Renzi for dummies
Dove va il governo. Le trappole. I passaggi decisivi. Il rapporto con Forza Italia. Nuove diarchie - di Claudio Cerasa
Renzi for dummies. Dove va il presidente del Consiglio? Oggi le partite importanti sono tre. Riforme istituzionali, calendarizzate al Senato il 9 e il 10 marzo. Riforma elettorale, ultimo voto previsto entro l’estate. Riforma sul lavoro, con il Jobs Act approvato alla Camera su tutele crescenti e Aspi, con alcuni passaggi ancora in esame (semplificazione contrattuale) e con il pacchetto sulla cassa integrazione (centrale) che dovrà essere messo a tema prima dell’estate. Ok. E i problemi dove sono? Perché c’è questa confusione a sinistra? E che ci fanno Bersani e Brunetta lingua nella lingua? I problemi di Renzi, veri, sono al Senato.
La maggioranza c’è ma è aggrappata a una manciata di voti e per questo il Pd sta cercando di fare scouting tra i gruppi parlamentari (non con grande successo). Il problema, rispetto alle riforme istituzionali, resta sempre lo stesso: numericamente le riforme possono passare; politicamente, è complicato immaginare che passino senza Forza Italia. E come si recupera il rapporto? Intanto, cosa che Renzi non fa, servirebbe una telefonata del presidente del Consiglio ad Arcore (il numero dovrebbe conoscerlo) e creare le basi per un nuovo patto. Da cosa si può ripartire? Semplice: legge elettorale. Con una mossa che costituisce anche il non detto della possibile intesa tra una parte di Forza Italia e la minoranza del Pd: la possibilità per le liste non coalizzate al primo turno di apparentarsi al ballottaggio. Difficile, non impossibile. Ma vuole solo questo la minoranza del Pd? No. Bersani e compagnia vorrebbero aumentare le preferenze sulla legge elettorale. Lo vogliono – anche se anni fa Bersani e compagnia dicevano l’opposto – per una ragione semplice: con una legge elettorale che dà tutto il potere al segretario, nelle liste potrebbe essere schiacciata ed eliminata la minoranza del Pd. Renzi conosce il ragionamento e userà questo tema (le preferenze, Berlusconi non le vuole) per riportare Forza Italia a dialogare sull’Italicum. Ci riuscirà? Più sì che no, ma non prima delle regionali (e non prima che Forza Italia torni a essere un partito, cosa che oggi non è, diciamo). E il resto? Sul Jobs Act pochi margini di manovra. Qualche manovra ci potrà essere sulla Cig (che Renzi vuole mantenere solo per i casi di riconversione aziendale) e sugli ammortizzatori sociali. Poca roba. Le manovre più gustose sono altre. Domanda: perché nell’epoca dominata da un segretario del Pd (Renzi) che aveva giurato che non avrebbe mai fondato una corrente stanno nascendo tutte queste correnti nell’area renziana? Da una parte c’è la preoccupazione per la tenuta dei gruppi parlamentari e nell’idea renziana più sono le correnti legate a Renzi più sono le possibilità di reclutare deputati e senatori fedeli al verbo della Leopolda. Il secondo spunto riguarda una gustosa diarchia.
[**Video_box_2**] Due mondi da tenere in considerazione. Il primo è formato dai renziani che parlano la stessa lingua di Renzi e che non hanno bisogno di contarsi per pesarsi (Lotti, Boschi). Il secondo è quello dei renziani di secondo grado: pesa senza aver bisogno di contarsi ma se si conta e si conta bene potrebbe pesare qualcosa di più. All’interno di questo mondo è nata una corrente qualche giorno fa (Richetti-Rughetti-Guerini-Delrio). E’ la prima, non sarà l’ultima. Renzi proverà a rafforzarsi e forse ce la farà. Lo aiuteranno anche i dati economici (sul lavoro buone notizie in arrivo, ieri Telecom ha annunciato 4.000 assunzioni, il trend è positivo). Ma il problema di fondo resta uno. Renzi deve decidere con chi andare avanti. Se consegnarsi alla minoranza del Pd o usare Forza Italia per neutralizzare la sinistra del Pd. Il futuro del governo, e del renzismo, dipende tutto da questa mossa. Semplice no?
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