Cassa Depositi in movimento. Forse Ilva ci cova?
Le modifiche allo statuto della Cassa depositi e prestiti rendono possibile un intervento per soccorrere l'Ilva di Taranto, la più grande scommessa di politica industriale del governo Renzi oggi in corso? Basta fare due più due.
La Cassa depositi e prestiti finora era sembrata guardinga dal prendere una posizione chiara in merito a un eventuale aiuto per grandi aziende in sofferenza, come l’Ilva, in quanto ciò sarebbe contrario al suo statuto.
Mercoledì però l’assemblea di Cdp, presieduta da Franco Bassanini, ha approvato delle modifiche essenziali al complesso di norme che ne disciplinano il funzionamento ampliandone il raggio d'azione.
Potrebbe significare un prossimo intervento della banca pubblica, controllata dal Tesoro (80 per cento) e dalle Fondazioni di origine bancaria (18 per cento), a favore del siderurgico di Taranto?
La Cassa depositi ha modificato il proprio statuto in diversi punti. Due sono le modifiche particolarmente interessanti:
1) la Cdp potrà “utilizzare la raccolta garantita dallo stato (fondi del risparmio postale) anche per finanziare le operazioni in favore di soggetti privati in settori di “interesse generale” che saranno individuati con decreto del ministro dell’economia e delle finanze”;
2) e “finanziare con raccolta non garantita dallo stato, le opere, gli impianti, le reti e le dotazioni destinate non più solo alla fornitura di servizi pubblici e alle bonifiche, ma in modo più ampio a iniziative di pubblica utilità”.
L’Ilva era stata definita un’azienda di “interesse strategico nazionale” operante in un settore annoverabile tra i “servizi pubblici essenziali” nel decreto Salva Ilva licenziato dal governo Renzi a inizio anno, un complesso di interventi necessari a rilanciare l’attività del siderurgico passando da una nazionalizzazione temporanea.
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