L'applauso dell'Aula nel momento in cui Mattarella supera il quorum (foto LaPresse)

"Aridatece i franchi tiratori". La seduta spiritica degli inconsolabili sfascisti quirinalizi. Cronache presidenziali

Marianna Rizzini

I numeri sono numeri (Sergio Mattarella eletto con 665 voti), chi ha vinto e chi ha perso è chiaro, ma poi dipende tutto dall'occhio di chi guarda, e se l'occhio che guarda è posizionato nel bel mezzo del Movimento Cinque Stelle, grande auto-escluso del voto per il Quirinale, può essere che la realtà si ribalti.

I numeri sono numeri (Sergio Mattarella eletto con 665 voti), chi ha vinto e chi ha perso è chiaro, ma poi dipende tutto dall'occhio di chi guarda, e se l'occhio che guarda è posizionato nel bel mezzo del Movimento Cinque Stelle, grande auto-escluso del voto per il Quirinale, può essere che la realtà si ribalti, diventando meno insopportabile per chi aveva sperato che il fato, il caso e le beghe altrui facessero il miracolo, riportando in partita chi non aveva neanche voluto iniziare a giocare. E così, all'uscita dall'aula, proclamato eletto il nuovo presidente con molti voti in più rispetto al necessario, i Cinque Stelle sceglievano di raccontarsela così: ci date di "irrilevanti", gente che si è auto-reclusa ai margini? Macché, questa è soltanto coerenza (ragionamento di Roberto Fico, convinto che chi combatte per "coerenza e trasparenza", valori non marginali, non possa essere chiamato marginale, e se qualcuno vuol chiamarlo marginale allora faccia pure: vuol dire che considera marginale anche coerenza e trasparenza). "Mattarella, ti aspettiamo al varco", diceva sempre Roberto Fico, mentre Alberto Airola abbandonava truppe di cronisti al grido di "Siamo soggiogati dalla dittatura governativa".

 

Eppure il blog di Grillo era stato già meno duro del giorno prima, con il presidente da "cinquanta sfumature di grigio" (così veniva chiamato invece del presidente insensibile al tema "uranio impoverito", come era stato inizialmente presentato e dato in pasto alla rete che nulla perdona). Ma, a ridosso dell'elezione, ecco che il professor Aldo Giannuli spiegava perché questa poteva essere considerata una "discreta vittoria del m5s". Della serie: mi racconto quello che voglio per autoconsolarmi. E sempre il blog del grande capo concedeva infine l'aggettivo "rispettabile" all'indirizzo di Mattarella (troppo tardi?). Successivi segnali di appeasement interessato, per cercare di non farsi prendere per quelli che mugugnano e basta: qualche insospettabile, tipo la senatrice Paola Taverna, dopo aver accennato l'applauso di cortesia al presidente neoeletto (come pure Luigi Di Maio), diceva, scappando via, che sì, il "beneficio del dubbio" si concede a chiunque (poco prima però Taverna aveva abbracciato la dura e pura Carla Ruocco, orgogliosa della propria "coerenza", parola del giorno a casa Grillo: coerenza nel votare Ferdinando Imposimato, nome non tradito dai Cinque Stelle, ormai invisibili nonostante la presenza in massa). Chissà se qualcuno, nella quiete del giorno dopo, si pentirà di non essersi giocato i nomi di Romano Prodi o Pierluigi Bersani, quelli che avrebbero permesso di tentare qualche mossa. (A un certo punto, a presidente ormai eletto, qualcuno sente risuonare la campana delle votazioni - per errore, per altri motivi - e propone di aggiungere il danno alla beffa: chiamate i grillini, chiamate i grillini, chissà che non votino il nome giusto). E però questo era l'epilogo della mattinata in cui il gioco già fatto non aveva impedito la parata transatlantica (alla Camera) di vecchie e nuove amicizie, curiosità e millanterie, e improvvisamente pareva che tutti i politici non trenta-quarantenni conoscessero da lungo tempo il neopresidente e tutti i segreti della Sicilia da cui il neo-presidente proviene (il senatore Corradino Mineo si ritagliava un ruolo di esegeta di storie mattarelliane presso i parlamentari di area Sel). In realtá, all'ora del primo caffè, era stato il presidente emerito Giorgio Napolitano a far muovere serpentoni di peones curiosi in attesa del voto (c'è Napolitano, c'è Napolitano!), e qualche dama isolana-grande elettrice si era fatta il selfie con l'ex inquilino del Quirinale, al cospetto di un senatore Mario Monti onnipresente (motivo per cui da ieri qualcuno scherza sul Monti versione "bodyguard"). Neanche si era a metà del voto che crocchi di deputati e senatori vendoliani, con Nichi Vendola presente e sorridente, si mischiavano a al nugolo di "ex" illustri venuti in visita (uno su tutti: Paolo Cento anche detto "er piotta"). Non c'era tempo però per la malinconia, chè presto serpeggiava per il corridoio una mezza-certezza: "Renzi governerà finché gli pare". Eppure la mattinata delle certezze diventava mattinata delle perplessità sul volto di Edoardo Nesi, parlamentare-scrittore, che da solo prendeva la via pensierosa del cortile.

 

[**Video_box_2**]Dopodichè arrivavano le vere star del giorno: Stefania Pezzopane (ex governatrice d'Abruzzo, ora icona pop per vicende amorose), Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino (con giovani deputati pd di area ex dalemiana a contorno), Gigi Marzullo, circondato da nomenclature Rai e/o parlamentari forse per via della sua antica fama di "demitiano" (e allora tutti a dire che sì, per forza, tutti i demitiani tornano fuori con Mattarella). E mentre l'avvistamento di Paolo Bonaiuti in un angoletto nascosto sollevava dubbi e contro-dubbi in un trio di deputate di centrodestra (che ci fa lì?, con chi parla al telefono?), la sicilianitudine del neopresidente pareva incantare il governatore (siciliano) Rosario Crocetta. "Dai, hai visto come sta andando bene Tsipras?", diceva un deputato di Sel a un altro deputato di Sel. Ma poi appariva l'eurodeputato tsipriota italiano Curzio Maltese, già firma illustre di Repubblica, e il cerchio si chiudeva con l'interrogativo che da giorni, presidente o non presidente, attanaglia i fan oltreconfine del compagno greco: "ma perchè qui non riesce la stessa operazione?". Difficile a dirsi, tantopiù che ormai lo spoglio-schede era finito, e Laura Boldrini usciva dall'aula, elegante ma non quanto Concita De Gregorio, e il nastro trasportatore di panini della buvette cominciava a scorrere caricando avanzi di pranzi frugali e mezzo-festosi, come a dire: rompete le righe, titoli di coda.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.