Merkel e la carica dei big tedeschi sulla neo rivoluzione industriale
Fabbriche intelligenti, tra web e robotica. Ora il governo tedesco spinge su una coalizione per contenere i colossi americani, per non fare la stessa fine del formato mp3: la Germania ne detiene la paternità, ma a trarne profitto sono stati altri.
Berlino. Il concetto della “quarta rivoluzione industriale” rischia di fare per Berlino la stessa fine del formato mp3: la Germania ne detiene la paternità, ma a trarne profitto sono stati altri. La storia potrebbe ripetersi ora con quell’idea di “Industrie 4.0” presentata per la prima volta quattro anni fa alla Fiera di Hannover, la visione, cioè, di una fabbrica intelligente nella quale macchine e prodotti siano interconnessi tramite chip e sensori e si scambino informazioni, così da automatizzare i processi produttivi e aumentarne l’efficienza. Da mesi la cancelliera Angela Merkel insiste sul ritardo tedesco ed europeo su questo fronte. L’ultimo monito è arrivato a gennaio da Davos: “Dobbiamo realizzare rapidamente la fusione tra il mondo di internet e quello della produzione industriale, perché altrimenti i leader del settore digitale ci porteranno via la produzione industriale”.
Due i timori: che la Germania venga superata sulla strada verso la digitalizzazione dei processi produttivi da società statunitensi e asiatiche e, soprattutto, che gli standard delle nuove fabbriche intelligenti siano fissati al di fuori dell’Europa. Due timori non infondati: Google ha acquistato in un anno otto società di robotica, ha rilevato lo specialista di termostati intelligenti Nest e continua a sviluppare un’auto senza conducente, Apple starebbe progettando un’auto elettrica (e ha reclutato a tal scopo l’ex responsabile del centro ricerche di Daimler nella Silicon Valley, Johann Jungwirth), big americani come General Electric, Ibm, Cisco e Intel hanno dato vita all’Industrial Internet Consortium (Iic) per creare nuovi modelli globali per la digitalizzazione dell’industria e a fissare standard comuni. All’Iic hanno aderito nel frattempo società del calibro di Dell, Microsoft, Toshiba – ma anche le tedesche Siemens e Bosch. E’ proprio Bosch a fare da traino al primo progetto europeo dell’Iic: una fabbrica nella quale sia possibile localizzare in modo automatico avvitatori elettrici connessi a un software che assegna loro uno specifico compito in base alla loro posizione.
[**Video_box_2**]Per non perdere la sfida della quarta rivoluzione industriale, Berlino progetta ora un proprio consorzio che faccia da contrappeso all’Iic. Il ministro della Ricerca, Johanna Wanka, ha incontrato ieri a tal proposito a Berlino rappresentanti di spicco dell’industria e della ricerca. Secondo l’Handelsblatt alla riunione erano invitate 50 persone, tra cui i cui i numeri uno di T-Systems, Schaeffler, Sap e Boehringer e manager di Bosch, Thyssen-Krupp, Volkswagen, Daimler, Allianz e Basf. (Parallelamente Bosch tiene a Berlino una conferenza sull’Industria 4.0 con il ceo dell’Iic, Richard M. Soley, e il presidente della Confindustria tedesca Ulrich Grillo). In gioco c’è il futuro di gruppi come Siemens o Deutsche Telekom, ma non solo: per l’associazione Bitkom, le tecnologie legate all’Industria 4.0 potrebbero portare entro il 2025 a un incremento del valore aggiunto lordo di oltre 267 miliardi di euro. La crescita interesserebbe settori chiave per l’economia tedesca come quello automobilistico, elettrotecnico, chimico e dei macchinari. I problemi, però, non mancano. Gli investimenti per potenziare la banda larga, essenziale per gestire la “smart factory”, sono ancora insufficienti; una vera cultura del capitale di rischio stenta a radicarsi in Germania e il timore che i dati generati dalle nuove fabbriche intelligenti possano finire in mano a hacker o concorrenti restano profondi. Molte delle piccole e medie imprese, spina dorsale dell’economia tedesca, ignorano inoltre il senso e la portata dell’Industria 4.0. Esperimenti su questo fronte arrivano da grosse aziende come Siemens o Audi. Merkel farà visita lunedì allo stabilimento Siemens di Amberg, in Baviera, nel quale già oggi gran parte del processo produttivo è automatizzato: i dipendenti si limitano a posizionare una scheda elettronica sulla linea di produzione, il resto lo gestiscono macchine che interagiscono coi prodotti. Il tema è ormai tra le priorità della cancelliera.
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