Atene, vittima o carnefice?

David Carretta

La Grecia piange miseria, ma i dati su debito e tasse fanno pensare a una spregiudicata tattica negoziale. Contrariamente agli stoici irlandesi che hanno subìto la Troika in silenzio registrando nel 2014 una crescita del 4,8 per cento, i greci protestano in modo rumoroso nelle strade e nelle urne.

Bruxelles. “Onorevole parlamentare europeo, la pregherei di notare che la pressione fiscale in Grecia rispetto al prodotto interno lordo (inclusi i contributi per la sicurezza sociale) era al 34,2 per cento nel 2013 e rimane ben al di sotto della media dell’area euro”. In una lettera del 15 gennaio, a pochi giorni dal trionfo elettorale di Alexis Tsipras in Grecia, il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi aveva risposto così a un eurodeputato di Syriza, Kostas Chrysogonos, che lo aveva interrogato sui danni del programma di riforme e risanamento della Troika. In tre righe, il presidente italiano della Bce aveva cercato di smascherare uno dei miti della tragedia greca: quello dell’austerità assassina che ha messo in ginocchio un paese e non è più sostenibile. I greci hanno sofferto e soffrono. Ma non tanto di troppe tasse. In Italia la pressione fiscale, uno degli indici dell’austerità, nel 2013 era al 44,3 per cento del pil, secondo i dati del ministero dell’Economia.

 

Contrariamente agli stoici irlandesi che hanno subìto la Troika in silenzio registrando nel 2014 una crescita del 4,8 per cento, i greci protestano in modo rumoroso nelle strade e nelle urne. Hanno dato mandato al governo guidato da Tsipras di smantellare l’austerità. In nome del popolo “vittima” della Troika, il ministro delle Finanze ed esperto della teoria dei giochi, Yanis Varoufakis, si prepara alla partita finale all’Eurogruppo fissata per il prossimo 11 febbraio. “La Grecia ha scelto deliberatamente una strategia chiamata da Thomas Schelling, uno dei fondatori della teoria dei giochi, coercive deficiency”, spiega sul suo blog l’economista francese, anti euro e di sinistra, Jacques Sapir: “Una situazione di debolezza può diventare uno strumento di coercizione verso gli altri”. Rinunciando agli aiuti della Troika, Tsipras mette “volontariamente la Grecia sull’orlo del precipizio e indica la sua determinazione ad andare fino in fondo”, ammette Sapir.

 

Il pericolo è che la realtà dei numeri sveli il bluff della vittimizzazione della coppia Tsipras-Varoufakis. Il loro governo chiede la cancellazione o la ristrutturazione del debito pubblico perché esso sarebbe insostenibile e il peso degli interessi troppo alto. Falso, rispondono in un paper due economisti del Centre for European Policy Studies, Cinzia Alcidi e Alessandro Giovannini: “Il principale problema per la Grecia nei prossimi anni non è di ripagare questo debito” all’Ue e ai suoi stati membri. Il debito è già stato ristrutturato due volte nel 2012. Prima in marzo con il Private Sector Involvement, che ha imposto agli investitori – comprese banche francesi e tedesche, seppure in quota minore di quanto sarebbe successo nel caso di una simile operazione nel 2010 – perdite tra il 50 e il 70 per cento. Poi in dicembre con l’accordo tra i governi per rinviare i rimborsi sul debito al 2020 e oltre, instaurare una moratoria sugli interessi e tagliare i tassi. Risultato – sottolineano Alcidi e Giovannini – il valore nominale del debito è passato dal 230 al 175 per cento del pil e “nel 2014 la Grecia ha pagato meno di Portogallo e Italia” in spesa annuale per interessi. Molto meno: 2,6 per cento del bilancio greco va a servizio del debito contro il 4,7 per cento per l’Italia.

 

[**Video_box_2**]Con l’operazione di ristrutturazione mascherata del 2012, i contribuenti europei ci hanno rimesso. Gli italiani, che pro capite hanno “prestato” alla Grecia più di 650 euro, hanno visto ridursi di circa il 40 per cento il valore reale del loro credito. La generosità europea si è invece trasformata in un risparmio per il bilancio greco di 8,7 miliardi l’anno, ha ricordato a gennaio Klaus Regling, il direttore del Fondo salva-stati. Ma ora, a costo di mettere a repentaglio l’integrità della zona euro, Tsipras chiede di più per reintrodurre – tra l’altro – la tredicesima per le pensioni sotto i 700 euro, anche se la minima in Italia è fissata a poco più di 500.

 

Alain Frachon, opinionista del Monde, pur favorevole a un negoziato tra il nuovo governo greco e Bruxelles, ha suggerito una soluzione diversa: un esproprio giocobino-proletario. Il patrimonio di armatori e pope ortodossi è “valutato a una somma superiore al debito del paese”. Nel 1790, essendo in gravi difficoltà finanziarie dopo la rivoluzione, la Francia “ha nazionalizzato i beni del clero per venderne una parte”, ha osservato Frachon. Come dire: prima di fare la vittima, il governo greco potrebbe cominciare da qui.

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