Un'immagine delle proteste a Ferguson dopo l'omicidio di Mike Brown (foto LaPresse)

Anche la falange dei diritti civili di Obama scagiona l'agente di Ferguson

La giustizia ordinaria aveva scagionato l’agente Darren Wilson per l’omicidio del diciottenne Michael Brown a Ferguson, nel Missouri, amara vicenda di violenza che ha riattizzato le braci dello scontro razziale in America. Ora anche il dipartimento di Giustizia, a conclusione della sua inchiesta indipendente, sta per raccomandare di non procedere contro il poliziotto.

New York. La giustizia ordinaria aveva scagionato l’agente Darren Wilson per l’omicidio del diciottenne Michael Brown a Ferguson, nel Missouri, amara vicenda di violenza che ha riattizzato le braci dello scontro razziale in America. Hanno detto che il processo è stato una farsa, che la giuria era troppo bianca per essere imparziale, che la legge è troppo accondiscendente con i poliziotti, Repubblica ha scritto che il procuratore Bob McCulloch ha “pilotato” i giurati, lui che è figlio di un poliziotto di St. Louis ucciso da un afroamericano durante un pattugliamento nel ghetto. Ora che anche il dipartimento di Giustizia, a conclusione della sua inchiesta indipendente, sta per raccomandare di non procedere contro il poliziotto che ha sparato al ragazzo disarmato, si tratta di decidere se anche gli agenti dell’Fbi sono viziati dallo stesso pregiudizio razziale della giuria, se anche il procuratore generale, Eric Holder, protegge a oltranza le forze dell’ordine, lui che è stato mandato da Barack Obama nella periferia in fiamme a placare gli animi e si è presentato con il doppio cappello di servitore dello stato e di attivista dei diritti civili: “Sono il procuratore generale, ma sono anche un uomo nero”, aveva detto, “conosco la sfiducia nei confronti dei poliziotti”.

 

In un discorso tutto venato di riferimenti autobiografici aveva raccontato dell’umiliazione delle perquisizioni nel baule e sotto i sedili quando la volante lo aveva fermato per un semplice eccesso di velocità: “In  troppe comunità, troppi uomini di colore vengono emarginati e considerati soltanto fonte di paura. Il mio impegno è quello di cambiare tanto la realtà quanto la percezione”. Era quello che la comunità afroamericana in subbuglio e l’eterogenea pattuglia dei diritti civili che si stava coagulando in tutte le piazze d’America voleva sentire. Avrebbe voluto sentire quelle parole da Obama, ma il presidente spargeva balsami e unguenti lenitivi, non poteva e non voleva entrare nel ginepraio di una disputa razziale dalla quale sarebbe uscito esausto e sanguinante. Aveva mandato in sua vece il fidatissimo Holder, il quale oltre a snocciolare belle parole sull’uguaglianza aveva annunciato un’inchiesta indipendente per accertare oltre ogni ragionevole dubbio se Wilson avesse abusato del suo potere e se lo avesse fatto animato dalla paura e dal disprezzo per l’uomo nero. Il dipartimento di Giustizia ha fatto un’autopsia separata sul corpo di Mike Brown, ha analizzato la pistola e i proiettili nei laboratori dell’Fbi a Quantico, in Virginia, ha scrupolosamente interrogato oltre duecento testimoni, molti dei quali avevano già offerto le loro deposizioni per il processo civile.

 

[**Video_box_2**]Holder vendicherà il procuratore bianco che pilota le giurie bianche contro gli uomini neri, hanno pensato in molti. Per farlo bastava che i federali provassero che nel momento in cui ha sparato Wilson fosse cosciente del fatto che stava violando i diritti di un cittadino, e i milioni di persone che sono scesi in piazza erano certi che fosse andata così, e che l’agente Wilson sapesse quel che stava facendo. E invece, secondo quanto anticipato dal New York Times, l’Fbi non ha trovato prove a carico di Wilson e gli avvocati del dipartimento di Giustizia non daranno al procuratore generale l’indicazione di procedere. Tecnicamente Holder e il suo mastino dei diritti civili, Vanita Gupta, potrebbero discostarsi dalle indicazioni dei sottoposti che hanno guidato l’indagine, ma sarebbe una manovra irrituale e spregiudicata, oltre che una gesto clamoroso di sfiducia del procuratore verso la macchina investigativa federale. Rimane aperta ancora un’indagine sul corpo di polizia della cittadina del Missouri, accusato di fare un eccesivo uso della forza e di fermare per controlli ordinari un numero maliziosamente spropositato di afroamericani. Holder ha ordinato finora l’apertura di una ventina di inchieste analoghe in vari dipartimenti di polizia del paese, e in alcuni casi le forze dell’ordine hanno riformato i regolamenti per assicurare un equo trattamento ai cittadini.

 

Tutto questo non cambia la posizione di Wilson, che quando arriverà l’annuncio ufficiale del dipartimento di Giustizia sarà scagionato per la seconda volta, dopo essere stato oggetto di una campagna di proteste durissima e intimidatoria. Quando tutti a Ferguson cercavano l’uomo bianco con le mani insanguinate, alcuni giornalisti hanno pubblicato il suo indirizzo di casa, costringendolo a nascondersi nelle catacombe di un programma di protezione testimoni. Si è inevitabilmente dimesso dalla polizia, sperando che il suo gesto desse la possibilità “alla comunità di curare le sue ferite”. Intanto l’America scendeva per strada urlando “black lives matter” e chiedendo a Holder, ultimo baluardo pubblico in difesa dell’orgoglio afroamericano, di rendere giustizia a Big Mike e a tutto il paese ferito. Il dipartimento di Giustizia ha indagato, ha considerato il caso, si è immerso empaticamente nei sentimenti della comunità, e ha stabilito che Wilson non ha commesso un reato.

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