Il governo argentino fa a pezzi i giornali nemici (per davvero)
L'esecutivo di Cristina Kirchner è sull'orlo di una crisi di nervi e il capo di gabinetto strappa in diretta tv gli articoli sgraditi del Clarín. Non è il primo.
Roma. Strappare le pagine dei giornali critici, a favore di telecamera. Ridurre in striscioline di carta l’articolo odiato del momento, con lo sguardo fiammeggiante dentro l’obiettivo. Fino alla settimana scorsa la performance era esclusiva di Rafael Correa, il presidente dell’Ecuador (nella foto in basso). Grande, grosso, fisico da urlo e occhioni verdi, il bel Correa ha il problemino d’essere un po’ tamarro. Perde la testa quando è contraddetto e non sopporta proprio essere sbertucciato. E’ sua la mania di sminuzzare rabbioso i giornali in diretta tv. Non fa bella figura, ma fa un certo effetto.
Ora è spuntato un suo adepto in Argentina: Jorge Capitanich, il capo gabinetto del governo di Cristina Kirchner, uno degli uomini più influenti del potere kirchnerista. Tutt’altro genere di personaggio. Un portatore d’acqua, zero attitudine da leader. Anche lui, però, incline al gesto prepotente.
In ufficialissima occasione, davanti alla bandiera argentina sventolante, Capitanich, soprannominato Coqui, ha preso in mano una copia del giornale Clarín, mai tenero con la presidente, e l’ha strappato tuonando contro “le operazioni di stampa stupide e sistematiche”.
Nel video, un montaggio del giornale argentino Perfil con Capitanich e Correa che strappano i giornali
La presidente argentina naviga in pessime acque e i suoi collaboratori hanno perso la bussola. Il giallo politico del caso Nisman minaccia di travolgere il governo. Il procuratore Alberto Nisman era atteso il 19 gennaio in Parlamento per presentare le prove di una sua denuncia contro la presidente, il ministro degli Esteri e altre persone vicine alla Casa Rosada, per aver coperto i mandanti della strage del 18 luglio 1994 alla mutua ebraica di Buenos Aires (85 morti). La sera prima è stato trovato cadavere, con la testa riversa su una calibro 22, non sua, nel bagno di casa. Gli inquirenti sembrano brancolare nel buio. La presidente si è contraddetta più volte. La stampa è scatenata. Capitanich ha letto sul Clarín che Nisman sarebbe stato pronto a chiedere l’arresto della Kirchner (non fosse morto prima) e ha deciso che la misura era colma. Ha ridotto in coriandoli la pagina con l’articolo del cronista Nicolás Wiñazki e quella con un commento di Eduardo van der Kooy. Gli è andata malissimo, anche perché il Clarín, una potenza editoriale e politica a Buenos Aires, il giorno dopo ha pubblicato documenti trovati nella spazzatura della casa di Nisman che confermerebbero la notizia: 26 pagine corrette a mano dal giudice ucciso e un documento firmato dal commissario Rodolfo Gutierrez, capo della Criminalística della Policía federal. La giudice titolare del caso ha dovuto smentirsi e confermare l’indiscrezione. Per il fido scudiero della presidente sono giorni bui. Il sarcasmo in Argentina è sport nazionale. Le prese in giro si moltiplicano, l’hashtag #Capitanichsacado (più o meno, Capitanich straripato) è un gran successo e il video con lui che imita Correa è virale in internet. Il povero Coqui ha finito per scappare dall’ultima conferenza stampa, inseguito dalle battutacce dei presenti.
[**Video_box_2**]A Correa, invece, il numero riesce sempre. Quito non è Buenos Aires e le sue sfuriate contro “las miserias del periodismo” trovano esili ostacoli. Ha cominciato il 12 febbraio del 2011, nel suo spazio tv Enlace ciudadano. Quella volta toccò al quotidiano la Hora. Nel 2012 la Corte di giustizia, su denuncia del presidente, ha condannato il giornale el Universo a pagare 40 milioni di dollari per un editoriale. Generoso, Correa ha perdonato. Nel settembre del 2013 s’è superato. E’ riuscito a strappare insieme el Comercio, Hoy e la Hora. Non gli piaceva come s’erano occupati della sua campagna contro la Chevron. L’ha rifatto anche due mesi fa. Ormai è un grande classico, il suo pubblico se l’aspetta. Da quando è stato eletto la prima volta, nel 2006 (è al terzo mandato), ogni tanto chiama al “boicot” della stampa d’opposizione. Il tentativo maldestro è sempre quello di proporsi al mondo come l’erede di Hugo Chávez. Per ora con magri risultati.
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