Elie Wiesel

Elie Wiesel rompe il sodalizio con Obama. “Sull'Iran sto con Netanyahu”

Giulio Meotti

Nel 2009, accompagnò il presidente americano e Angela Merkel in una visita al campo di concentramento di Buchenwald, fu l'inizio di un sodalizio. Ora il Nobel andrà al Congresso a sostenere il premier israeliano.

Roma. Nel 2009, Elie Wiesel accompagnò Barack Obama e Angela Merkel in una visita al campo di concentramento di Buchenwald. Nacque allora il sodalizio fra Obama e il sopravvissuto dei crematori di Birkenau diventato profeta di pace, giudice di Dio, coscienza dell’umanità. I due premi Nobel per la Pace annunciarono anche un libro a quattro mani. Oggi, con la pubblicazione sul New York Times di una pagina a pagamento di Wiesel, quel sodalizio ha fine. Almeno per ora. Wiesel ha annunciato, infatti, che sarà sugli spalti del Congresso degli Stati Uniti il 3 marzo per assistere al discorso del premier israeliano Benjamin Netanyahu, mentre la Casa Bianca e il dipartimento di stato le stanno provando tutte per rovinare la festa a “Bibi”. Quello di Wiesel è un assist politico e morale a Netanyahu impressionante, considerando anche che a Gerusalemme Netanyahu è apertamente contestato da tutto il milieu intellettuale guidato da David Grossman (ieri lo scrittore si è tirato fuori dalla candidatura per il Premio Israele in aperta contestazione con Netanyahu) e che anche molti capi dell’ebraismo americano si sono schierati contro il suo discorso al Congresso, compresi il capo dell’Anti-Defamation League Abraham Foxman, il rabbino Rick Jacobs e il gruppo di pressione ebraico di sinistra J Street.

 

“Molti secoli fa, un uomo malvagio in Persia di nome Haman ordinò di andare per tutte le province e annientare gli ebrei, giovani e vecchi, bambini e donne”, scrive Wiesel nel suo manifesto contro l’Iran. “Ora l’Iran, moderna Persia, ha prodotto un nuovo nemico. L’ayatollah Khamenei è stato chiaro come il suo predecessore nel dichiarare il suo obiettivo: ‘L’annientamento e la distruzione’ di Israele. E vuole acquisire le armi necessarie per adempiere alla promessa mortale”. Il 5 marzo, i bambini ebrei nelle sinagoghe di tutto il mondo pronunceranno il nome di Haman durante la festa di Purim. “Capiscono una semplice verità che sfugge ai leader mondiali”, scrive Wiesel. “Quando qualcuno al potere minaccia la vostra distruzione, è necessario condannarlo ad alta voce. Il giorno prima di Purim, il premier di Israele affronterà al Congresso il pericolo catastrofico di un Iran nucleare. Ho intenzione di essere lì. Non dovremmo mostrare il nostro sostegno a quello che potrebbe essere l’ultimo avvertimento?”. Dovrebbe, eppure molti deputati democratici boicotteranno il discorso di Netanyahu.

 

Wiesel si rivolge poi ai capi degli Stati Uniti, impegnati in un accordo con l’Iran che lo trasformerà in un “threshold state”, uno stato prenucleare. La Casa Bianca questa settimana ha fatto sapere che non c’è bisogno di una ulteriore estensione dei talks con l’Iran. E’ dunque arrivato il momento della verità. “Presidente Obama, vicepresidente Biden, illustri membri del Congresso, vi chiedo: come posso rimanere in silenzio?”, scrive Wiesel. “Come ha detto la regina Ester: ‘Come posso assistere alla distruzione del mio popolo?’”. La posizione del governo israeliano sull’accordo fra America, Europa e Iran è stata chiarita ieri dal ministro Yuval Steinitz, vicinissimo a Netanyahu. Teheran, secondo Steinitz, non ha mostrato di voler cedere sull’arricchimento dell’uranio, il destino del reattore di Arak e l’impianto segreto di Fordo. “Quello che emerge è un quadro a tinte fosche”, ha detto Steinitz, lasciando intendere che Gerusalemme potrebbe attaccare le installazioni atomiche di Teheran: “Non abbiamo mai limitato il nostro diritto all’autodifesa a causa di freni diplomatici”.

 

Nel 1990 a minacciare Tel Aviv e Gerusalemme c’erano gli scud di Saddam Hussein e allora Wiesel scrisse: “Oggi Israele non è una possibilità storica. E’ una necessità estrema. Israele è ognuno di noi, e non importa se uno ha scelto di vivere lontano, se ha deciso o no di essere d’accordo con questo governo. Non si può fare una distinzione di comodo, mi va bene il popolo ma non mi va bene il governo. L’opzione della storia è una sola, conferma tutto, o si porta via tutto”. Questo non è mai stato tanto vero quanto oggi che Gerusalemme potrebbe doversi preparare a vivere all’ombra dell’uranio arricchito degli ayatollah.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.