Le donne vogliono l'uomo che nel parlare esagera, e Milani lo sa
Pensiamo a una donna. Una bella, difficile da amare e più o meno impossibile da avere. Chi ci viene in mente, Maria Elena Boschi? C’è. Per forza: fa politica, sebbene sia bellissima. Mettiamoci più fantasia. Demi Moore? C’è. Per forza: è mora e si sa che gli uomini – soprattutto i calvi che si chiamano Bruce Willis – sposano le more. Meglio le rosse, che servono per fare divorziare i calvi dalle more. Veronica Maya? C’è. Lady Gaga? C’è. Forse, però, stiamo esagerando con l’irraggiungibilità. Allora, una tipa un po’ più comune come l’attrice che fa la parte della moglie del direttore nella pubblicità della Conad? C’è anche lei. Dove? Nel cuore di Maurizio Milani, che le ha amate, una dopo l’altra e anche contemporaneamente, scrivendo almeno una lettera d’amore per ognuna e anche per altre, all’incirca una settantina. Il Foglio le ha pubblicate quasi tutte (le lettere, non le donne) e in ragione di quel quasi adesso le troveremo raccolte, insieme alle inedite, in “Lettere d’amore. Perché le donne vogliono l’uomo che nel parlare esagera” (ed. Wingsbert).
Maurizio Milani lo conosciamo: è un genio, ha la r moscia, scrive o a mano o per fax. Non è un genio di quelli tormentati che ti rovinano la vita e di notte parlano con scoiattoli e libri di Heidegger, né di quelli romanticamente disperati che credono che l’amore sia una roba per gente felice e contenta – cioè bella – e si riducono a suggerire metafore erotiche che attingono alla geometria astronomica, come Cyrano de Bergerac. Maurizio Milani, per gli intimi e le intime Carlo Barcellesi (ma che ci frega del nome, diceva Shakespeare, che anche lui, nel parlare, esagerava) è un genio di provincia, quindi non ha turbe suburbane – e prende sfolgorantemente per il culo chi ne ha – tipo “non sarò mai all’altezza di Federica Mogherini se prima non mi laureo alla London School of Economics” o “Pink non mi degnerà di uno sguardo se non sono rocker sessodipendente femminista tatuato nato in zona Bric”. Lui, Milani, è un ragazzo di campagna. Un ingenuo stralunato che dice “non per mancarti di rispetto, ma ti amo”, perché le donne sofisticate le ha viste in tv e sa che si infastidiscono, con l’amore, e che lo scambiano sempre un po’ per stalking, perché vogliono i loro spazi, ovvero tutta la città. A Barbara D’Urso, che è una popolana, infatti, scrive solo “Amore!”, diciassette volte, aggiungendo che “questa è la lettera più importante, le altre sono scherzi”. A Christine Lagarde propone un appuntamento per bere un tè Lipton, a Parigi, dove sta seguendo un corso per imparare a clonare i bancomat. A Eva Longoria spiega che le persone, di sera, giocano a dama, a scacchi e scrivono alle commesse di Düsseldorf e Benevento. E lui, per questa carrellata di donne, impazzisce, sentendosi capace di fare qualunque cosa. Rubare il pc a Nanni Moretti, coprire i debiti pubblici di qualche paese africano, mangiare un tubo da 20 di baci Perugina in un colpo, urlare tutte le notti sul balcone, a Codogno, “ti amo + nome di quella perfetta da amare”. Non è importante che lo faccia, ma che lo dica.
Ci siamo innamorate tutte di Romeo molto prima che si avvelenasse per Giulietta: quando diceva cose improbabili, tipo che lei era l’oriente (si alzava sempre a destra?). Non vogliamo morire per amore: vogliamo ridere per amore: esista o non esista, gerontofilo, poligamo o traditore che sia. Stupendo, il libro di Milani: anche se non ci ha scritto personalmente – e la cosa magari ci offende – scrivendo a Natalie Imbruglia stava di certo pensando anche a noi (soprattutto se ci ha viste su qualche interregionale o su un tram) perché tanto, in fondo, siamo donne come lei, siamo tutte un po’ uguali: donne, appunto. Non serve altro.
Il Foglio sportivo - in corpore sano