Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Syriza di lotta e di governo, tra manifestazioni pro Tsipras e contropoteri (per ora) allo sbando

Marco Valerio Lo Prete

Yanis Varoufakis, in pubblico, mostra di non essersi perso d’animo nemmeno dopo il “reality check” degli ultimi due giorni a opera di Francoforte e Berlino.

Roma. Yanis Varoufakis, in pubblico, mostra di non essersi perso d’animo nemmeno dopo il “reality check” degli ultimi due giorni a opera di Francoforte e Berlino. Il banchiere centrale Mario Draghi e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble gli hanno ricordato che buona parte delle attuali risorse finanziarie di Atene è “made in Europe”. Ma il ministro delle Finanze del nuovo governo greco, che ieri il Financial Times tornava a dipingere come “un boxeur ateniese che combatte la battaglia giusta”, non ce l’ha fatta a trattenere l’ennesima battuta con tono allo stesso tempo ironico e di sfida: “Qualche volta le democrazie più grandi e potenti minano le proprie fondamenta stritolando le democrazie più piccole”, ha detto al quotidiano con un’allusione alla storia dell’antica Grecia.

 

Le piccole democrazie “stritolate”, comunque vada a finire per le grandi, non ne escono bene, ma questo i giornalisti del Financial Times hanno evitato di farlo notare a Varoufakis. D’altronde già non mancano i segnali di inattese evoluzioni della vita democratica in Grecia. Due sere fa, per esempio, di fronte al Parlamento, si è tenuta una pacifica e affollata manifestazione a sostegno del governo. Nell’Europa liberal-democratica dell’epoca contemporanea è una rarità: qualche migliaio di persone, riunite in piazza Syntagma, ha gridato slogan a favore del premier Alexis Tsipras e della sua battaglia per rottamare l’austerity e la Troika che l’ha applicata nel paese. Piazza perlopiù di sinistra, dunque, ma con slogan duri verso il “nemico esterno”. Tra i manifesti più espliciti, il seguente: “Schäuble, Merkel, voi date ordini, minacciate, rubate, uccidete. Questo è noto fin dal 1941-‘45. Non abbiamo paura di voi”. Il partito di sinistra estrema Syriza, dunque, oggi è sia di lotta sia di governo. E tutto questo a poco più di 10 giorni dalle elezioni, peraltro. Un accademico greco, che al Foglio chiede di restare anonimo, avverte: “Quel che conta non è soltanto che Syriza abbia vinto con più consensi di quelli attesi. E’ allarmante che nel paese, al momento, manchi una qualsiasi opposizione politica organizzata”.

 

[**Video_box_2**]Aspetto non fisiologico, ma spiegabilissimo: i due partiti che per quarant’anni si erano alternati al potere in Grecia – Nuova democrazia e Pasok – sono per la prima volta fuori dalle stanze del potere. I conservatori sono presi da faide interne, per capire se sostituire l’ex leader Antonis Samaras; i socialisti addirittura sono stati quasi azzerati nelle urne. Ad anomalia si aggiunge anomalia: oggi al governo in Grecia c’è una grande coalizione di partiti radicali – Syriza (estrema sinistra) e Indipendenti Greci (estrema destra) – che esclude i moderati. Nemmeno i grandi media per ora mordono troppo; d’altronde i colossi televisivi privati, che temono la revisione di regime di concessioni storicamente generoso, già dieci giorni prima del voto del 25 gennaio avevano smesso i toni battaglieri contro Syriza. Le associazioni imprenditoriali dovrebbero avere a cuore il futuro economico del paese, battersi pubblicamente per garantirlo, ma in Grecia negli ultimi anni non si sono mai fatte sentire davvero. Un po’ per il carattere statal-assistenzialista di ampi settori dell’economia, un po’ perché “se la struttura dell’economia greca è collettivista, il paese nel suo spirito è tutt’altro che collettivo. La sua struttura reale è ‘ciascuno per sé’”, ha scritto l’economista americano Michael Lewis riferendosi alla realtà micro-imprenditoriale ellenica. Con tutti i normali contropoteri ancora tramortiti dall’avanzata di Tsipras e dei suoi, oltre che dalla crisi, l’euroscommessa di Atene è ancora più imprevedibile.

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