A Masterchef manca solo l'incidente di percorso per essere perfetto
Una regia perfetta, un'atmosfera che neanche il Cio quando sta per assegnare le Olimpiadi, con la busta che si apre e le pulsazioni cardiache che aumentano anche ai delegati con meno anni e quintali di caviale sullo stomaco. Però a questa edizione manca quello sprint che darebbe un po' di sale al piatto, come direbbe il buon Bruno Barbieri
Certo, chi era abituato a nonno Alberto e alle sue papere, un po' c'è rimasto male. Per carità, MasterChef è sempre MasterChef, cioè una messa di quelle con il gregoriano e l'incenso e le trombe d'argento. Una regia perfetta, un'atmosfera che neanche il Cio quando sta per assegnare le Olimpiadi, con la busta che si apre e le pulsazioni cardiache che aumentano in modo imbarazzante anche ai delegati con meno anni e quintali di caviale sullo stomaco (pare che ai galà riservati al club olimpico si mangi bene). Però, diciamocelo subito, a questa edizione manca quello sprint che darebbe un po' di sale al piatto, come direbbe il buon Bruno Barbieri. Tanti giovanotti promettenti, dal pettinatore di galline alla barista vegetariana, ma non c'è "il" personaggio. Quello che fa incazzare (Rachida), quello che fa venir voglia di tirare il barattolo dello yogurt da 50 ml contro il televisore (Tiziana) per quanto rompiscatole sia, quello che ti fa scommettere sui colori arlecchineschi pronti a essere usati per un guazzetto creato ex novo (Federico).
Qui c'hanno tolto pure Simone che tanto simpatico era, con la sua parlata che lo faceva tanto simile al bagnino di Rimini che il Tg5 intervista ogni agosto da almeno vent'anni. E pure Silvana, la bionda trentaduenne di Bitonto che con i suoi doppi sensi rivolti al parterre giudicante rendeva il tutto interessante come le domande che il lunedì sera all'Isola dei famosi Mara Venier fa a Catherine Spaak ("Caterina, dicci la verità.Perché te ne sei andata?"). L'hanno segata sul più bello, quando aveva appena rivelato tra le lacrime che fare la casalinga a Bitonto significa non poter mai uscire di casa. Qualche credulone avrebbe potuto pensare a una colonia sperimentale del Califfato trapiantata nel Belpaese. Intendiamoci, la qualità è alta e il prodotto regge a un copione che immutato si ripete ormai da quattro anni.
Ma a noi che vogliamo anche quel retrogusto di sano e innocente trash, di insulti alla cuoca aspirante chef che presenta al Pressure test un piatto di prosciutto e melone, ci dovevano dare altro. Sì, ok l'aglio nero da infilare in un piatto a base di mascarpone e pesce spatola; va bene la melanzana scottata nell'olio di Canavacciuolo. Ma insomma, non può essere solo la proverbiale indignazione di Iginio Massari contro il pan di spagna venuto male a lasciare traccia. Ci aspettiamo lo sprint finale, un incidente di percorso, un concorrente che fa il furbo e usa l'olio dopo il "su le mani" pronunciato dai giudici. Meno Heidi e più botte.
Il Foglio sportivo - in corpore sano