quello dei catenacciari. Se vogliamo restare nell’ambito, direi piuttosto che la squadra allenata da Inzaghi è come quella ex fidanzata del fresco Pallone d’oro di cui i siti scandalistici hanno tanto scritto in questi giorni: ex modella, ex fidanzata del calciatore più cool del mondo, ha tentato di rifarsi il culo e ha ottenuto come risultato il disfacimento del suddetto. Mi sembra un’analogia molto più azzeccata.
Il Foglio sportivo - in corpore sano