Mario Draghi (foto LaPresse)

Draghi, le scelte monetarie in nome dell'euro e del Qe (con un messaggio pure ai falchi nordici)

Marco Valerio Lo Prete

Le scelte della Bce, le accuse di aver adottato una “strategia-killer” nei confronti del governo greco. I pareri di Altomonte, Benigno e Giavazzi.

 Roma. “L’omicidio decisamente non rientra nel mandato” della Banca centrale europea, ha scritto su Twitter Michael Steen, capo della comunicazione dell’Istituto presieduto da Mario Draghi. Una risposta disinvolta a chi, nella tarda serata di mercoledì, imputava alla Bce una “strategia-killer” nei confronti del governo greco, ansioso di rottamare l’austerity e la Troika (composta da Commissione Ue, Bce e Fmi) che ne ha garantito l’applicazione nel paese. Francoforte, secondo i critici, avrebbe compiuto una scelta politica nel momento in cui ha revocato la possibilità per le banche elleniche di dare in garanzia il debito pubblico nazionale in cambio di liquidità. Politica perché apertamente punitiva verso il nuovo governo di Atene; politica perché arrivata in anticipo rispetto a una formale sospensione del programma di aiuti della Troika, e per di più alla vigilia del primo incontro di ieri tra un esponente del governo greco e un omologo tedesco (il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble). Ieri mattina la Borsa di Atene ha aperto a meno 9 per cento, poi ha chiuso a meno 3,37, contribuendo a indebolire tutti i listini del continente.

 

“La decisione è di pura politica monetaria, oltre che tecnicamente e legalmente legittima”, dice al Foglio Pierpaolo Benigno, economista della Luiss esperto di politica monetaria: “Se infatti la Bce accettasse come collaterale dei titoli sovrani di dubbio valore, accollandosene il rischio di credito crescente in caso di azzeramento di un programma di supervisione, compierebbe scelte redistributive di politica fiscale”. Benigno non nega che delle “conseguenze politiche” esistano: “Non soltanto per il governo di Atene, ovviamente spinto a trovare un’intesa. Il punto è che la Bce in questo modo afferma chiaramente che non è lei a poter decidere di un’ipotetica condivisione a livello europeo dei rischi di un solo paese. Il collante politico non può metterlo Draghi”. Secondo questa logica, se di scelta politica si tratta, siamo di fronte a un Mario Draghi che preferisce chiamarsi fuori proprio dai giochi politici delle prossime settimane. Saranno gli stati a dover trovare un accordo su un ipotetico nuovo programma di supervisione degli sforzi riformatori greci, o su quello che Atene chiama “programma ponte”, oppure sempre loro a dover arrivare a una rottura traumatica. La Bce non si sbilancia. L’indipendenza dell’Eurotower è sacra e inviolabile. Soprattutto, tanto meglio rivendicarla in una fase in cui l’Istituto è obiettivo di attacchi multipli per altre scelte radicalmente espansive che sta compiendo. Questa la lettura offerta ieri da Francesco Giavazzi, economista bocconiano che conosce bene Draghi, sulla prima pagina del Corriere della Sera.

 

Scrive Giavazzi: “La Bce, con la mossa di sospendere il finanziamento diretto delle banche greche, ha mostrato di essere ben conscia dei rischi che si stanno correndo”. Se l’Eurotower accettasse di ristrutturare i titoli greci già in suo possesso, in seguito a un default più o meno controllato del debito greco, “violerebbe i trattati europei che impediscono di finanziare i debiti pubblici stampando moneta”. In quel caso, “indirettamente”, si arriverebbe a “bloccare il cosiddetto Quantitative easing, il programma di acquisto di titoli pubblici che la Bce ha annunciato il 22 gennaio. Eliminare quindi il paracadute per l’euro e mettere a rischio l’intera architettura dell’Unione monetaria. Ma i veri nemici dell’euro devono sapere che Francoforte rimane il presidio della moneta unica”. In quest’ottica, la scelta di chiudere un po’ i rubinetti per le banche greche (resta aperto il canale della liquidità d’emergenza, la cosiddetta Ela) assomiglia a un danno collaterale avvenuto per difendere l’euro insieme al Qe, l’allentamento monetario che inizierà a marzo (tra le critiche, reiterate ancora ieri, della Bundesbank).

 

[**Video_box_2**]La Bce ha sempre fissato limiti e paletti per circoscrivere le sue scelte. Stavolta – qui la novità – uno dei paesi dell’euro si trova con un piede fuori dal confine segnato. Carlo Altomonte, docente alla Bocconi e affiliato al Bruegel Institute, dice al Foglio che “le conseguenze operative per le banche greche, che oggi utilizzano perlopiù altre forme di collaterale che non i titoli di stato, nel breve saranno quasi nulle. Ma nel momento in cui la Grecia ha di fatto abbandonato il programma della Troika che garantiva i suoi titoli di stato, la scelta era tecnicamente obbligata”. E se ieri sera ad Atene si manifestava con slogan anti Bce, per Altomonte si può sostenere che “non attendendo le scelte del Consiglio Ue della prossima settimana, Draghi appare ancora più indipendente dalla politica”. E’ avvertito Alexis Tsipras, ma anche i falchi dell’ortodossia che osteggiano il Qe.

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