Jeroen Dijsselbloem e Yanis Varoufakis (foto LaPresse)

Clash culturale

Marco Valerio Lo Prete

Il vezzo di Yanis Varoufakis di non indossare la cravatta nelle occasioni istituzionali è l’ultimo dei problemi per i colleghi ministri delle Finanze che da giorni trattano con l’economista ellenico. Ovviamente. Così come lo zaino e la moto, certo.

Roma. Il vezzo di Yanis Varoufakis di non indossare la cravatta nelle occasioni istituzionali è l’ultimo dei problemi per i colleghi ministri delle Finanze che da giorni trattano con l’economista ellenico. Ovviamente. Così come lo zaino e la moto, certo. A Bruxelles se ne sono accorti tutti ieri mattina, quando il vulcanico ministro greco (naturalizzato australiano) ha fatto sapere che oggi presenterà la richiesta di estensione degli aiuti europei ad Atene, e allo stesso tempo ha deciso di pubblicare le minute degli incontri riservati di queste due ultime settimane. I suoi discorsi, innanzitutto, e poi anche le bozze d’intesa, quella soft proposta dal ministro francese, Pierre Moscovici, e quella più arcigna del presidente olandese dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem (con tanto di scritta “Confidential”). Solo a quel punto in molti hanno capito il senso dell’insolito incipit dell’intervento di Varoufakis alla riunione a porte chiuse dello scorso 11 febbraio. Dopo i brevi saluti, una frase quasi da comizio: “Il 25 gennaio il popolo greco ci ha consegnato un forte mandato per mettere fine al ciclo di austerity che ha causato danni economici e costi sociali immensi”. Ancora: “Per cinque anni, ormai, molti di voi hanno speso lunghissime ore a discutere su come risolvere l’ennesimo episodio di questa saga che è la crisi greca. Capisco la vostra stanchezza, ma credetemi: i greci, anche più di voi, ne hanno avuto abbastanza”. Frasi che stanno benissimo su un giornale greco (come lo sono da ieri, effettivamente), ma che meno si adattano alle ovattate stanze dei palazzi dell’euroburocrazia. “E’ un culture clash – ha confidato uno dei partecipanti al Wall Street Journal – Ci sono 18 ministri delle Finanze seduti attorno a un economista accademico, eccentrico e radicale, che non è mai stato prima al governo”. Chiedere a Mario Draghi per credere.       

 

Durante una delle riunioni serali degli scorsi giorni, Varoufakis è arrivato in ritardo di 20 minuti, mentre il banchiere centrale europeo stava parlando. Al suo seguito, un cameraman. A quel punto Dijsselbloem avrebbe interrotto Draghi e mostrato tutta la sua irritazione all’incolpevole cameraman che seguiva il ministro-star. Intendiamoci, Varoufakis maneggia bene la macroeconomia, al punto che il sito di gauche francese Mediapart, encomiandolo, ha scritto che “un’altra speculazione è possibile”. Tuttavia lo stesso ministro, che nel 2005 si vide sospendere dopo 16 anni il proprio programma sulla radio pubblica australiana con l’accusa di antisemitismo (“ho solo definito il muro costruito da Israele come un ‘mostro di cemento’”, si difende lui), ha un’idea del processo decisionale che non contempla il consenso e la riservatezza propri della comitatologia brussellese.

 

[**Video_box_2**]Da qui, per esempio, lo sbotto del solito Dijsselbloem che, in visita di cortesia ad Atene a fine gennaio, gli dice all’orecchio: “Con queste parole, hai appena ucciso la Troika!”. Dijsselbloem, economista anche lui ma specializzato in agronomia e non in teoria dei giochi, ha 48 anni. Varoufakis ne ha soltanto cinque in più. Stessa generazione, dunque, ma mentre nel 2013 Dijsselbloem già gelava i mercati dicendo che i controlli dei capitali e i prelievi sui conti praticati a Cipro erano “un modello” per l’Eurozona, Varoufakis interveniva al Festival dei Sovversivi a Zagabria con le sue “Confessioni di un marxista erratico nel mezzo di una ripugnante crisi europea”. Più che nell’abbigliamento o all’anagrafe, dunque, la differenza è nella formazione culturale e professionale. Solo il mediterraneo garibaldino in questione, dopo la telefonata di ieri da parte del segretario al Tesoro Jack Lew, poteva sognarsi di correggere le agenzie di tutto il mondo con un suo tweet: Washington ha messo sì in guardia la Grecia, ma “ha aggiunto che un mancato accordo danneggerebbe anche l’Europa. L’avviso è per entrambi!”. Lo choc culturale continua. Fino a quando?

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