Uccidi il blasfemo
Da Parigi a Copenaghen, la condanna a morte della libertà d'espressione
È lo stesso copione di Charlie Hebdo, a un mese dalla strage a Parigi: prima l'attacco a dei vignettisti riuniti dentro al caffé Krudttoenden, poi gli spari davanti a un obiettivo ebraico, una sinagoga. La giornata di guerra a Copenaghen dell'islamismo alla libertá di espressione ha lasciato due morti e cinque feriti.
Nel caffé c'erano due bersagli legati alla "blasfemia": l'ambasciatore francese in Danimarca, François Zimeray, e l'artista svedese Lars Vilks, minacciato di morte da otto anni per le sue vignette su Maometto.
Un'immagine dell'attentatore ripreso dalle telecamere
Intanto, il rabbino capo della capitale danese, Yitzchok Loewenthal, ha detto che "gli ebrei hanno paura a uscire di casa". Un fatto senza precedenti nel "paese che disse di no" a Hitler e che durante la guerra, unico in tutta Europa, salvó i propri cittadini ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio.
Copenaghen, ben prima di Parigi, è la capitale mondiale della libertá di espressione. Lì, nella redazione del Jyllands Posten, sono nate le prime caricature irriverenti sul Profeta (la sede del giornale oggi assomiglia a un bunker inaccessibile). Lì vive Kurt Westergaard, l'anziano vignettista libertario che dipinse la più celebre delle caricature, il Maometto con la bomba nel turbante. Lì Lars Hedegaard, critico dell'islam, è stati quasi ucciso di fronte a casa due anni fa. Una esecuzione in piena regola alla luce del sole. Lì è stato dato un premio a Robert Redeker, editorialista francese del Figaro minacciato di morte.
Finora Copenaghen si è dimostrata all'altezza della sfida epocale lanciata dai taglialingue alla monarchia nordeuropea: la Biblioteca reale danese, fondata nel XVII secolo da Federico III, ha acquisito le caricature su Maometto e oggi sono custodite al fianco delle favole di Hans Christian Andersen e degli scritti filosofici di Soren Kierkegaard. Come se fossero un tesoro prezioso che rischia di deperire.
[**Video_box_2**]Così si comporta una grande democrazia sotto attacco. E anche al caffé colpito dai terroristi, anche dopo gli spari gli invitati hanno proseguito il dibattito su islam e libertá di parola. Perché come ha detto Helle Merete Brix al Berlingske, "non potevamo andare da nessuna parte, cosi abbiamo continuato a parlare".
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