Angela Merkel (foto LaPresse)

Un breviario di "tedesco" per capire la crisi greca

Alessandro Alviani

Dagli "Hausaufgaben", gli ormai famosi “compiti a casa”, al "den Gürtel enger schnallen", tirare la cinghia, ecco i termini e le espressioni usate in Germania quando si parla di Grecia. Frasi fatte, immagini stereotipate che arrivano  dal linguaggio o dal sentire quotidiano e incarnano una serie di comportamenti auspicabili oppure inaccettabili per i tedeschi stessi.

In principio furono gli Hausaufgaben, gli ormai famosi “compiti a casa” sollecitati da Angela Merkel. Non ci sono però solo quelli: nella prima economia di Eurolandia il dibattito politico e giornalistico sulla Grecia e sul futuro dell’Eurozona è plasmato da frasi fatte, immagini stereotipate, espressioni retoriche o singoli termini che arrivano direttamente dal linguaggio o dal sentire quotidiano e incarnano una serie di comportamenti auspicabili oppure inaccettabili per i tedeschi stessi. Sono espressioni che, a volte, finiscono per ostacolare una discussione aperta e non ideologica e possono aiutare in parte a comprendere alcune posizioni o rigidità tanto biasimate all’estero. Ecco una breve panoramica, che non ha pretesa di esaustività.

 

Über seine Verhältnisse leben (vivere al di sopra delle proprie possibilità): "Il problema è che la Grecia vive da tempo al di sopra delle proprie possibilità e che non c’è più nessuno che voglia prestarle soldi senza le garanzie altrui", ha spiegato all’inizio della scorsa settimana il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble in un’intervista alla radio Deutschlandfunk. "Non si può vivere alla lunga al di sopra delle proprie possibilità", ha aggiunto. Il principio, che vede nei debiti qualcosa da evitare in quanto rischioso e destabilizzante, trova il suo corrispettivo nell’immagine della schwäbische Hausfrau, (la “casalinga sveva”), assurta a virtuosa incarnazione della gestione parsimoniosa delle proprie finanze. Un’immagine particolarmente popolare nella Cdu: "Sarebbe bastato chiedere a una casalinga sveva, ci avrebbe detto una massima di vita tanto breve quanto giusta: alla lunga non si può vivere al di sopra delle proprie possibilità. Questo è il nocciolo della crisi", spiegava Merkel a fine 2008. Mia madre era una vera casalinga sveva, ricorderà in seguito lo stesso Schäuble: una volta non aveva monete per il parchimetro, ha parcheggiato lo stesso e il giorno dopo è tornata per pagare.

 

Ben meno poetica l’immagine che riassume le conseguenze per chi non ha ascoltato i consigli della casalinga sveva: den Gürtel enger schnallen, cioè tirare la cinghia, in quanto a lungo andare non si può “vivere a spese degli altri” (auf Kosten anderer leben). Quella di aver vissuto per anni a spese degli altri è un’accusa rivolta ai greci che circola da tempo ad esempio tra i commenti dei lettori di quotidiani e siti tedeschi.

 

Nel dibattito si inseriscono poi altre espressioni stereotipate proprie della vita quotidiana. "Neanch'io vorrei fare alcune cose che devo fare" (sottinteso: eppure le faccio), "prima o poi dovrà capirlo anche lui", spiegava alcuni giorni fa a Deutschlandfunk il responsabile Bilancio della Cdu/Csu al Bundestag, Norbert Barthle, parlando di Alexis Tsipras. Una frase che potrebbe arrivare tal quale da un qualsiasi impiegato tedesco insoddisfatto del proprio lavoro.

 

Lo stesso appellativo con cui la Bild definisce da anni i greci, cioè Pleite-Griechen, “greci-falliti” (“Finalmente qualcuno dice di NO ai greci falliti, la Germania dice: Grazie, Wolfgang Schäuble!” titolava la scorsa settimana il quotidiano scandalistico), assume un valore più ampio se lo si inserisce in un contesto che mal tollera i fallimenti: in Germania fallire nell’ambito lavorativo viene vissuto come un tabù, una macchia difficile da scrollarsi di dosso.

 

Austerität è invece un termine che è entrato soltanto di rimbalzo nel dibattito politico e giornalistico tedesco. "Nella lingua tedesca la parola ‘Austerität’ neanche esiste", spiegava nel maggio del 2013 l’allora ministro degli Esteri Guido Westerwelle, nel tentativo di confutare l’immagine di una Germania indifferente alle ragioni della crescita e legata al “dogma dell’austerità”. Nel corso degli ultimi cinque anni, chiariva un mese prima Angela Merkel, "ho imparato due parole che non avevo mai utilizzato prima". La prima è ‘economia reale’, "la seconda è stata ‘austerità’. Fino ad allora si diceva 'consolidamento di bilancio' 'amministrare in modo solido' o 'non fare debiti'".

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