Ma siamo a Mondello o a Montecitorio? Flânerie quirinale

Michele Masneri

Ore quindici, va in scena la Sicilia. Sarà l’affollato Transatlantico, opera di Ernesto Basile, massima archistar liberty palermitana, sarà perché il nome del prossimo presidente della Repubblica di indicazione renziana su cui tutti sembrano convergere, Sergio Mattarella, arriva dal mondo lontano di una Dc isolana.

Roma. Ore quindici, va in scena la Sicilia. Sarà l’affollato Transatlantico, opera di Ernesto Basile, massima archistar liberty palermitana, sarà perché il nome del prossimo presidente della Repubblica di indicazione renziana su cui tutti sembrano convergere, Sergio Mattarella, arriva dal mondo lontano di una Dc isolana; saranno le atmosfere da Divo (il film di Sorrentino su Giulio Andreotti); ma qui ci si sente tutti a Villa Igiea o in un Villino Florio, e vien voglia di mettersi la coppola o di mangiare un’arancina.

 

Prima giornata di votazioni, si sa che non ne uscirà nulla, il Transatlantico si anima di personaggi che si pensava estinti; sotto i soffitti cassettonati, tra i sovrarchi rosso pompeiano e le semicolonne di malachite e i pavimenti di marmi (ancora) siciliani, come in una crociera un po’ fantasmatica da Olandese Volante ecco passeggeri d’epoca: Paolo Pillitteri, in formissima, dispensa pareri autorevoli in completo chiaro giustamente da crociera; Carlo Vizzini – per i più piccini, già ministro, palermitano, segretario di un partito che cacofonicamente si chiamava Psdi – viene molto ascoltato visto il convergere delle intenzioni di voto su Mattarella; e si parla di mafia e antimafia e case giù a via Libertà, e la “prima giunta anomala di Palermo, con Leoluca Orlando”, e ci si sente come a vedere puntate di tg degli anni Ottanta, e quando arriva Santoro con “Samarcanda” in diretta dal rione Brancaccio?

 

Mattarella piace tantissimo anche alla minoranza pd, almeno alla corrente bresciana. Paolo Corsini, ex sindaco della Leonessa, che insieme a Massimo Mucchetti compone la falange del Tondino, è entusiasta. Dice che Mattarella ha la levatura perfetta, anche morale, che è proprio quella Democrazia cristiana martinazzoliana di cui si è perso lo stampo. Viene subito gelato da Luigi Zanda, il nostro Frank Underwood, che dice sadicamente al povero Corsini: “Eh, non esagerate con questo entusiasmo, che andate in overdose”. E l’ex sindaco, che è un sofisticato storico, riflette amaramente che “in fondo l’Italia come diceva Stendhal è il paese dei sotterfugi” e “speriamo che non si entri in cul de sac”.

 

Zanda se ne va con espressione sorniona tipo il Supertelegattone delle nostre infanzie, e qui altri felini; Filippo Ceccarelli di Repubblica ricorda che un tempo esistevano dei veri gatti abitanti secolari di Montecitorio, qui reclusi da tempi immemori, tanto da dare vita a una razza a parte, e non si può pensare con questa suggestione al gatto-zombie riemerso dalla tomba, diventato come si dice virale in questi giorni. E nella noia generale ci si aspetta di veder passare il gatto persiano candido del film di Sorrentino, metafora forse di qualcosa.

 

[**Video_box_2**]Poi, un gran contrasto con questo candore felino: macchie di colore nero-inchiostro. Sono le femmine di destra, sono tutte in nero, si aggirano tra noi, e dopo un po’, ecco, si capisce dove siamo. Siamo in una pubblicità Dolce & Gabbana. La Meloni con tailleur pantalone scollato; la Santanchè, con pelliccetta ecologica; la Ravetto affilatissima con tacco acuminato; Anna Maria Bernini con ampio pantalone e fascia da torera; Jole Santelli con stivaloni. Tutte in un sensuale lutto, appollaiate su questi divani da crociera, come sugli scogli le femmine degli stilisti insulari-milanesi, nelle pubblicità verghiane che piacciono tanto. Intorno, altra Sicilia: il governatore Rosario Crocetta tiene banco, e si sentono parole come “Capaci”, “antimafia” “stagione delle Bombe”; “Addaura”; e compare Gianni Riotta, palermitano, e insomma pare d’essere a Mondello, e qualcuno arguto argomenta pure che “in fondo si viene dalla stagione della trattativa”. Vizzini, con aplomb da Prima Repubblica, solo un po’ di forfora sulle spalle ma completo su misura gessato, sobrio, cravatta Hermès, dice che Mattarella (fatti molti distinguo assai siciliani), ha l’unico profilo richiesto al momento, cioè in pratica un notaio d’alta gamma con curriculum adeguato, è stato ministro della Difesa e vicepresidente del Consiglio, però è anche notarilmente uomo “che sa fare un passo indietro”, che non si capisce molto bene cosa voglia dire, però, detto con accento soft da Palermo-bene e sotto questi soffitti, suona bene.

 

Intorno, gruppi e gruppetti che parlano tra loro negli angoli, sotto arbusti, o fuori nella nuova area lounge di gazebo allestita per queste quirinarie, dopo l’exploit del 2013 (novità anche gli ombrelli di cortesia firmati “Pierre Cardin” per raggiungere i suddetti gazebo sotto l’acquazzone, che sembrano gadget appunto da Hotel Villa Igiea o Delle Palme, o da onesto quattro stelle, o crociera fuori stagione). Nei corridoi, Renato Schifani, palermitano, ex presidente del Senato, che forse si è perso sulla nave, ha l’aria smarrita, sembra Alfred Lambert nelle “Correzioni”; forse teme di ritrovarsi come gli italiani rimasti chiusi ad Auschwitz per fatalità. La giornata d’uno scrutatore, per oggi, finisce qua.

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