Il premier greco Alexis Tsipras (foto LaPresse)

Una telefonata di Tsipras ha interrotto le trattative tra Grecia ed Europa

David Carretta

Il premier greco ha fatto quanto promesso in campagna elettorale. Dopo che l'Eurogruppo aveva trovato un compromesso per proseguire i negoziati con la Grecia ieri ha rigettato la mano tesa dell'Europa, aprendo la porta allo scenario della Grexit.

Bruxelles. Alexis Tsipras ha fatto quanto promesso in campagna elettorale. Il primo ministro greco, dopo che l'Eurogruppo aveva trovato un compromesso per proseguire i negoziati con la Grecia sul programma di assistenza concedendo ad Atene la possibilità di negoziare un “nuovo accordo” con i creditori, ieri ha rigettato la mano tesa dell'Europa, aprendo la porta allo scenario della Grexit.  E' stata una telefonata tra Tsipras e il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, a determinare l'esito della riunione dei ministri delle Finanze di ieri e, con ogni probabilità, il futuro della Grecia nell'euro. Alle undici di sera, quando Varoufakis e gli altri ministri si erano messi d'accordo su un testo ambiguo per permettere ai tecnici di lavorare di qui al prossimo Eurogruppo di lunedì, il ministro delle Finanze ha chiamato Atene per un'ultima verifica. Il tedesco Wolfang Schaeuble e il lussemburghese Pierre Gramegna hanno lasciato la sala della riunione, con in mano il foglio che permetteva di tenere la speranza apertra. “Le autorità greche hanno dato il loro accordo per lavorare costruttivamente con le istituzioni per esplorare le possibilità di estendere e concludere con successo l'attuale programma prendendo in conto i nuovi piani del governo”, diceva il testo della bozza. L'eventuale compromesso “servirà da ponte per le autorità greche e l'Eurogruppo per lavorare su possibili nuovi accordi contrattuali”. Ma dopo 40 minuti al telefono con Tsipras, Varoufakis è tornato in sala per comunicare al presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsseblouem, il verdetto di Tsipras: Atene non può accettare la parola “estensione” per l'attuale programma. “Ci sono stati progressi”, ma “non abbastanza per arrivare a una conclusione comune”, ha poi spiegato  Dijsseblouem in conferenza stampa, ammettendo che Grecia e creditori “non sono d'accordo su nulla”.

 

Il negoziato tra i ministri delle Finanze potrebbe continuare lunedì, data ultima per formalizzare un compromesso e permettere ai parlamenti nazionali di ratificare le modifiche al programma entro la scadenza del 28 febbraio. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si è detto “ottimista”. Ma è difficile immaginare un negoziato dopo la rottura di ieri. “Ora non c'è più alcun piano”, spiega al Foglio una fonte europea, con il volto di chi ha assistito a un momento drammatico per la storia europea. “Varoufakis e Tsipras vivono in un mondo diverso”, aggiunge un'altra fonte. La speranza di alcuni è che il Vertice dei capi di Stato e di governo che si apre tra poche ore a Bruxelles trovi una via d'uscita, come accaduto decine di volte nella crisi dell'euro. Ma i leader “non hanno le conoscenze tecniche per risolvere lo stallo”, spiega un responsabile europeo. Tsipras probabilmente userà il suo primo Vertice per una ribellione pubblica contro la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Atene ha fatto sapere che non ci sono incontri bilaterali previsti. Merkel – secondo il responsabile europeo – potrebbe rispondere così: “avete avuto una prima chance, lunedì ne avrete una seconda. Prendere o lasciare. Altrimenti è finita”. Ma il tempo a disposizione è poco e il ricatto greco sta radicalizzando le posizioni di tutti i leader. Il premier finlandese, Alexander Stubb, ha avvertito che se la Grecia non accetterà un prolungamento del programma sarà la “Dirty Exit”. “Molti depositi lasceranno il paese, causando una crisi finanziaria generale”, ha avvertito Stubb.

 

La Bce ieri sera è rimasta in disparte, con Mario Draghi che ha ricordato ai ministri che “tocca ai politici trovare una soluzione”, dice una fonte dell'Eurotower. La Bce ha già il problema di gestire la situazione di crisi che vivono le banche greche che – secondo alcune indiscrezioni – avrebbero raggiunto il tetto massimo di liquidità di emergenza del programma ELA (Emergency Liquidity Assistance). Lo scenario di Cipro rischia di ripetersi, ma l'esito potrebbe essere molto diverso. Il 21 marzo del 2013, il Consiglio dei governatori annunciò il taglio dell'ELA alle banche cipriote, mentre il governo di Nicosia si opponeva a un programma di assistenza finanziaria. Due anni fa Cipro si piegò, accettando un bailout che ha imposto perdite per gli investitori privati e correntisti nelle banche e controlli sui capitali. Se Tsipras continuerà a rifiutare la ragionevolezza degli ambigui compromessi europei, i controlli sui capitali in Grecia potrebbero diventare il preludio alla reintroduzione della dracma.

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