L'incubo dei terroristi
L’avvocato Darshan-Leitner vuole mandare in bancarotta la guerra santa. Finora è riuscita a togliere un miliardo di dollari agli islamisti. La Erin Brockovich israeliana.
Nitsana Darshan-Leitner combatte il terrorismo con la penna e con la carta. I suoi campi di battaglia sono le corti di giustizia di Israele, dell’Europa e del Nord America. Figlia di ebrei iraniani, Leitner quando creò il suo studio legale, Shurat HaDin, o Centro legale israeliano, lo fece senza un centesimo. Una sorta di Erin Brockovich israeliana. Da allora, Leitner ha perso soltanto una causa su sessanta, ottenuto un miliardo di dollari in risarcimenti dagli sponsor del terrorismo islamico e congelato beni al jihad per 600 milioni di dollari.
Leitner ha rappresentato centinaia di vittime del terrorismo in casi contro il Jihad islamico, Hezbollah, al Qaida e l’Autorità palestinese. L’ultima causa che ha avviato presso la Corte dell’Aia è contro il leader di Hamas, Khaled Meshaal. Ma anche contro paesi come l’Iran, la Siria e la Corea del nord. La sua causa la perse quando nel 1995 Leitner si infuriò per il fatto che a Muhammad Abbas, uno dei terroristi palestinesi che avevano preso parte al dirottamento della nave da crociera Achille Lauro nel 1985, era stato concesso di tornare in Israele. Decise di rivolgersi alla Corte suprema israeliana. Leitner non aveva mai sostenuto una causa prima. Perse, ma i magistrati non le fecero pagare le spese legali. Fu una mezza vittoria.
Da allora, Leitner avrebbe fatto causa anche all’Unione europea per i fondi ai palestinesi dirottati al terrorismo o all’incitamento all’odio. Bruxelles gode di immunità diplomatica quindi il caso non è arrivato in tribunale. Ma l’azione di Leitner ha spinto l’Unione europea a vigilare meglio su come vengono impiegati i fondi. La sua organizzazione ha anche impedito che la seconda flotilla per Gaza salpasse dalla Grecia. Leitner minacciò le navi greche messe a disposizione dei “pacifisti”.
Fra i suoi maggiori successi c’è stata una causa da 378 milioni di dollari contro la Corea del nord. Leitner accusò il regime comunista di aver foraggiato i gruppi terroristici che nel maggio del 1972 fecero strage di passeggeri nell’area ritiro bagagli dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Ebbe l’idea di rivolgersi a una corte federale americana, interessata alla vicenda poiché gran parte delle vittime di quell’attentato proveniva da Porto Rico. Esecutori del bagno di sangue (26 morti e 80 feriti, in maggioranza pellegrini cattolici portoricani) furono tre terroristi dell’Armata rossa giapponese arrivati in Israele con un carico di armi su un volo proveniente dall’Italia. Poi Leitner ha ottenuto 338 milioni di dollari dalla Siria per il sequestro di archeologi in Turchia nel 1991 e 70 milioni dall’Iran.
Quando arriva un giudizio a lei favorevole, Leitner fa copie della sentenza e la spedisce a tutti i suoi amici, anche a chi all’inizio ha cercato di scoraggiarla, dicendo che era una follia, una crociata inutile. In questo modo l’avvocato ha costretto i terroristi di Hamas a usare i tunnel, anziché le banche europee, per muovere il denaro. Fu all’università, studiando legge, che questa donna capì che avrebbe usato la sua esperienza per fermare i terroristi. Erano anni terribili per lo stato ebraico. Nel 1974 i terroristi fecero irruzione in una scuola elementare a Maalot e uccisero ventuno bambini; poi bombardarono una strada trafficata di Gerusalemme nel 1975, uccidendo 15 persone; sbarcarono sulla spiaggia di Tel Aviv e presero ostaggi al Savoy Hotel, uccidendo otto israeliani; e dirottarono un autobus lungo la strada costiera tra Tel Aviv e Haifa, uccidendo 38 israeliani. Nei primi anni Novanta ha incontrato Avi Leitner, un immigrato americano che era cresciuto nell’attivismo per i diritti civili degli afroamericani contro il Ku Klux Klan. Fu l’inizio, oltre che di una famiglia con sei figli, di un sodalizio che vuole mandare in bancarotta la guerra santa.
Leitner ha preso di mira anche Mohammed Khatami, l’ex presidente iraniano, a nome delle famiglie ebree i cui cari erano stati imprigionati e torturati perché intenzionati a fuggire dall’Iran quando Khatami era in carica. Leitner attese che Khatami venisse a parlare alle Nazioni Unite, a New York. Una sera Khatami doveva parlare al Council on American-Islamic Relations di Washington. Per ottocento dollari non si poteva solo andare a cena, ma anche ottenere una stretta di mano e una photo opportunity con il turbante nero. E consegnargli anche una citazione in giudizio.
E’ stato però nel febbraio 2002 che la vita di questo avvocato è definitivamente cambiata. La sentenza riguardava il caso di Ira Weinstein, autista dell’autobus numero 18 a Gerusalemme nel febbraio 1996, quando un attentatore suicida si fece esplodere uccidendo venticinque israeliani. La squadra di Leitner aveva presentato una denuncia per conto della sua famiglia nel Distretto di Columbia contro il governo iraniano, sostenitore dei terroristi di Hamas che avevano effettuato l’attacco. Nel febbraio 2002, il giudice federale costrinse Teheran a pagare 183 milioni dollari di risarcimento.
Il Centro legale israeliano ha già esportato il suo modello al di fuori del medio oriente, aiutando le vittime del gruppo terroristico colombiano delle Farc e dell’Ira irlandese. Lo scorso autunno, Newsweek ha dedicato alla Leitner un ritratto dal titolo “The Woman fighting Isis in court”. Sì, perché l’avvocato israeliano ha fatto causa anche a chi fa affari con il califfo al Baghdadi. Alle banche che ricevono il denaro proveniente dalle vendite del petrolio. Si dice che la Cia assista la Leitner in questa causa.
Se le banche hanno filiali negli Stati Uniti o in Canada, Leitner li può perseguire in giudizio grazie al Patriot Act e al Canadian Anti-terrorism Act. Uno dei successi di Leitner ha coinvolto la Bank of China. La Corte suprema dello stato di New York ha emesso una storica sentenza: le vittime israeliane degli attacchi terroristici organizzati da Hamas possono procedere contro l’istituto di credito cinese. La Bank of China era stata accusata infatti dallo studio Leitner di non aver fatto nulla per bloccare il trasferimento di denaro verso i gruppi islamisti di Gaza. Soldi che poi sono stati usati per acquistare i missili lanciati verso lo stato ebraico.
[**Video_box_2**]Inoltre Leitner si è dedicata alle organizzazioni non governative (ong) della carità. Associazioni come Rashid Trust (pachistana), Islamic Heritage Revival Society (Kuwait), Al Haramain (Arabia Saudita), Holy Land e World Islamic Charity. Perché gli oboli raccolti nelle moschee in occidente vengono spesso incanalati dalle ong verso i jihadisti, dietro al pretesto dell’aiuto agli affamati e ai senzatetto. Di 156 milioni di dollari l’ammontare dei risarcimenti ottenuti dalla Leitner da queste charities islamiche che agiscono in Europa e America.
Ogni volta che c’è un attacco terroristico, la sua squadra comincia a costruire lentamente il caso. Come quando fece causa all’American Express per i milioni trasferiti da Hezbollah tra il 2004 e il 2006, denaro poi utilizzato per compiere attacchi missilistici sulle città israeliane. Leitner ha anche lanciato una campagna pubblica per salvare la vita di Imad Sa’ad, un agente di polizia palestinese accusato di aiutare l’intelligence israeliana nella caccia ai latitanti. Era stato condannato a morte da un tribunale palestinese. Leitner è riuscita a salvargli la vita, e a fargli scontare la prigione.
Nel 2002, il suo team si è messo sulle tracce dell’ex ministro della Difesa siriano, Mustafa Tlass, uno dei più famosi uomini del regime di Bashar al Assad, a nome della famiglia Shatsky, la cui figlia era stata uccisa in una pizzeria nel centro commerciale a Karnei Shomron nel nord-ovest della Samaria, a est di Kfar Saba, da un gruppo terroristico finanziato da Damasco. Ha presentato una denuncia a Washington contro la Siria, sostenendo che ha fornito il supporto fondamentale per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, i cui membri realizzarono l’attacco suicida. Il caso è ancora pendente.
Leitner incarna lo spirito ebraico di emancipazione, la convinzione che le vittime del terrorismo possano fermare i loro oppressori e ottenere anche un po’ di giustizia.
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