La “exculturation” francese
Parla Richard Millet, uno dei pamphlétaire più discussi di Francia e saggista premiato dall’Académie française per i suoi studi sulla corruzione della lingua francese: il terrore che nasce da un malessere profondo.
Roma. “Ciò che è più spregevole è l’inerzia morale”. Secondo Richard Millet, uno dei pamphlétaire più discussi di Francia e saggista premiato dall’Académie française per i suoi studi sulla corruzione della lingua francese, dietro quello che definisce “l’orgasmo repubblicano” seguito al massacro di Charlie Hebdo c’è tutto il malessere della Francia. “L’unanimità sentimentale e politica è stata una breve pausa della malattia francese”, dice al Foglio Millet, che ha appena pubblicato per la sua casa editrice Gallimard un saggio su “Sibelius, les cygnes et le silence”, ma che è soprattutto l’autore di quello scandaloso “Elogio letterario di Anders Breivik”, una lettura della strage di Utoya che due anni fa lo pose al centro di una intensa guerra letteraria e culturale a Parigi (in Italia è stato pubblicato da Liberilibri di Macerata).
“Il discorso dei colpevolizzatori non impedirà di svelare la verità sulla guerra civile in corso, nonostante gli editorialisti che rifiutano qualsiasi equazione fra islamismo e islam e quelli disposti a belare dichiarando adesso che ‘siamo tutti musulmani’”, dice Millet, uno dei rappresentanti di quella “Francia reazionaria”, come l’ha chiamata pigramente il Monde, ma anche noto come “la fabbrica dei Goncourt”, il massimo riconoscimento letterario francese. “Solo gli ingenui, o i bugiardi, possono essere sorpresi di questo nuovo episodio della guerra in corso. Il jihadismo deriva principalmente dal rifiuto di assimilare e dal multiculturalismo di stato. Per quarant’anni, la gente in Francia è stata condizionata dall’antirazzismo e oggi non è più in grado di pensare”. Millet è un nostalgico della Francia come “fille aînée de l’Eglise”, figlia primogenita e prediletta della chiesa, il paese di Emmanuel Mounier, di Georges Bernanos e di François Mauriac, e dei “chouans”, i baciapile, i nemici della Rivoluzione, quel pezzo di Francia che aveva osato levarsi contro la volonté générale. Millet attacca il cosiddetto impero del bene: “E’ un pacchetto di valori fatto di tolleranza e di una ideologia dominante anti razzista, filantropica, anti cristiana, deculturizzata e moralista, una bondieuserie umanistica che nel linguaggio di Baudrillard ha trasformato la chiesa cattolica in un simulacro del male. Il cattolicesimo è l’oggetto dell’odio che cristallizza tutte le richieste delle ‘minoranze’ in Francia: i liberi pensatori, gli islamofili, gli attivisti della ridefinizione sessuale, gli abortisti, gli eutanasici, gli ignoranti, i ‘giovani’ e molti scrittori che ‘vigilano’”. Millet concorda con un saggio della studiosa di religioni Danièle Hervieu-Léger, “Catholicisme, la fin d’un monde”, la storia di una “exculturation”, di una battaglia che non è mai stata iniziata, ma è già finita, la società francese che marcia spedita verso l’“exculturation” del cattolicesimo, la sua estromissione che crea un vuoto riempito dall’islam.
[**Video_box_2**]“Le Guardie rosse del laicismo”
“Si tratta di una guerra che il sistema politico e mediatico oscura in nome della ‘tolleranza’ e dei ‘valori repubblicani’” dice Millet. “Mi chiedo allora che cosa sia la libertà di espressione in Francia per i servi di questo nichilismo ufficiale”. Lo scrittore francese fa notare che nei giorni precedenti la strage di Charlie Hebdo, il quotidiano Libération aveva un servizio sulla scrittrice Colombe Schneck che raccontava spensierata e un po’ contenta del suo aborto a diciassette anni.
“La laicità francese è diventata il letto caldo del multiculturalismo pro-musulmano, dove le tradizioni nazionali sono decostruite sotto l’occhio vigile del Qatar e sotto lo sguardo perso della classe politica francese”, conclude Richard Millet. “Le Guardie rosse di questo laicismo, lavorando alla decristianizzazione dell’Europa, hanno creato il terrore nichilista, la morte della cultura”.
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