I nazareniki
Alexis Tsipras è festeggiato in tutto il mondo, perfino in Vaticano, come simbolo di un socialismo allegro e macho che vince le elezioni con la promessa di non pagare il debito ai capitalisti, poi chissà.
Alexis Tsipras è festeggiato in tutto il mondo, perfino in Vaticano, come simbolo di un socialismo allegro e macho che vince le elezioni con la promessa di non pagare il debito ai capitalisti, poi chissà. Il caudillo democratico, che l’Unione si prepara ad accogliere in pompa magna, com’è giusto, si allea però subito con una destra antipatizzante dell’austerità: i nazareniki consentono la nascita del governo in mancanza di una maggioranza assoluta di Syriza. Alexis e il nazionalista di destra Panos Kammenos litigheranno su immigrazione e visione della storia, ma non sui debiti con la Troika e con noialtri. D’altra parte Tsipras si gode i fuochi artificiali dei pauperisti, dei terzomondisti, dei rifondazionisti, degli antiglobalisti, dei postcomunisti, ma non gli mancano la ola e le congratulazioni di Marine Le Pen, particolarmente fervorose e ideologiche, e quelle di Matteo Salvini, che però deve aver intuito come la cancellazione del debito greco sarebbe fatta a spese dei contribuenti europei e italiani.
La politica greca è stata imperniata per decenni, dopo la fine della giunta dei colonnelli, su due famiglie e due poli, quello socialista dei Papandreou e quello conservatore dei Karamanlis. Ma il Pasok e Nuova democrazia non sono mai riusciti ad allargare la base politica del sistema, gli oligarchi familisti non avevano vocazione pattizia. E così, in una situazione di stallo non troppo dissimile da quella italiana, a praticare una sorta di radicalità antagonista, fino al punto di inserire in un’ora di trattativa un partito di destra nel progetto di sinistra, è rimasto il giovane Alexis. Che al contrario di Renzi non ha l’aria di sapere bene come mettere le mani su un negoziato europeo. Speriamo che impari presto.
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