Ci sono alternative alla rinascita dell'Opec?

Alberto Brambilla

L'Arabia Saudita e i suoi paesi alleati potrebbero nuovamente dominare la scena globale e tornare ad assumere il totale controllo del mercato petrolifero. La profezia di Bp e l'idea di una banca centrale del petrolio (by Descalzi).

L'Arabia Saudita e i suoi paesi alleati nel cartello degli esportatori di petrolio, l'Opec, potrebbero nuovamente dominare la scena globale e tornare ad assumere il totale controllo del mercato petrolifero, recuperando un'influenza che appariva perduta causa dissidi interni, già a partire dall'anno prossimo.

 

La profezia pubblicata ieri dal colosso britannico Bp nel suo Energy Outlook 2015 si basa sul rallentamento della crescita produttiva dei pozzi di shale oil e shale gas americani. In parte il boom degli idrocarburi estratti dalle rocce di scisto è causa del declino dei prezzi del greggio degli ultimi sei mesi, la decisione dell'Opec di novembre di non tagliare la produzione ha acuito il malessere dei mercati. Entro il 2035, dice Bp, i dodici paesi esportatori torneranno a controllare il 40 per cento della produzione mondiale, ripristinando lo status quo.

 

La previsione della prima compagnia britannica restituisce all'Opec una capacità decisionale sulle sorti del mercato petrolifero che sembrava andare scemando e si confronta con diverse teorie emerse in questi mesi di ribassi per ovviare a una ciclica destabilizzazione dei prezzi, con repentini ribassi e lunghe risalite, che costringe le aziende produttrici ed estrattrici a modificare piani di investimento pluriennali.

 

L'amminitratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, aveva parlato ad esempio di una "banca centrale del petrolio", ovvero una camera di concertazione tra grandi produttori pubblici e privati, per tenere il più possibile stabili i prezzi. L'idea lanciata da Descalzi al World economic forum di Davos, poi riprosta alla John Hopkins Univeristy a Washington, sembra prendere le mosse da un'idea del suo predecessore, Paolo Scaroni, il quale parlò di un mercato petrolifero regolato alla stregua di quello elettrico (un "new deal" lanciato a Ryad capitale dell'Arabia Saudita). L'idea basilare è di garantire la stabilità dei prezzi.

 

"Abbiamo bisogno che ci sia, ogni volta che si crea uno squilibrio tra domanda e offerta, una sorta di banca centrale, come avviene per i mercati finanziari, delle entità che parlando tra di loro creino stabiltà. Questo è un discorso abbastanza provocatorio forse ma innovativo", ha detto Descalzi.

 

L'idea, non definita nei dettagli, pare finora non avere convinto tutti gli addetti ai lavori, come dimostra lo studio di Bp.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.