Due chiacchiere con il generale che ha spiegato la Russia a Tsipras
Leonid Petrovich Reshetnikov, direttore dell’Istituto russo di Studi strategici (Riss), sulla crisi ucraina dice che “gli Stati Uniti vogliono in ogni modo dividere la Russia”, che quella che si combatte in Donbass “è una guerra tra due civiltà” e che “nessuno, neppure Putin, sa ora cosa fare”.
Per andare in ufficio, Leonid Petrovich Reshetnikov, 68 anni, direttore dell’Istituto russo di Studi strategici (Riss), entra tutti i giorni in territorio militare. Il think tank che guida dal 2009, dopo essere andato in pensione da generale dell’intelligence all’estero (Svr), è finanziato dall’amministrazione presidenziale: qui si formulano proposte e si suggeriscono analisi di politica estera ai massimi vertici della Federazione russa; qui passano molte delegazioni straniere in visita a Mosca per confrontarsi sui dossier internazionali e i rapporti bilaterali con la Russia (tra i tanti passati per le stanze di quest’anonimo edificio alla periferia nord di Mosca, a dicembre scorso, vi è stato anche l’ex ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini). “Di solito incontriamo solo altri analisti – spiega al Foglio Reshetnikov – ma a maggio abbiamo ricevuto rappresentanti di un partito politico, Syriza, su loro richiesta”. In quella delegazione vi erano il futuro capo della diplomazia greca, Nikos Kotzias, e il premier Alexis Tsipras. “Con lui abbiamo parlato soprattutto di sanzioni e di Ucraina – racconta Reshetnikov – Tsipras non conosce affatto la Russia, non c’era mai stato prima, ma vuole capirla”. La chiacchierata si è presto trasformata in una lezione di storia: “Ha appreso, con stupore, che i confini dell’Ucraina sono stati disegnati da Lenin, Stalin e Khrusciov; gli abbiamo anche spiegato che per noi la fede ortodossa ha una grande importanza, come per i musulmani, ma questo tema l’ha interessato molto meno”.
Reshetnikov (nella foto a sinistra) non è ottimista sulle prospettive della crisi ucraina. La sua visione si basa sulla “consapevolezza che gli Stati Uniti vogliono in ogni modo dividere la Russia”, che quella che si combatte in Donbass “è una guerra tra due civiltà” e sul fatto che “nessuno, neppure Putin, sa ora cosa fare”. “Abbiamo perso tempo”, incalza, “dovevamo condurre subito un referendum nelle regioni e poi prendere una decisione sull’assetto dell’Ucraina”.
Il vicepresidente americano, Joe Biden, vuole impedire che la Russia “riscriva la mappa dell’Europa”, ma “perché insistono sul rispetto di confini disegnati da due dittatori come Lenin e Stalin?”, tuona Reshetnikov. “L’occidente ha ridisegnato i confini della Jugoslavia, creando Stati artificiali come la Bosnia-Herzegovina o ridicoli come la Macedonia” aggiunge, rispolverando il conflitto nei Balcani e il Kosovo, vulnus mai perdonato a America ed Europa. “L’occidente, allora, decise per Belgrado e ora vuole fare lo stesso con l’Ucraina: farla rimanere uno stato unitario con un governo a Kiev, come vuole Washington. Questa volta, però, non ci riusciranno”, ammonisce Reshetnikov, spiegando che la proposta di Mosca è “decidere insieme” il futuro di questo paese, “studiando fatti storici, tradizioni e cultura”. Il leitmotiv del Cremlino – “gli ucraini siano artefici del proprio destino” – appare superato: “Da soli riusciranno solamente a uccidersi”.
Nel conflitto, che da aprile ha fatto cinquemila vittime, per Mosca non sono solo in discussione sbocchi sul mare, gasdotti e questioni di sicurezza nazionale. C’è una missione storica che è chiamata a realizzare. “La Russia non è una nazione, ma uno stato-civiltà”, spiega Reshetnikov, basandosi sulla teoria del “mondo bizantino”, che incarna in Mosca l’erede spirituale di Bisanzio e la protettrice delle nazioni ortodosse. “Come il mondo occidentale, prima cattolico e ora post cristiano, anche noi siamo qualcosa di più grande: abbiamo la nostra visione del mondo, le nostre tradizioni, la fede. Gli Stati UNiti non smettono di attaccarci, perché proponiamo un modello alternativo di civiltà, non siamo solo concorrenti militari”. “Siamo diversi”, aggiunge con un sorriso, “non potremo mai essere americani, né francesi e neppure italiani”. Per questo, Reshetnikov non ha dubbi: “Dire che è in corso una guerra tra russi e ucraini è una stupidaggine. Nell’esercito di Kiev combattono persone con cognomi russi e tra i ribelli ci sono uomini con cognomi ucraini. E’ una lotta sulla scelta di essere oriente o occidente”. In questa idea di un mondo bizantino che gravita intorno a Mosca, “non vi è nessuna minaccia per l’Europa”, assicura il direttore del Riss, “non si tratta di annettere la Grecia o la Bulgaria; diciamo solo che ci sono popoli con un’unica visione del mondo e una sola fede e che la Russia è chiamata ad adempiere la missione di difenderli”. “Dio ci ha dato così tanto, siamo destinati a influenzare il mondo con la nostra cultura, questa è forse una colpa?”.
[**Video_box_2**]Putin, a suo dire, ha fatto “molto” per lo sviluppo di buone relazioni con l’occidente, finché “alla Conferenza sulla sicurezza del 2007 a Monaco non ha avvisato che la Russia è indipendente anche se amica di Europa e America”. Risultato? “Ha ottenuto indietro solo le accuse di essere un dittatore”.
Difficile anche per Reshetnikov prevedere una via di uscita dall’impasse ucraina. Non aiuta il fatto che “non vi sia un’unica idea alla base delle politiche della Federazione”. La piattaforma su cui si muove la Russia “contiene diverse idee: dal liberalismo occidentale, al comunismo e allo stalinismo”. A chi accusa il Cremlino di mire imperialiste risponde con sarcasmo: “Se avessimo avuto un’unica linea sulla politica verso l’Ucraina, ora la situazione sarebbe del tutto diversa. Invece, siamo stati costretti a reagire a eventi inattesi, a difendere i nostri interessi nazionali”.
Lo scenario di forniture di armi letali americane a Kiev non spaventa: “Cominceremo anche noi ad armare l’esercito della Novorossiya con aerei e missili. Mosca non vuole lo scontro, ma qualcuno ha detto: ‘Se vuoi la pace, prepara la guerra’”.
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