Durante Chelsea-Manchester City Silva prova la catapulta infernale dei gemelli Derrick ma rimedia solo un colpo della strega in stile Eto’o (foto LaPresse)

Non è la Raiola

Jack O'Malley

Si chiude una pallosa sessione di calciomercato, noi pensiamo solo alla Fifa e a quanto sarebbe bello Mino presidente. Intanto in Inghilterra Chelsea e Manchester City pareggiano e evitano così che la Premier League diventi scontata come una Bundesliga qualsiasi.

Londra. Chelsea-Manchester City è finita 1-1, e forse è meglio così, per un po’ si evita che la Premier League diventi scontata come una Bundesliga qualsiasi. L’unica cosa scontata che si è vista a Stamford Bridge domenica pomeriggio è stato l’ingresso in campo di Lampard tra le file del City, già diventato un luogo comune del calcio. Lui con la faccia tesa a bordo campo, la lavagnetta luminosa che si alza, il compagno che esce dandogli il cinque e i tifosi del Chelsea che si alzano in piedi per applaudire l’ex idolo, si commuvono un po’ e intonano un canto a lui dedicato mentre Lampard assume un’espressione facciale che è un perfetto mix tra Ezio Mauro e uno stitico, roba che non si capisce se dentro di sé è molto commosso oppure non gliene frega niente. All’andata il vecchio Frank aveva punito i Blues di Mourinho, questa volta ci è andato vicino. Per fortuna non ci è riuscito, non avremmo retto a tonnellate di articoli sulla cattiveria del gol dell’ex. Altrove succede che il Manchester United supera il Southampton e arriva terzo in classifica, l’Arsenal passeggia sulle maglie dell’Aston Villa, il West Ham le prende dal redivivo Liverpool e il Tottenham vince in trasferta contro il West Bromwich. A proposito di Tottenham, da queste parti dobbiamo ancora riprenderci dalla semifinale di ritorno della League Cup, con gli Spurs che hanno eliminato lo Sheffield United due minuti prima della gloria. I ragazzi di Clough avevano ribaltato lo svantaggio iniziale con due gol in due minuti prima dell’80’. Eriksen ha messo a tacere i trentamila di Bramall Lane ricordando a tutti che la loro dimensione è la terza divisione. Almeno fino alla prossima partita di Fa Cup. Oggi, contro il Preston.

 



 

Stracotti. Ho dovuto violentare me stesso per occuparmi del calciomercato di gennaio, che dal mio salotto con camino, mappamondo di legno e levriero da accarezzare, mi pare più un passatempo per avere qualcosa di cui parlare a cena che una cosa seria. Confesso di essere rimasto molto divertito dalla vicenda Eto’o. Qui in Inghilterra è considerato più bollito di certi piatti che si servono nei peggiori ristoranti di Liverpool, e all’Everton non credevano possibile che ci fosse una squadra disposta a comprarlo. Non poteva che essere un club italiano, dal momento che la serie A è diventata parcheggio per anziani di lusso provenienti dalla Premier League. Giusto il tempo di fare un’elegante passeggiata sul campo di Marassi e di vedere la sua nuova squadra, la Sampdoria, prenderne cinque da uno degli attacchi più stitici d’Europa, quello del Torino, e poi via una bella lite con quel pacioccone di Mihajlovic. Se queste sono le mosse della società che tutti indicano come la sorpresa positiva dell’anno, non oso immaginare le altre.

 

Milanesi impanate. Più che una partita di calcio, Milan-Parma è stato un omaggio di novanta minuti più recupero a Mattarella, contornato da pochissimi spettatori e senza nemmeno un patto del Nazareno a dare un qualche senso alla vicenda. Dal nuovo presidente della Repubblica le squadre hanno preso la verve che fin qui era mancata. La sinistra migliorista era elettrizzante, al confronto. Per svecchiare la situazione, la curva del Milan sta tirando avanti la campagna di protesta a suon di hashtag sugli striscioni, un pasticcio di linguaggi e registri forse concepito dal portavoce di Renzi e cinguettatore compulsivo @nomfup, che certamente farà più traffico di quello che si percepisce in curva. Per non essere da meno, anche l’Inter ha movimentato un po’ le cose, sfoggiando una figura dello spirito interista che fino a qualche tempo fa sembrava una contraddizione in termini: la nostalgia di Mazzarri. Almeno lui al Sassuolo sette gol li rifilava. Sette gol inutili, sia chiaro, ma il tifoso interista è di manica larga e bocca buona, gli basta una goleada a caso per ritrovare il sorriso per una settimana, così come bastano un paio di acquisti a gennaio per vagheggiare chissà quali rimonte.

 


Mentre in Italia Sergio Mattarella diventava presidente, l’Australia vinceva la Coppa d’Asia. Le tifose australiane si sono subito adeguate al nuovo clima di sobrietà e austerità, colorandosele


 

Mino male. Se il principe giordano perde non mi butto nel Tamigi, il burocrate olandese figuratevi quanto mi scalda, quindi in cima alla corsa per la presidenza della Fifa rimane soltanto Luís Figo, che è meglio di niente. L’importante è tenere fede al criterio supremo: ABB, anything but Blatter. Il 29 maggio sarà difficile che il vecchio mangiatore a sbafo non venga rieletto per il ventottesimo mandato visto che ha già i voti di Africa, Asia e America latina – così si vincono le elezioni, altro che Europa – ma m’illudo che potrà andare a finire diversamente, e un po’ piango nel leggere altre sublimi interviste di quel geniaccio trash di Mino Raiola. Forse soltanto lui, che sa più lingue di Wojtyla e ha più contatti di Moggi, avrebbe potuto insidiare davvero il gran maestro del calcio, quello che quando si sente per un attimo assediato grida al complotto di Platini. Alla Gazzetta gli fanno noiose domande di mercato, quando con l’antropologo nocerino-olandese si dovrebbe discettare di massimi sistemi e visioni del mondo, e lui lo stesso riesce a dire cose geniali, tipo che Guardiola è un uomo di merda e che sta male fisicamente all’idea che Blatter possa ancora continuare a comandare il calcio globale.

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