Morire di opposizione in Russia
Mosca ha accolto esterrefatta la notizia dell’assassinio dell’ex vicepremier e oppositore del Cremlino, Boris Nemtsov, in un agguato ieri nella tarda serata a Mosca. Medvedev chiede chiarezza, Putin ha condannato la vicenda: "Provocazione".
“Ho paura”. “Questo è un giorno terribile”. “Mi manca il fiato”. Poche parole e forte shock sono le reazioni con cui, questa mattina, la gran parte dei moscoviti sui social network ha accolto la notizia dell’assassinio dell’ex vicepremier e oppositore del Cremlino, Boris Nemtsov, freddato in un agguato ieri nella tarda serata a Mosca, a due passi dalla piazza Rossa. Le foto del suo cadavere, con quattro colpi di pistola nella schiena e circondato dalla polizia, hanno fatto il giro della rete, in una macabra e suggestiva sequenza, in cui il corpo giace sullo sfondo delle folli cupole della cattedrale di San Basilio e delle mura del Cremlino, adagiate lungo il fiume Moscova.
Il premier Dmitri Medvedev ha chiesto che si faccia subito luce sull’accaduto e si individuino i responsabili. Ma quello di Nemtsov ricorda troppo altri omicidi politici - come quello della giornalista Anna Politkovskaya nel 2006 - che in Russia non hanno mai avuto giustizia. Anche se questo assassinio è il prima di una figura di così alto livello politico dal crollo dell’Urss, 24 anni fa.
Le indagini per l’omicidio, che secondo la polizia potrebbe essere stato eseguito “su commissione”, sono ora sotto il diretto controllo del presidente della Federazione. Vladimir Putin - che ha incaricato di occuparsene il capo del Comitato investigativo, il ministero dell’Interno e la squadra indagini dell’Fsb - ha subito condannato la vicenda, affermando che con ogni probabilità si tratta di una “provocazione”, in vista della protesta indetta dall'opposizione per domani contro le politiche del governo e la crisi nel Paese. La ‘Marcia di primavera’- come l’avevano battezzata i suoi organizzatori, tra cui lo stesso Nemtsov - è stata, però, cancellata. I leader dell’opposizione di piazza sono intenzionati piuttosto a svolgere una “marcia funebre” in centro e non nel periferico quartiere di Marino (dove avevano avuto l’autorizzazione). Il comune ha già avvertito che ogni cambio di programma sarà ritenuto ‘illegale’ e per ora non è chiaro se e dove si terrà la manifestazione.
Atletico, donnaiolo e sanguigno, Nemtsov (55 anni e quattro figli), è stato sempre in prima fila nelle manifestazioni anti-Putin, che tra il 2011 e il 2012 avevano animato la cosiddetta ‘rivoluzione della neve’, facendo sperare in un risveglio della società civile, poi rapidamente repressa dal potere centrale. Autore di diversi libri e rapporti sulla corruzione nel Paese, stava preparando un dossier sulla presenza dell’esercito russo in Ucraina dell’Est, rivelando particolari compromettenti per le autorità del suo Paese, le quali continuano a negare ogni coinvolgimento nella guerra in Donbass. Si sentiva in pericolo e nei giorni scorsi, parlando con un giornalista, aveva detto di temere che Putin volesse ucciderlo.
L’opinione pubblica è divisa tra chi sostiene la tesi della “provocazione per cercare di destabilizzare la Russia” - come ha detto anche l’ex presidente sovietico Mikhail Gorbaciov - e chi ritiene sia solo l’inizio di una violenta repressione dell’opposizione voluta dall’alto. “Siamo a un nuovo livello, ma per quanto può suonare triste, dobbiamo aspettarci un proseguimento perché questo è il modo in cui oggi opera la Russia”, ha denunciato Vladimir Milov, ex vice ministro dell’Energia e collaboratore di Nemtsov.
Al di là di chi sia il mandante, quello che spaventa di più alcuni analisti è il livello di aggressività, a cui è arrivata la società russa sotto la spinta della martellante propaganda militarista, che dall’annessione della Crimea in poi viene diffusa ogni giorno dalle tv in tutto il Paese. “E’ una guerra fredda civile”, commenta al Foglio Yuri Saprykin, ex direttore del magazine Afisha e attento osservatore dei costumi russi, secondo il quale “il problema maggiore della Russia oggi è la guerra, la forte mobilitazione della società e l’alto desiderio di vendetta verso l’Occidente, per il fatto che l’amore tra di noi non ha funzionato”.“Per il Paese girano questi invasati, sostenitori dei separatisti ucraini e della logica dei ‘nemici della patria’ pronti a tutti”, continua il giornalista, ricordando che solo una settimana fa per le strade di Mosca si è svolta una manifestazione da 35.000 persone contro le ‘rivoluzioni colorate’ in Russia che inneggiava alle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e sputava veleno contro gli Usa e l’Occidente. Anche secondo i sociologi, in un anno la Russia si è trovata divisa lungo una vero e proprio fronte: per Putin o contro Putin, per la Russia o per Occidente. “Sono state annullate le, seppur lievi ma un tempo esistenti, differenze ideologiche. Tutta la vita sociale, oggi, è divisa in questo confronto fittizio tra Russia e Occidente, di cui ora il campo di combattimento è in Ucraina, ma in futuro potrebbe essere ovunque”, spiega Saprykin. A suo dire, “se questo confronto tra ‘noi e voi’, si sposterà dentro i confini russi in modo più attivo, bisognerà aspettarsi scenari catastrofici”. La differenza con la propaganda dell’Urss? “Con quella che ricordo io, degli anni ’80 e ’90, è che molti guardavano con cinismo e distacco ai discorsi ufficiali, mentre oggi la gente ci crede veramente”.
#Nemtsov questa mattina era la quarta tendenza su Twitter a livello mondiale, la prima in Russia. Ma si tratta di cifre che danno il polso solo delle grandi città in Russia, la maggior parte del Paese - dove in molti casi la gente lavora a quattro giorni di treno da casa - non prova la minima indignazione per quanto accaduto. Su Facebook una ragazza europea in viaggio lungo la Transiberiana racconta i commenti dei passeggeri saliti alla stazione di Chita: “Si ammazzassero tra loro i politici, sarebbe meglio per tutti”.
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