Cosa ci dice la rotta degli tsiprioti
Syriza vincente: Landini&Salvini farebbero la ruota in tv. Invece - di Giuliano Ferrara
Se il governo greco di Alexis Tsipras avesse strappato al Finanzminister Wolfgang Schäuble non dico i contenuti promessi nel programma elettorale di Salonicco ma almeno un tagliettino del debito e la riapertura del rubinetto della spesa pubblica, e per le riforme turbocapitalistiche si vedrà, sinistra militante, populisti della destra caciarona e capitale liberal oggi griderebbero alla morte dell’austerità, i marxisti celebrerebbero il Minotauro sconfitto, Papa Francesco predicherebbe il miracolo della povertà risanata, e Maurizio Landini farebbe la ruota in tv con il chiassoso Matteo Salvini per chiedere a Matteo Renzi di andarsene a casa. Ma non è andata propriamente così, basta leggere la lettera di Yanis Varoufakis all’eurogruppo con la lista delle riforme da fare e dei conti da tenere a posto, le osservazioni a baffo moscio di Mario Draghi e Christine Lagarde per la Bce e il Fmi, per non dire dello sdegno del venerato combattente Manolis Glezos contro le promesse tradite di Syriza.
La Grecia è un paese da amare e la sua sofferenza sociale smuove anche i meno compassionevoli, ma la sconfitta della sinistra sexy e antagonista, per la prima volta al governo in Europa in un concerto di vocianti populismi rossoneri, di antipolitica e di capitalisti in fregola di rivoluzione contro i rischi fatali della finanza, ha qualcosa da dirci. Non si può tutelare la sovranità con i soldi degli altri. Ciò che si è messo in comune si gestisce con regole comuni, e non puoi considerarti quando conviene un’eccezione. Il moralismo antidebito è un’eresia protestante, ma le banche devono essere solvibili. Se un elettorato vuole insieme il programma di Salonicco (36 per cento) e la permanenza nell’euro (80 per cento), la quadratura del cerchio non si fa: o l’uno o l’altra. Bisogna scegliere. Quando i tedeschi furono salvati, anche con soldi greci (1953), esisteva ancora il sistema europeo degli stati, con la sua misura di sovranità nazionale e di interesse nazionale, e quella forma politica non esiste più. C’è l’eurogruppo, i ricciolini timidi di Dijsselbloem contro la pelata provocatoria di Varoufakis. Prima lo si capisce, meglio è.
[**Video_box_2**]C’è poi una conseguenza politica banale. Forse noi italiani dovremmo metterci a cantare Kumbaya (Come by here, my Lord) come scout in un campfire, e ringraziare di avere avuto tanta saggezza da scegliere un Renzi invece che un Vendola, un Monti che con la Fornero ci ha evitato la Troika avviando qualcosina del nostro memorandum (la lettera Bce dell’agosto del 2011), e perfino il giovane Letta con il suo cacciavite a 19 stelle. Gli tsiprioti hanno aperto un varco, si dice; sì, certo, un varco alla prudenza politica, nel senso che hanno capito in zona Cesarini quanto fosse preferibile vivere o vivacchiare di riforme (vedremo) che morire di fame o di corsa agli sportelli o di svalutazione selvaggia con un eventuale Grexit. Soros si augurava l’esito infausto, per fatti suoi, ma è finita altrimenti.
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