Foto LaPresse

Sindaco, tedesco e socialdemocratico: “Cara Merkel, l'islam con noi non c'entra nulla”

Matteo Matzuzzi

"Il contributo dell’islam alla Riforma, all’Illuminismo e all’Umanesimo mi sfugge, scusate”, dice Heinz Buschkowsky, sindaco socialdemocratico del quartiere di Neukölln, ottavo e popolatissimo distretto di Berlino (quasi 325 mila abitanti), criticando le dichiarazioni della Cancelliera.

Roma. Dire come hanno fatto il presidente federale Christian Wulff e la cancelliera Angela Merkel che l’islam appartiene alla Germania è una cosa “completamente falsa. Il contributo dell’islam alla Riforma, all’Illuminismo e all’Umanesimo mi sfugge, scusate”. Heinz Buschkowsky, sessantasei anni, sindaco socialdemocratico del quartiere di Neukölln, ottavo e popolatissimo distretto di Berlino (quasi 325 mila abitanti), si dimette dopo quattordici anni, uno prima della scadenza del mandato. La cartella clinica, confessa in un’intervista al settimanale Stern, gli suggerisce di ritirarsi e di pensare più a se stesso che al bene comune.

 

Dopo più di trent’anni di attività politica al servizio degli altri, è convinto di poterselo permettere. Al tavolino d’un Café cittadino traccia un bilancio della sua amministrazione. A un primo impatto, osserva, Neukölln – gli immigrati rappresentano il quarantuno per cento della popolazione – può sembrare un quartiere moderno e cool, perfino a misura d’uomo: ha addirittura l’hotel più grande d’Europa, l’Estrel costruito nel 2012. Ci sono i laghetti, il verde, i locali che la sera si riempiono d’avventori. Eppure, il distretto, dice Buschkowsky, non rappresenta certo un modello da prendere ad esempio: “Bande criminali arabe che hanno il controllo di intere strade, studenti di quinta elementare che non sanno parlare tedesco, mancanza di prospettive per i disoccupati”.

 


Heinz Buschkowsky, sindaco del quartiere berlinese di Neukölln


 

Ma a farlo infervorare sono “la pigrizia mentale e il divieto di parola sul dibattito relativo all’integrazione”. Ce l’ha con la politica che va per la maggiore da decenni, compresa quella dell’Spd, il suo partito, che giudica “avulsa dalla realtà”. Al mattino, spiega, “davanti alle scuole – alcune delle quali sono frequentate da solo il venti per cento di tedeschi – gli islamisti distribuiscono volantini alle ragazze. Queste vengono esortate a non portare i pantaloni come gli uomini e a indossare esclusivamente abiti islamici che lasciano intravedere solo il viso e le mani”. Quel che il francese Michel Houellebecq ha romanzato in “Sottomissione”, qui è la realtà quotidiana. Gli argomenti principali di conversazione davanti agli istituti tra adulti e giovani, aggiunge, “diventano la moschea che si frequenta, il motivo per cui la figlia non porta il velo o il fatto che alla ragazza debba essere proibito di partecipare alle lezioni di ginnastica, nuoto, biologia e alle gite scolastiche”. Il sindaco, che nel 2012 pubblicò il libro – divenuto presto un bestseller – “Neukölln è ovunque” in cui denunciava il tramonto delle illusioni multiculturaliste e gli errori delle politiche d’integrazione portate avanti dalla Germania, mette in guardia sul rischio della diffusione dell’islamismo all’interno della comunità di migranti, ma si oppone ai tentativi della destra nazionalista di Pegida di arruolarlo tra le loro fila: “Mi considerano una sorta di portavoce e questo mi fa venire l’orticaria”. Eppure, se guarda alle manifestazioni oceaniche degli ultimi mesi a Dresda e Lipsia condannate da tutto l’arco costituzionale lui, socialdemocratico da sempre, dice di comprendere ciò che ha portato quelle migliaia di persone a scendere in strada: “La gente non ha torto. Se fossi sindaco di un’altra città nemmeno io mi augurerei che il mio paese diventasse così. Neukölln non rappresenta una storia di successo, bensì una storia di criminalità organizzata, alta concentrazione di islamisti e salafiti, basso livello di istruzione ed elevato rischio di povertà”. Tutti elementi che rendono a suo giudizio irreversibile lo status quo che è venuto a crearsi nel corso del tempo. Ci vorrebbe una sorta di miracolo per cambiare la situazione, cosa difficile per lui che assicura di non credere “nel Paradiso, nell’Inferno, nel Giudizio universale e nemmeno alle settantadue vergini nella terra dove scorrono fiumi di latte e miele”. Quando lo accusarono di razzismo per le sue dichiarazioni critiche sull’integrazione dei cittadini musulmani, si limitò a rispondere che “la verità fa male”.

Di più su questi argomenti:
  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.