Grillini e Quirinale. Nuove comiche dal movimento dell'ex comico
Grillo chiede un incontro al nuovo presidente Sergio Mattarella (su temi sociali e reddito di cittadinanza), senza vaffa e senza cipiglio. Tutto è cambiato al Colle, al Governo e anche nel Movimento. L’uno vale uno è già morto e sepolto, con tutta l’utopia casaleggiana del pianeta Gaia da governare con un clic.
E’ dai tempi della primissima salita di Beppe Grillo al Colle (dopo le elezioni politiche 2013) che le visite dei Cinque Stelle al Quirinale mettono in crisi l’anelito di purezza del Movimento che vuole credere, contro ogni evidenza, alla regola dell’“uno vale uno”, smentita anche soltanto dall’indubbio peso specifico del Grillo di piazza (durante l’allora inarrestabile Tsunami tour) rispetto al nulla – quello sì comico – che emergeva da molti video di auto-presentazione dei candidati alle Parlamentarie. Due anni fa, con Giorgio Napolitano presidente della Repubblica, l’ex comico Grillo, sulla soglia del Quirinale, aveva perso per un attimo l’espressione kombat e magicamente si era fatto sorridente e bambinesco turista, fotografato in abito da grande occasione con corazziere sullo sfondo, prima di tornare per le vie di Roma, inseguito da motorini e telecamere. Faceva quasi tenerezza, l’ex comico del vaffa che per poco non si emoziona al Quirinale (seguivano comiche paranoie a Cinque Stelle, parallele al tormento sul “fare o non fare i nomi” per il governo: non bisognerebbe sembrare meno istituzionali, ci si domandava sui social network, e dunque anche salendo al Quirinale mantenere il volto truce e l’atteggiamento arcigno visibile financo nella postura dell’allora portavoce a rotazione Roberta Lombardi?).
Due anni dopo, Grillo chiede un incontro al nuovo presidente Sergio Mattarella (su temi sociali e reddito di cittadinanza), senza vaffa e senza cipiglio. Tutto è cambiato al Colle, al Governo e anche nel Movimento: qualche mese fa, constatata l’impossibilità di reggere la riottosità locale e internettiana dei vari “meet-up”, dalla Casaleggio Associati era scesa l’idea del Direttorio composto dai cinque proconsoli Luigi Di Maio (l’Angelino Alfano di Grillo), Alessandro Di Battista (colui che il New York Times dipinge come ballista), Carlo Sibilia (quello anti-Bilderberg), Roberto Fico (presidente della Vigilanza Rai) e Carla Rocco (vice presidente Commissione Finanze).
L’uno vale uno, dunque, è già morto e sepolto, con tutta l’utopia casaleggiana del pianeta Gaia da governare con un clic su Google previa distruzione dell’umanità marcia (annichilita da piaghe d’Egitto che risparmiano, evidentemente, soltanto i lungimiranti profeti della cosiddetta “democrazia dal basso”). Per evitare di trasformare l’utopia in distopia totale, e dunque contenere la ribellione alle periferie del regno, si era scelto di affiancare il comico e il guru con cinque beniamini delle folle grilline: dei corpi intermedi nel movimento che non vuole mediatori. E la novità pareva più o meno digerita, anche se a fatica. Invece no. Della serie: non va mai bene niente ai grillini ormai più grillini di Grillo, quelli che già due anni fa si inalberavano sullo scontrino per la pizza troppo carica mangiata dai consiglieri regionali siciliani (per non dire delle spese dei parlamentari). Ed ecco infatti che la portavoce di turno del M5s alla Camera, Fabiana Dadone, si indispettisce per via di quel Di Maio, membro del Direttorio, che sale sul Colle con Grillo e Casaleggio (problema di metodo e di merito, è la critica, ché i due portavoce di Camera e Senato, secondo “l’uno vale uno”, dovrebbero far parte della delegazione). L’idea di essere per forza di cose un partito come gli altri cozza contro il sogno (infranto) di diversità dal basso. C’è chi mette il muso, e il risultato, ohimé, è nuovamente comico nel Palazzo a Cinque Stelle dell’ex comico.
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