Graziano Delrio (foto LaPresse)

Morto un patto se ne fa…

Delrio ci spiega perché non si voterà e perché va rilanciato un accordo con Forza Italia

Salvatore Merlo

 “Fare le riforme insieme, scrivere con l’opposizione le regole del gioco, è un successo di sistema, un successo per tutto il paese”, dice Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Dunque è un peccato che “qualcuno abbia considerato chiuso, finito il patto del Nazareno.

Roma. “Fare le riforme insieme, scrivere con l’opposizione le regole del gioco, è un successo di sistema, un successo per tutto il paese”, dice Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Dunque è un peccato che “qualcuno abbia considerato chiuso, finito il patto del Nazareno. Noi continuiamo a pensare che si possa modificare la Costituzione e che si possa approvare la nuova legge elettorale con la più larga maggioranza possibile”. Ieri Matteo Renzi ha manifestato apprezzamento per le parole di Silvio Berlusconi sulla Libia. E Forza Italia manda messaggi ambivalenti al governo e al Partito democratico, allusioni ringhianti e mezzi sorrisi, pare. Dice Delrio: “Il senso di responsabilità manifestato dall’opposizione sulla politica estera, che nel caso specifico della Libia richiede iniziative ragionate e non isteriche, è un segnale positivo. Ma non ha niente a che vedere con il meccanismo delle riforme e il loro percorso parlamentare. Il patto del Nazareno è stato chiuso. Non da noi”. Ma senza Forza Italia il percorso delle riforme si fa più complicato. L’ultima settimana in Parlamento è stata durissima, con le sedute notturne, le urla, i frizzi. “Ma alla fine il testo è passato. Il Pd è determinante”, dice Delrio. “Abbiamo un debito nei confronti del paese, sono trent’anni che si parla delle riforme e noi abbiamo promesso che le avremmo fatte. Ora non possiamo permetterci di non mantenere la parola. Se Forza Italia partecipa è meglio. Ma se non partecipa noi andiamo avanti comunque”.

 

Ma davvero il patto è saltato sul Quirinale, su Mattarella? O forse Berlusconi si aspettava qualcosa dal governo, qualcos’altro, e a un certo punto ha capito che quel ‘qualcos’altro’ non sarebbe mai arrivato? “La psicanalisi è una ginnastica che non mi compete. Tuttavia trovo quasi illogica la ragione che è stata utilizzata per spiegare il cambio di atteggiamento di Forza Italia nei confronti delle riforme condivise che stavamo votando tutti insieme”. Berlusconi è condizionato dal marasma interno al suo partito? “Forse”. Renato Brunetta e Raffaele Fitto sono molto severi con il governo. “E lo sono sin dall’inizio, con una certa coerenza oserei dire. Le loro posizioni sono sempre state le stesse. Solo che adesso sono vincenti”. Il Cavaliere invece è meno coerente? “Ci sono dei misteri nel ribollire delle correnti interne alle forze politiche, misteri ai quali, con tutto il rispetto per le opinioni di ciascuno, non so nemmeno accostarmi. Ufficialmente Forza Italia ha chiuso ogni dialogo per il ‘metodo’ usato nella designazione del candidato alla presidenza della Repubblica. Ma rimane difficile da comprendere come sia stato possibile rompere sulla figura di Sergio Mattarella che aveva, sin da subito, la stima di tutti, persino di Berlusconi”. Il Cavaliere è sicuro che si andrà alle elezioni anticipate, con il Consultellum. “Questa legislatura finisce nel 2018”. Sicuro? “Sicuro”. Anche Angelino Alfano è d’accordo? “Con Alfano condividiamo tutti gli obiettivi di governo”.

 

[**Video_box_2**]Negli ultimi giorni, a Montecitorio, pare che qualcuno, tra gli uomini di Forza Italia, abbia continuato a votare con la maggioranza. E’ come se alle dichiarazioni di guerra, nel partito di Silvio Berlusconi, corrispondesse un atteggiamento poi di attesa, pragmatico: come se in realtà il patto del Nazareno non fosse del tutto finito. “Può darsi che qualcuno abbia votato per noi”, risponde Delrio. “Ma io conto di più le assenze di Forza Italia dall’Aula. Mi farebbe piacere che non fosse così. Che si potesse votare insieme. Vedremo, ma non dipende da noi”. E insomma, sembra dire il sottosegretario, non ci sono, e non ci saranno dei “responsabili” di centrodestra, la stampella per il governo. “Non abbiamo bisogno di stampelle, semmai il sistema paese avrebbe bisogno di collaborazione tra le forze politiche. Ma per collaborare bisogna essere in due. Noi, lo ripeto, vorremmo il consenso più ampio possibile. Anche quello del Movimento 5 stelle”. Tuttavia, finora, il Movimento 5 stelle è sembrato interessato ad altro. Ieri Beppe Grillo, a proposito della Libia, ha detto che Renzi è un nuovo Brancaleone alle crociate. Finora c’è stato solo il Nazareno: solo Berlusconi ha collaborato con il governo, dall’opposizione. “Forza Italia ha avuto un atteggiamento dialogante per molto tempo, e bisogna rendergliene atto. Ma è finita, e non per colpa nostra. Non so come andrà a finire questa storia dei rapporti con Forza Italia, ma il 2015 è un anno importante e difficile per l’Italia, con due emergenze per noi fondamentali: il lavoro e la ripresa. Ci sono segnali incoraggianti che arrivano dall’analisi delle previsioni di crescita economica. Per la prima volta da molti anni. L’Italia può ripartire. E sarebbe un peccato non agganciare la ripresa per via di incomprensibili schermaglie parlamentari”. Senza stabilità non c’è la ripresa? “No. E infatti è per questo che non si andrà a votare. Questa è una legislatura destinata a durare. Noi faremo le riforme, collaborando con le opposizioni, se sarà possibile, oppure tirando dritto anche con le sedute notturne come abbiamo fatto quest’ultima settimana. Andiamo avanti fino alla fine, fino al 2018, data di scadenza naturale di questo Parlamento. L’Italia ha un governo stabile. Ed è una novità non da poco”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.