Alcuni poliziotti bloccano dei tifosi accalcati all'esterno dello stadio domenica sera (foto LaPresse)

Perché la morte di decine di ultrà in Egitto è un campanello d'allarme per Sisi

Luca Gambardella

Una trentina di tifosi sono stati uccisi dopo gli scontri con la polizia al Cairo. Ma usare la mano dura contro le Curve potrebbe rafforzare i movimenti islamisti.

Domenica sera al Cairo oltre una ventina di tifosi che tentavano di entrare allo stadio per seguire una partita di calcio sono morti dopo l’intervento della polizia. Fonti mediche egiziane e gli ultrà del club dello Zamalek parlano di 30 vittime. Il governo invece ha solo citato “decine di feriti” senza parlare di morti. La partita di calcio tra lo Zamalek, un quartiere del Cairo, e l’Enppi Club, posseduto dal ministero del Petrolio, è stata giocata ugualmente nonostante gli scontri. Le prime ricostruzioni e i video diffusi in rete mostrano migliaia di tifosi rimasti fuori dallo stadio, accalcati all’ingresso perché privi di biglietto. A quel punto la polizia è intervenuta per disperdere la folla e ha sparato gas lacrimogeni. Secondo i tifosi, gli agenti hanno usato anche colpi d’arma da fuoco. Ai parenti delle vittime che si sono recati all’obitorio per identificare i cadaveri è stato impedito l’accesso e gli è stato richiesto di firmare un foglio dove si certificava che la morte era dovuta alla calca creata al di fuori dello stadio.


ATTENZIONE, IMMAGINI CHE POTREBBERO URTARE UN PUBBLICO PARTICOLARMENTE IMPRESSIONABILE.  I corpi di decine di vittime ripresi al di fuori dello stadio.


Quella di domenica era la prima partita della Premier League egiziana aperta ai tifosi dopo la strage di Port Said del febbraio 2012, in cui morirono oltre 70 persone in circostanze mai chiarite. Gli ultrà dello Zamalek, i White Knights si chiamano, erano in rotta con la società. Il presidente della squadra, Mortada Mansour, è definito dalla Curva un “fouloul” (un ex membro del regime di Hosni Mubarak) e ora è un sostenitore del presidente Abdel Fattah al Sisi. Mansour propone da mesi di bandire gli ultrà per legge perché, dice, “danno una brutta immagine del paese” e “sono elemento destabilizzante”. Così, dopo gli scontri di domenica, Mansour ha detto che la responsabilità è dei tifosi e che tra loro si sono infiltrati anche i Fratelli musulmani. Gli ultrà ritengono invece Mansour un ingranaggio del sistema dittatoriale che si è rinnovato da Mubarak a Sisi e dicono che il nuovo regime vuole cancellare quanto rimane della rivoluzione data la loro partecipazione alle proteste anti regime.


Un momento degli scontri tra polizia e tifosi al Cairo. Si vede un poliziotto sparare lacrimogeni addosso alla folla


[**Video_box_2**]Il giornalista ed esperto di calcio mediorientale James Dorsey ha scritto recentemente che vietare ai tifosi l’accesso allo stadio (“L’unico spazio dove possono sfogare la propria frustrazione e la propria rabbia”) e dichiararli fuori legge avrebbe portato i più giovani ad avvicinarsi pericolosamente all’opposizione islamista. Nel dicembre scorso, i tifosi dello Zamalek dicevano che per il regime militare presto sarebbe arrivato “il punto di non ritorno” se non gli fosse stato concesso di tornare allo stadio. Ora sulla pagina Facebook dei White Knights, quelli di domenica sera sono definiti “martiri”, esattamente come furono chiamati i morti di tre anni fa allo stadio di Port Said. Anche in quel caso la polizia egiziana fu accusata della strage.


Alcune foto degli scontri di domenica al Cairo


 

Di più su questi argomenti:
  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.