La sacrosanta eliminazione di Arianna a Masterchef e la svolta (vincente?) di Nicolò
In un’edizione dove le carte si sono ben mescolate e non è emerso nessuno che sopravanzasse di qualche spanna gli altri, inizia solo ora a delinearsi la possibile griglia finale. Intanto è stata eliminata la versione femminile di Gualtiero Marchesi dopo un filetto di carne sormontato da caviale di lumache e adagiato su uno zabaione zuccherino mescolato ad acciughe salate.
Alla fine sembrava fosse stata eliminata la versione femminile di Gualtiero Marchesi. Gli chef che tributavano l’onore delle armi ad Arianna, glorificando il meglio messo in mostra in questi due mesi dalla concorrente romana (il brodetto allo zafferano è stato pietosamente ignorato nell’album dei ricordi in bianco e nero), i nemici-amici che dalla piccionaia applaudivano poco convinti. Tutti che s’erano dimenticati della schifezza che poco prima, la stessa Arianna, aveva osato servire ai giudici di gara: un filetto di carne sormontato da caviale di lumache (dicono sia terroso e sappia di erba, non si capisce dunque dove risiederebbe tutta ‘sta eccellenza italiana) e adagiato su uno zabaione zuccherino mescolato ad acciughe salate. Cracco, in un momento di bontà insperata, ha parlato di “montagne russe” del sapore. Lei, convinta d’essere la mejo lì dentro, rispondeva che a lei piaceva e che c’era poco da discutere. Poco dopo avrebbe mandato a quel paese il trio giudicante, che pure era accorso in suo soccorso per evitarle di combinare le solite cavolate tra le pentole. Eliminazione sacrosanta, che sarebbe dovuta arrivare ben prima, ma che per imperscrutabili sentieri della vita (e della fiction) non s’è concretizzata che al limitare della semifinale. Quando cioè sarebbe stato troppo abnorme presentare lei e il catechista Paolo mezzo tigre e mezzo coniglio (sua definizione) tra i quattro top dell’edizione numero 4 di Masterchef Italia.
Nicolò e Arianna di Masterchef Italia
In un’edizione dove le carte si sono ben mescolate e non è emerso nessuno che sopravanzasse di qualche spanna gli altri, inizia solo ora a delinearsi la possibile griglia finale. Diciamo che il pettinatore di polli Nicolò, espertissimo di volatili e convinto di vincere ogni prova – salvo poi sbagliare la cottura della beccaccia che, come Maestro Barbieri spiegava, al sangue fa schifo – pare aver svoltato. Ha vinto l’Invention test nonostante ci fossero le lumache che lo fanno vomitare e, soprattutto, ha convinto i tre misteriosi ispettori senza volto seduti in una stanza buia con quadri appesi alle pareti che sembrava il set di Eyes Wide Shut o la sala deputata alla riunione di qualche loggia massonica. I tre, elegantissimi e misteriosi, per dare un voto dovevano disegnare su dei banalissimi taccuini stile Moleskine di Hemingway dei gigli. Tipo quelli che si vedono sugli ermellini dei re di Francia pre-rivoluzionari o sul gonfalone di Firenze. Forse, l’unica persona che potrà sbarrae la strada a Nicolò è Amelia, bravissima a cuocere il pesce perché glielo ha insegnato papà e furba nell’”aprire il raviolo” come solo Marchesi sa fare. Stefano? Boh. A parte il sudore con cui condisce le pietanze, va troppo spesso in tilt, alternando buoni piatti a epic fail.
In un’edizione che tanti hanno definito troppo uguale alle altre, con il rischio che alla lunga il format possa stancare anche i più affezionati cultori del prodotto, c’è in realtà stata una grande novità: per la prima volta, nessun ripescaggio di concorrenti precedentemente eliminati.
Il Foglio sportivo - in corpore sano