Perché molti tedeschi quando guardano al conflitto contro Putin si arrabbiano con l'America

Andrea Affaticati

L’antiamericanismo tedesco non è più (solo) di sinistra. Anche Alternativa per la Germania, il partito ultranazionalista, è partito da una piattaforma anti euro e anti immigrazione ma di recente ha aggiunto ai suoi temi anche l’antiamericanismo.

Milano. Pegida non c’è più, ma in compenso è nato Pegada, con la “a”. Nessun errore, nessun refuso. Perché mentre i vertici dell’organizzazione di estrema destra contro l’islamizzazione dell’Europa si sono dimessi uno dopo l’altro, sabato scorso, a Erfurt (anche questa una città ex Ddr), un migliaio di cittadini scendeva in strada, in veste di neonati “Patrioti europei contro l’americanizzazione dell’occidente”. Sfilavano con cartelli che mettevano in guardia dalla “potenza terroristica Usa”; da una rottura insanabile con la Russia; da una terza guerra mondiale. Pegada sembra pescare in un bacino molto simile a quello di Pegida, cioè tra l’estrema destra e i teorici del complotto. Dunque, l’antiamericanismo tedesco non è più (solo) di sinistra. Anche Alternativa per la Germania, il partito ultranazionalista che alle ultime europee ha ottenuto consensi notevoli, è partito da una piattaforma anti euro e anti immigrazione ma di recente ha aggiunto ai suoi temi anche l’antiamericanismo. Che sia di sinistra o di destra, l’antiamericanismo tedesco è in crescita, e adombrerà la visita ufficiale della cancelliera Angela Merkel alla Casa Bianca prevista per lunedì prossimo.

 

Già un anno fa Sebastian Fischer, corrispondente dall’America dello Spiegel, osservava che “è sorprendente notare come, per una parte di tedeschi, il conflitto ucraino con la Russia sia di fatto un conflitto con l’America. E più Putin si mostra aggressivo verso l’Ucraina, più alta si leva la critica in Germania contro l’America”. Una escalation di risentimento che preoccupa, tanto che anche l’Economist di questa settimana vi dedica l’articolo “Ami go home”, nel quale analizza le ragioni di questo risentimento. Il settimanale britannico non è l’unico a suonare l’allarme. Ieri il sito del mensile di politica e attualità Cicero titolava: “L’Europa cade a pezzi, e ha bisogno degli Usa”. L’articolo portava la firma di Andrew Denison, direttore del Transatlantic Networks a Bonn, e la tesi è la seguente: “Stretta nella morsa di una lunga crisi economica, di un calo demografico costante, l’Europa, si sta autodemolendo. Motivo per cui l’aiuto dell’America è fondamentale per la sua sopravvivenza, anche se per molti europei l’America resta a tutt’oggi  una specie di alieno, metà cowboy metà guerrafondaio”. Come detto, l’antiamericanismo non è nuovo, né in Europa, né in Germania. Anche negli ex Länder dell’est, che pure alle ricorrenze comandate (caduta del Muro, Riunificazione) volentieri ricordano la frase di Ronald Reagan, “Mr Gorbachev, tear down this wall!”, e che hanno una forte tradizione atlantista, i dissapori nei confronti dell’America sono sempre più frequenti.

 

[**Video_box_2**]Ci sono ragioni antiche, come la diffidenza e l’avversione causata dalla guerra in Iraq: è opinione condivisa che l’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder sia stato rieletto Kanzler nell’autunno del 2002 anche grazie al suo no a partecipare insieme all’America all’invasione dell’Iraq. Ma ci sono anche questioni più recenti, come le accuse (per ora non provate) dell’ex contractor Edward Snowden secondo cui l’Nsa americana avrebbe intercettato il telefono personale di Angela Merkel e violato la privacy di migliaia di tedeschi.

 

E così oggi, confortati anche da grandi vecchi come Helmut Schmidt, che ha ripetutamente puntato il dito contro gli errori compiuti nei confronti di Putin, i tedeschi guardano con estremo sospetto all’annuncio di Washington di considerare l’invio di armi alle forze militari ucraine. Un attento commentatore osservava a tal proposito: “E’ interessante notare quanto gli europei si angoscino assai più di Putin per l’intenzione americana di inviare armi”. Un’angoscia che il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen (Cdu), ha provato a esorcizzare durante un talk-show, giovedì: “Quel che siamo oggi lo dobbiamo anche all’America”.

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