Renzi e la Libia. Come reagire a una provocazione efferata decisa 50 giorni fa?
Il premier italiano frena sull’intervento, il Cairo bombarda lo Stato islamico.
Roma. Lo Stato islamico programma le sue azioni e le sue provocazioni secondo le scadenze di un calendario in cui agli altri toccano soltanto le reazioni – o almeno, è così che ha impostato la sua strategia. E’ successo con il video del pilota giordano bruciato in una gabbia, che secondo fonti multiple è stato girato con un mese circa di anticipo prima di essere messo su internet il 3 febbraio e ha scatenato la campagna di bombardamenti della Giordania. Succede ora con il massacro dei cristiani egiziani in Libia – che ha dato il via alla reazione militare dell’Egitto e forse presto anche a quella della comunità internazionale.
Secondo alcune indiscrezioni apparse su internet appena due giorni dopo il sequestro agli inizi di gennaio, i copti sono stati uccisi quasi subito. A quel tempo era pure circolata brevemente e soltanto in arabo la notizia del ritrovamento di alcuni corpi vicino a una spiaggia di Sirte, anche in questo caso due giorni dopo il sequestro. Lo Stato islamico ha poi alluso in due occasioni all’avvenuta decapitazione. La prima il 12 gennaio, quando per la prima volta ha rivendicato il sequestro pubblicando alcune immagini spettrali in cui soltanto le teste degli ostaggi erano illuminate. La seconda il 12 febbraio, quando le fotografie dei cristiani in tuta arancione in riga sulla spiaggia e minacciati dai coltelli sono apparse sul settimo numero di Dabiq, rivista in inglese del gruppo. Il video dello Stato islamico messo su internet domenica sera è stato deciso probabilmente più di cinquanta giorni fa, prima del doppio sequestro (notizia di ieri: altri 35 copti egiziani sono scomparsi in Libia). I primi sette erano stati presi l’ultimo giorno dell’anno a un checkpoint. Gli altri sono stati prelevati la notte del 3 gennaio da un complesso residenziale di Sirte dove abitavano assieme con altri lavoratori egiziani, cristiani come loro e musulmani. Gli uomini dello Stato islamico erano arrivati a volto coperto, avevano una lista dei cristiani, non hanno toccato gli altri. Uno dei copti scampati al sequestro ha detto a Lisa Loveluck del giornale inglese Telegraph di avere sentito la squadra arrivare fino alla sua camera: “Credevo che avrebbero buttato giù la porta, invece ho sentito uno di loro dire ‘Andiamo… ne abbiamo presi abbastanza’”. Abbastanza per il video?
L’analisi del filmato di cinque minuti rivela altri dettagli interessanti. Il blog algerino 7our, solitamente ben informato, nota che c’è una carrellata della telecamera molto lineare e senza scossoni e questo suggerisce la presenza di una piccola rotaia, come quelle usate in produzioni tv professionali, e nota un’inquadratura dall’alto che fa pensare persino a una piccola gru. L’uomo che parla in inglese e imita “Jihadi John”, il boia degli ostaggi occidentali, è vestito come gli uomini nel video del pilota giordano, stesso passamontagna e stessa mimetica (è un pattern copiato dai marine americani chamato “marpat”). I due video potrebbero essere stati filmati negli stessi giorni e forse la casa di produzione dello Stato islamico, al Hayat, ha mandato in Libia una squadra apposta. E’ una speculazione, ma il video è così simile ad altri che è difficile non pensare alla stessa équipe – soprattutto se si torna a un altro video famigerato, quello dell’uccisione di 22 militari siriani messo su internet il 16 novembre.
[**Video_box_2**]Se era una provocazione per l’Egitto, ha funzionato. Ieri gli aerei dell’aviazione militare del Cairo hanno colpito otto obiettivi a Derna, una piccola città costiera vicino Bengasi dove lo Stato islamico è molto forte. L’intelligence egiziana da tempo compila una lista di possibili bersagli perché aveva già in mente la prospettiva di un intervento militare, ma in poche ore non poteva avere informazioni sul gruppo responsabile dell’uccisione a Sirte – che secondo fonti locali ha girato la scena sette chilometri a est della città, in una zona ex turistica dove ville abbandonate offrono buoni nascondigli. Dunque, è toccato a Derna. Fra i bersagli colpiti c’è anche la casa di un leader locale del gruppo, Bashar al Drissi, che però secondo altre fonti era già stato ucciso a dicembre in uno scontro tra milizie. Un bilancio inverificabile parla di “sessantaquattro uomini dello Stato islamico morti nei bombardamenti”.
Le due fazioni in guerra in Libia reagiscono diversamente alla campagna aerea egiziana. Il campo del governo di Tobruk annuncia di essersi unito ai raid in coordinamento con il Cairo; l’altro campo, quello del governo islamista di Tripoli, ancora continua a minimizzare la presenza dello Stato islamico e a suggerire che il video è una montatura di qualche servizio segreto per propiziare un intervento dall’esterno.
Ieri il premier italiano, Matteo Renzi, ha speso sulla Libia parole decisamente più caute dei suoi ministri, che domenica hanno parlato di un contingente militare di cinquemila uomini pronto a muovere sotto l’egida delle Nazioni Unite. Lo ha fatto prima in un’intervista al Tg1 e poi in un’altra al Tg5. “Non è il momento per un intervento militare”, ha detto Renzi, e c’è da “aspettare l’Onu: non si passi dall’indifferenza all’isteria o a reazioni irragionevoli”. Quattrocento chilometri a sud, su una spiaggia arrossata dal sangue deliberatamente scelta per lanciare un messaggio all’Italia, sono senz’altro deliziati da queste due parole: “Reazioni irragionevoli”.
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