Incursione nel tendone di Tsipras, voci (militanti) dalla piazza radicale

Marco Valerio Lo Prete

Gli elettori sembrano piuttosto disincantati: spesso non soddisfatti dell’operato del governo uscente, ma pochi fra loro credono alla realizzabilità di tutte le promesse di Tsipras, dai nuovi 300 mila posti di lavoro da creare nel settore pubblico e privato alla totale inversione di rotta dell’Europa.

Atene. Il tendone di Syriza a piazza Klafthmonos, sulla strada che collega le due principali piazze di Atene (Syntagma e Omonia), con i megafoni che amplificano fino a tarda sera musica e comizi elettorali del partito di sinistra in giro per la Grecia, è stato il primo a essere installato nella capitale, da ormai dieci giorni. “La speranza è in cammino”, è lo slogan più vistoso, accanto alla foto del quarantenne Alexis Tsipras col pugno alzato verso il cielo. Il gazebo di Nuova democrazia, il partito di governo, è decisamente più dimesso ed è stato tirato su soltanto domenica, di fronte al Parlamento. Soprattutto, il tendone di Syriza è l’unico tra quelli dei partiti greci a essersi guadagnato la prima pagina del New York Times. Angelos e Efthimios, due giovani militanti della prima ora, ci ridono su: “Alexis Tsipras ha reso un po’ più famoso il nostro paese, no? E poi abbiamo visto che anche in Italia va forte, a Bologna in particolare è una star!”. Il riferimento dev’essere al comizio che il leader di Syriza ha tenuto nella città italiana subito prima delle scorse elezioni europee. Se il tasso di radicalità del partito che è in testa a tutti i sondaggi per il voto di domenica è argomento di discussione nelle cancellerie europee, a sentir parlare i militanti non ci possono essere dubbi. Angelos dice che “negli ultimi 20 anni il settore pubblico è diventato sempre più piccolo, perciò è disfunzionale. Ora potrà creare nuovi posti di lavoro… E avere anche meccanismi di controllo”, aggiunge. Negli ultimi mesi però l’economia del paese mostrava finalmente segni di stabilizzazione: “Le politiche neoliberiste guardano ai numeri, ma i numeri sono persone e le persone soffrono”, è la risposta di Angelos. Militanti giovani e agguerriti nel tendone parlano e accolgono comunque persone di tutte le età: “Nel gruppo anagrafico fino ai 30 anni siamo i più popolari, ma ormai le bugie che dicevano su di noi nel 2012 sono evidenti a tutti per quello che sono. Non c’è più il terrore che Tsipras rapini i conti correnti dei cittadini greci, né che il suo governo porti alla chiusura delle banche”.

 

Gli elettori effettivamente sembrano piuttosto disincantati: spesso non soddisfatti dell’operato del governo uscente, ma pochi fra loro credono alla realizzabilità di tutte le promesse di Tsipras, dai nuovi 300 mila posti di lavoro da creare nel settore pubblico e privato alla totale inversione di rotta dell’Europa. Kostas Vergopoulos, professore all’Università di Parigi VIII, si definisce “economista indipendente” ma, durante la nostra conversazione nel quartiere residenziale signorile di Kolonaki, non nasconde la sua simpatia per Syriza. Vergopoulos vive a Parigi, è ad Atene per visitare la famiglia e per votare; la sua impressione è che dal governo francese e da quello italiano presto potranno e dovranno arrivare aperture alle richieste di Tsipras sulla correzione della politica economica europea: “La Grecia è soltanto all’avanguardia della crisi, potremmo dire. Tuttavia il malessere è comune al continente, questo è il punto”. Anche lui, seppure con toni più pacati dei militanti di prima, dice che il problema non è il perimetro troppo ampio dello stato greco, che anzi può essere esteso: “La verità è che le riforme strutturali non si fanno in periodo di recessione e prezzi al ribasso. La ripresa americana insegna che prima va stimolata la domanda, anche consentendo al deficit di crescere, poi però la crescita restringerà quello stesso deficit”. Non negherà una differenza tra l’apparato produttivo americano e quello greco, gli dico: “Fino al 2009 crescevamo a ritmi superiori alla media europea. Ecco la prova che il problema è continentale, non si risolve con un approccio moralistico e punitivo verso Atene”.

 

[**Video_box_2**]Vasilis Asimakopoulos è un giovane avvocato del lavoro. Dietro la sua scrivania stracolma di incartamenti campeggia una riproduzione del “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo. “Ho sempre fatto politica, continuo a farla anche se adesso lavoro. Fino al 2010 ero a capo di una corrente chiamata ‘Il nuovo militante’, all’interno del Pasok. Poi quell’anno il Pasok è finito”. Scusi? “Il Partito socialista greco ha firmato il memorandum con la Troika e così noi, come molti altri, sindacati inclusi, ne siamo fuoriusciti – dice Vasilis – Faccio notare che dal 2010 dal Pasok se ne sono andati sindacalisti, militanti e soprattutto elettori. Soltanto la leadership politica è rimasta tutta lì. Ciò dovrebbe dirci qualcosa”. Il giovane avvocato del lavoro riconosce che Syriza, nata nel 2004 come una coalizione di movimenti, ha un vivace dibattito interno e che questo a volte può generare confusione all’esterno. “Ma sul lavoro, per esempio, il partito ha una posizione chiarissima. Cancellare tutte le nuove norme che hanno liberalizzato i contratti e ridotto l’assistenza sociale, per tornare al modello costruito negli anni 80 dal vecchio e glorioso Pasok”. Sicuro che funzionasse a dovere già allora e che oggi possa essere riproposto tale e quale? “Certo”, risponde Vasilis.

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