Venezuela pallonaro, quando la politica entra nel campo da calcio

Maurizio Stefanini

Tarek Zaidan El Aissami Madah, governatore di Aragua è stato tesserato dalla società locale, che milita in Prima divisione. Se in Europa gli sportivi sfruttano la loro celebrità per entrare in politica, in Sud America succede il contrario.

Governatore, ex-ministro, calciatore di prima divisione. È Tarek Zaidan El Aissami Madah: appena tesserato con il numero 78 come attaccante in quella squadra dell’Aragua Fútbol Club, decima nell’ultimo campionato di Primera División de Venezuela, con una coppa nazionale in bacheca. Fin qui, niente di particolare. Il mondo è pieno di calciatori che si sono dati alla politica, George Weah si è candidato addirittura alla presidenza della Liberia, Pelè è stato ministro e Gianni Rivera sottosegretario. Il fatto però è che in questo caso non parliamo di un atleta che dopo aver acquisito popolarità sui campi da gioco l’ha sfruttata per fare carriera politica. No. È un noto politico che ha invece deciso di sfruttare la sua posizione per farsi applaudire dai tifosi. 

 

Classe 1974, origini siro-libanesi, non è chiaro se nato in Venezuela a El Vigía come indica la maggior parte delle fonti o nel Gebel Druso, Tareck El Aissami è figlio di un militante di sinistra che era stato arrestato dopo il fallito tentativo di golpe di Chávez. Laureato in Diritto e Criminologia,  all’Università fu leader studentesco, e anche allievo prediletto del professor Adán Chávez: fratello maggiore di Hugo e attuale governatore dello stato di Barinas, dopo essere stato a sua volta ministro e ambasciatore a Cuba. Deputato dal 2006 al 2007, viceministro della Prevenzione e Sicurezza Cittadina dal 2007 al 2008, ministro dell’Interno e della Giustizia dal 2008 al 2012, infine eletto governatore di Aragua. Prima era finito nel mirino del Center for a Secure Free Society per via del suo cognome e di presunti legami tra suo padre e Saddam Hussein e per il ruolo come ponte tra Chávez, l’Iran e Hezbollah, poi rivelatisi falsi, anche perché la sua famiglia non è sciita ma drusa. Come uomo di Hezbollah l’ha descritto anche il Gatestone Institute. Il Wall Street Journal ne ha parlato come di un personaggio “in parte maestro del network medio-orientale, in parte rivoluzionario cubano ad honorem in parte chavista di grandi ambizioni”. Tant’è che era stato considerato anche un presidenziabile, dopo la morte di Chávez. Non si sospettava però che fossero anche ambizioni di goleador, e alla non verde età di 41 anni.

 

Simbolicamente, il tweet con cui la squadra ha annunciato il suo tesseramento è stato reso noto il 4 febbraio: la data anniversario della “rivoluzione” chavista. In Venezuela come il gran parte dell’America Latina i gironi di andata e di ritorno sono due campionati a parte, e El Aissami sarà in rosa per le 12 partite del Torneo Clausura. “Non è un gesto simbolico di pubblicità, il governatore dovrà guadagnarsi il suo posto da titolare”, assicura l’allenatore Manuel Plasencia. Attualmente settimo, l’Aragua però dipende in maniera pesante da finanziamenti pubblici: primi fra tutti, quelli dello stesso Stato. Fernando Aristeguieta, attaccante della nazionale venezuelana appena passato dal Nantes al Getafe,  ha mandato un tweet ai colleghi dell’Aragua invitandoli a andare avanti “malgrado questa umiliazione che ci hanno fatto passare”.

 

Ma El Aissami non è stato neanche il primo. Da Mussolini in poi è un vezzo di molti leader “forti” il volersi esibire come sportivi, Hugo Chávez peraltro da giovane stava per diventare davvero giocatore di baseball professionista, Fidel Castro come nuotatore fu comparsa nel noto film “Bellezze al bagno”, e entrambi amavano esibirsi sul diamante.

 

 

Anche in Bolivia Evo Morales, in gioventù calciatore appassionato, e asceso ai vertici del sindacato in origine appunto come responsabile per sport e tempo libero, si è cimentato in esibizioni sportive amatoriali e in sfide sportive (sia con il collega cileno Sebastián Piñera che il colombiano Juan Manuel Santos. Nel maggio 2014 a 54 anni anche lui si era messo in testa di giocare in serie A con lo Sport Boys Warnes, il cui presidente Mario Cronenbold era anche sindaco della città e iscritto allo stesso partito del presidente. L’idea era di fargli fare qualche minuto per non più di quattro partite. “Giocare mezz’ora una domenica non gli farà certo trascurare il Paese”, spiegava Cronenbold. Ma poi a luglio al momento di iniziare, lo stesso Morales ha rinunciato, ammettendo di non essere in condizione fisica e di non poter distogliere tempo alla campagna elettorale. Va detto che lo Sport Boy Warnes ha poi avuto una stagione talmente disastrosa che  Cronenbold ha deciso di lasciarlo: carico di debiti.

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