Sanremo, what else?
Non c’è alcuna lotta tra pop e chic, è solo l’eterno ritorno dell’uguale (con pastorale americano-pugliese). Siamo sempre qui, ogni febbraio, ad aspettare qualcosa, a dire che noia, non fa ridere, ma che brutte canzoni, ma quante lampade si è fatto, qui a cercare il reggiseno di Arisa o le mutande di Belén, a sperare in qualcuno che inciampi e ad aspettare la parola peppevessicchio.
Quando la valletta spagnola ha fatto il suo ingresso a Sanremo, con il vestito rosso a balze da spagnola, la pettinatura da spagnola, e Carlo Conti ha detto: “Olé” (per rassicurarci sulla spagnolità e sulle corride, nel caso in cui non ce ne fossimo accorti da soli), è stato chiaro che Sanremo era di nuovo un sabato sera antico di Raiuno. Quasi il cinquanta per cento di share, e la rivelazione di un mondo pop che si sente in guerra per la legittimazione chic.
Su Twitter Antonella Clerici, che ha condotto il Festival di Sanremo nel 2010 (l’anno di Valerio Scanu, “Far l’amore in tutti i luoghi e in tutti i laghi”: Scanu adesso è un naufrago imbranato all’“Isola dei Famosi”), ha inviato una serie di faccine sorridenti a Giancarlo Leone, direttore di Raiuno, e piantato la bandiera nazionalpopolare sul trionfo Auditel: “Alla faccia della nicchia e del radicalchic, grande Carlo”. Come a dire: ci siamo ripresi Sanremo. Ma nessuna nicchia sofisticata ha mai rubato Sanremo, e soprattutto nessuno, in fondo, l’ha mai davvero snobbato.
Siamo sempre qui, ogni febbraio, ad aspettare qualcosa, a dire che noia, non fa ridere, ma che brutte canzoni, ma quante lampade si è fatto, qui a cercare il reggiseno di Arisa o le mutande di Belén, a sperare in qualcuno che inciampi e ad aspettare la parola peppevessicchio: che cosa si poteva desiderare in più, per la prima sera a Sanremo, di Al Bano e Romina che cantano insieme “Felicità”, molti decenni e pastorali americano-pugliesi dopo? Lui ha perso il collo ma fa ancora le flessioni, lei in versione “Gone Girl” lancia frecciate da moglie offesa (“non me l’hai dato il bacio”, e “questa battuta è vecchia”, “su, sfogati un po’ cantando”), Carlo Conti li guarda orgoglioso: un pezzo di storia è lì accanto a lui che litiga e non se ne vuole andare, proprio come noi. Non c’è alcuna lotta tra pop e chic e non c’è alcuna egemonia intellettuale, famiglia con sedici figli (forse da martedì notte diciassette) o drag queen barbuta che possa rubare Sanremo a se stesso: un tradizionale quasi nulla con un non so che.
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