Alfano e l'imponderabile scissione del quid, cronache da un partito-atomo
Ora che la minaccia di scissione circola in un Ncd che per giunta è insofferente ai vertici (“Angelino scegli: o ministro o leader di partito”), e ora che persino una parziale scissione del Ncd dal governo Renzi non pare più roba da fantascienza, la piccola rendita da scissione precedente (quella dal Pdl) deve apparire quasi una beffa al ministro dell'Interno.
Roma. Ora che la minaccia di scissione circola in un Ncd che per giunta è insofferente ai vertici (“Angelino scegli: o ministro o leader di partito”), e ora che persino una parziale scissione del Ncd dal governo Renzi non pare più roba da fantascienza, la piccola rendita da scissione precedente (quella dal Pdl) deve apparire quasi una beffa ad Angelino Alfano, ministro dell’Interno e segretario di partito che finora aveva tenuto in piedi la baracca, con i suoi malumori, proprio in virtù dell’essersi “scisso” a tempo debito.
Eppure c’è stato un momento in cui il presente pareva sorridere ad Angelino Alfano, ministro dell’Interno targato Ncd e (allora) vicepremier diversamente detentore del “quid” che serve ad affermare il vero peso della leadership in politica: sì, è vero che Silvio Berlusconi aveva forse detto, poi smentendo, che a quell’Angelino, suo pupillo incoronato segretario del Pdl nel 2011, il quid sembrava ancora mancare nel 2012 (da segretario del Pdl, alla prova dei fatti, Angelino aveva fatto flop alle elezioni amministrative). E sì, è vero che da quel momento in poi era stato un mezzo-incubo: faccio le primarie nel centrodestra, non faccio le primarie nel centrodestra, se le faccio dimostro di avere il quid, se non le faccio confermo che non ce l’ho, e alla fine era andata a finire che le primarie, complice la ridiscesa in campo di B. e lo sfumare del piano “Alfano leader dei moderati”, non erano state fatte, e tutti quelli che avevano pensato a un Angelino che infine diventa “leader con il quid” avevano scosso la testa (no, non ce l’ha, vedi che avevano ragione gli altri?). Poi, improvvisamente, per Angelino, qualcosa era andato per il verso giusto. E nel 2013, dopo le elezioni politiche, dopo i mesi incerti alla ricerca di un governo, dopo la formazione di un governo di larghe intese, l’Angelino-non-più pupillo del Cav., alla faccia del quid forse ancora mancante, ormai protagonista di scissione (dal Pdl), non soltanto era stato visto darsi “il cinque” con l’allora premier pd Enrico Letta, ma era stato immortalato mentre, seduto accanto a Letta, in Aula, un po’ sorridente e un po’ pensieroso, si apprestava all’atto finale dell’operazione “parricidio”: ri-fiduciare il governo, fare gruppo a sé, uccidere metaforicamente Silvio Berlusconi, tentare di sentirsi – se non di essere in tutto e per tutto – un ex delfino che ha deciso di andare da solo.
[**Video_box_2**]Era l’autunno del 2013, il Nuovo centrodestra muoveva i primi passi, e di Angelino Alfano si diceva che avesse mostrato, dopo innumerevoli vicissitudini, il famoso quid che nessuno gli aveva mai del tutto voluto riconoscere. “Sono qui ad annunciare pubblicamente la nascita dei gruppi parlamentari del Nuovo centrodestra, per via di una decisione che mai avremmo creduto di dover assumere e che nasce dal no all’adesione a Forza Italia”, diceva Alfano aggiungendo che quella, per lui, era stata una scelta dolorosa e amarissima”. E dava l’addio al partito di Silvio Berlusconi con toni accorati (“continuiamo a provare profondo affetto: con i padri spesso si litiga ma l’amore resta”). “Siamo il movimento politico del futuro che senza paura e senza nostalgia porterà avanti le proprie idee”, diceva l’Angelino dei giorni da leone. Figurarsi come deve sentirsi adesso che l’impossibile scissione del quid (manco fosse l’atomo) si fa improvvisamente probabile.
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