La biblioteca di Dio
Da cinque secoli “contamina” lingue, fedi e culture: un miracolo che torna a vivere a Gerusalemme. Tra i suoi libri, un Vangelo in arabo e latino.
E’ un’antica edizione bilingue dei Vangeli, redatta in arabo e in latino, il titolo esatto è proprio Evangelia arabica et latina. E’ stata stampata a Roma nella Tipografia Medicea Orientale, la raffinata stamperia creata dal cardinale Ferdinando de’ Medici a fine Cinquecento su richiesta di Papa Gregorio XIII appositamente per pubblicare libri religiosi e scientifici nelle lingue orientali, e specialmente in arabo. Il Vangelo in arabo e latino è del 1591, pubblicato sul finire del breve regno di Gregorio XIV, Papa lombardo di nobile casata, uomo pio e discepolo di san Carlo Borromeo. Per molti secoli una copia di questo splendido volume – il cui valore culturale, per il tentativo di mettere in comunicazione due culture così distanti, può legittimamente apparire a noi, oggi, addirittura superiore a quando fu prodotto – è stata custodita, o forse è rimasta sepolta, nella grande Biblioteca della Custodia di Terrasanta a Gerusalemme, nel convento di San Salvatore. A occuparsi della traduzione in lingua araba dei testi sacri cristiani il cardinale Medici aveva chiamato un grande orientalista, Giovanni Battista Raimondi. La traduzione del Vangelo fu una delle sue prime imprese. Il Vangelo in due lingue era stato stampato nella città del Papa, in arabo e con il testo latino in interlinea, e spedito laggiù. Non già, come qualcuno potrebbe pensare, per sostenere il proselitismo tra i musulmani, con spirito di conquista, ma per predicare ai cristiani di lingua araba che vivevano in Palestina. Al tempo in cui, presumibilmente, gli Evangelia arabica et latina arrivarono a Gerusalemme, i figli di san Francesco erano già lì da oltre tre secoli. Appena stabiliti in Terrasanta – il viaggio di Francesco alla Quinta crociata per incontrare il Sultano è del 1217 – iniziarono a raccogliere libri e documenti, la cosa più normale per una comunità di religiosi dediti all’apostolato. Il Convento del Monte Sion, la prima sede dei francescani a Gerusalemme, fu fondato verso il 1335. Due “note di dono” di un teologo tedesco, Johann Hennigk de Haynis, che aveva regalato due libri ai frati nell’anno 1521, sono la traccia documentale più antica che segnala l’esistenza della biblioteca: e una biblioteca che, a Gerusalemme, vive ininterrottamente per oltre cinque secoli è qualcosa di molto simile a un miracolo. Scacciati nel 1551, i francescani si spostarono nel nuovo Convento di San Salvatore. I loro libri, da allora, non si sono più mossi da lì. E’ lì che ancora vive una secolare tradizione culturale, teologica, religiosa e di intreccio tra lingue e fedi diverse di cui quegli antichi libri offrono testimonianza.
Chi volesse vedere oggi il prezioso Vangelo arabo-latino, senza recarsi a Gerusalemme, può trovarlo sul sito www.bibliothecaterraesanctae.org, dove è consultabile online il catalogo della biblioteca. Oppure può cercare, sul sito ufficiale della Custodia, alla voce “Libri ponti di pace”, un breve video che racconta della mostra di libri antichi tenutasi in occasione dell’inaugurazione della nuova sede della Biblioteca e dell’Archivio della Custodia, esattamente due anni fa, il 28 febbraio 2013. E’ il primo atto pubblico, se vogliamo chiamarlo così, di un’esperienza di valorizzazione dell’antica biblioteca iniziata quasi cinque anni fa. Originata da un breve incontro, da un piccolo spunto casuale, come capita quasi sempre alle migliori storie degli uomini. Iniziata con la visita alla biblioteca della Custodia del professor Edoardo Barbieri, ordinario di Storia del libro e dell’editoria, nonché di Bibliografia e Biblioteconomia, all’Università Cattolica. Il professor Barbieri è una corpulenta smentita all’immaginario del topo di biblioteca, non fosse per la voracità con cui si nutre di libri, anche moderni. Ha una barba professorale e occhi mobili e una stazza adeguata a comunicare il suo entusiasmo per ciò che i libri trasportano nella loro essenza materiale, e per ciò che rappresentano nella loro narrazione culturale. Il professor Barbieri ha così iniziato a collaborare con la sistemazione e la valorizzazione di quel patrimonio immenso (quasi 45 mila volumi) e un po’ acciaccato, mai studiato con criteri scientifici e moderni. Con un po’ di tempo, con sacrifici, ha coinvolto nella sua avventura alcuni studenti, neolaureati, giovani ricercatori, volontari che per brevi periodi di vacanza, per qualche periodo di volontariato più lungo, si sono impegnati (e si impegnano) a Gerusalemme, gomito a gomito con i frati della Custodia, prima con il bibliotecario fra Marcello Badalamenti e ora con il suo successore, fra Lionel Goh, in un progetto organico e ben concepito. Valorizzare il patrimonio librario e metterne a disposizione una catalogazione scientifica e funzionale a chiunque voglia fruirne. E’ nato così il progetto “Libri ponti di pace”, che ora coinvolge la Custodia, l’Università Cattolica e il Centro di ricerca europeo libro editoria (Creleb) della Cattolica, che Barbieri dirige, e sostenuto dalla ong di riferimento della Custodia, ATS pro Terra Sancta.
Sono di questi giorni le immagini delle statue distrutte dai fondamentalisti islamici dell’Is al museo di Mosul. Di poche settimane prima sono le notizie dell’immane rogo dei libri, sempre nella città martire nel nord dell’Iraq. Bruciare i libri è uno degli abissi simbolici di ogni guerra che voglia non solo modificare confini, o imporre sovranità, ma distruggere un tessuto di convivenza tra diversi. Nel 1993 i serbi bombardarono in una notte l’antica biblioteca di Sarajevo, distruggendola. In Pakistan, in Nigeria i terroristi islamici uccidono i bambini nelle scuole, rapiscono le ragazze per non farle studiare. I francescani di Terrasanta non sono ingenui irenisti. Tra i loro antichi libri c’è un grande volume illustrato che racconta l’episodio storico della strage delle vergini di Acri. Il contesto attuale del medio oriente, forse per la prima volta da secoli, è radicalmente nemico di ogni convivenza, di ogni coabitazione tra culture e fedi diverse. Un contesto, secondo molti osservatori, segnato da una volontà (islamica) di pulizia etnica e culturale estranea alla lunga, e pur complicata e raramente pacifica coabitazione dei popoli mediorientali. Anche i libri, in questo contesto, sono per qualcuno minaccia e fonte di discordia.
Perché mai coltivare un progetto così, che si chiama “Libri ponti di pace”, in un simile momento storico? Il professor Barbieri preferisce lasciarlo dire a padre Pierbattista Pizzaballa, il Custode di Terrasanta, con le parole che ha usato lo scorso ottobre, alla presentazione della mostra “MFH Manuscripta Franciscana Hierosolymitana”, dove è stato esposto il meglio degli oltre cinquecento manoscritti dall’XI secolo all’età moderna della Biblioteca. “Dall’esposizione dei manoscritti emerge un aspetto importante e significativo della storia della Terra Santa: l’intreccio di culture e fedi – ha detto Pizzaballa. Testi arabi scritti con caratteri ebraici, un’enciclica tradotta in turco e scritta con l’alfabeto armeno… In un contesto, storico e politico come il nostro, in cui dei fanatici cercano di distruggere ogni coesistenza, è importante mostrare che la storia ci ha consegnato un’eredità diversa, non solo da conservare, ma da trasmettere con caparbietà e cioè che qui, in medio oriente, le culture e le diverse fedi hanno veicolato e costruito relazioni, si sono sempre ‘contaminate’ le une con le altre. Questi libri ne sono la prova formale ed è essenziale continuare a far conoscere questa storia con il vostro e nostro lavoro”. Ma sarebbero perfette anche le parole pronunciate da Pizzaballa due anni fa, inaugurando la biblioteca ristrutturata: “In tempi difficili come questi, con crisi politiche ed economiche che attanagliano e rendono difficile la vita di molte famiglie in tutto il mondo, dove le comunità cristiane del medio oriente sono in difficoltà di ogni genere e le crisi identitarie sono evidenti, può sembrare un lusso investire in biblioteche o archivi, libri impolverati e documenti, che solo pochi studiosi forse scruteranno. Non sarebbe meglio spendere questi soldi per i poveri (Gv 12, 5)? Credo che non si potrebbe fare un errore di valutazione peggiore di questo. Nei libri, nei documenti, negli archivi, in poche parole nella nostra storia vi è anche il nostro futuro. Proprio in questi tempi così difficili, è necessario mettere a fuoco la nostra identità, avere chiara la percezione della realtà, essere capaci di visione, darsi prospettive. Conoscere il nostro passato, studiare la nostra storia ci farà capire che in fondo nulla è poi così nuovo, e che certe dinamiche sono costanti nella nostra Terra; ci consentirà di dare alle crisi e ai problemi attuali le giuste proporzioni e le giuste distanze; ci aiuterà a definire e interpretare meglio i bisogni, tutti i bisogni di questa Terra. E non c’è bisogno solo di pane, ma anche di senso”.
[**Video_box_2**]Chi si accosti oggi alla Biblioteca della Custodia, anche in modo virtuale, attraverso il sito che il progetto “Libri ponti di pace” sta rendendo sempre più funzionale, non può evitare di pensare a uno scrigno prezioso. Come, e più, di quanto accada normalmente quando ci si accosta a una antica raccolta di manoscritti o volumi a stampa. L’opera di catalogazione e valorizzazione è tuttora in corso, richiederà ancora tempo e passione, ma alcuni passi decisivi sono stati conclusi. Come la catalogazione del fondo dei manoscritti, che contiene non solo libri sacri e devozionali, ma anche ricettari medici, un commentario al Corano in arabo, trattati di medicina araba, testi armeni, in ebraico, in etiope. E’ stato completato anche il catalogo dei libri quattrocenteschi e cinquecenteschi, di cui fa parte il famoso Vangelo bilingue. Vi si trovano perle rare, una varietà di libri incredibile per la vastità di orizzonti e di interessi culturali e di relazioni di cui danno testimonianza. C’è una Grammatica Syriaca stampata a Roma. C’è uno straordinario libro che narra Del viaggio di Terra Santa. Da Venetia, à Tripoli, di Soria per Mare, & di la per terra à Gierusalemme, per la Città di Damasco, & per le Provintie dell’Iturea, Galilea Superiore, & Inferiore, Samaria, & Giudea, col ritorno in Christianità, per via di Costantinopoli, stampato a Novara nel 1596. Ci sono Gli otto libri della repubblica, che chiamano Politica di Aristotele, stampato a Venezia nel 1547. E il Liber canonis, de medicinis cordialibus, et cantica di Avicenna tradotto in latino e stampato a Venezia. C’è una Bibbia in greco, stampata a Frankfurt am Main nel 1597. E una Bibbia in inglese “translated according to the Ebrew and Greeke, and conferred with the best translations in divers languages”, del 1583. E una Grammatica arabica in compendium redacta, prodotta dalla Tipografia Medicea Orientale.
Se c’è un aspetto che rende straordinario il patrimonio della Biblioteca della Custodia, e meritorio il tentativo del professor Barbieri e dei suoi giovani collaboratori, è proprio la capacità di illuminare il rapporto e l’interscambio tra etnie, culture, lingue, religioni e la loro capacità di coesistere che è alla radice del mondo mediorientale. Ed è proprio ciò che emerge da una sezione particolarissima del patrimonio della biblioteca, ancora ci si sta lavorando, che raccoglie gli “Itinera ad loca sancta”, ovvero i libri, i manoscritti di ogni epoca e altro materiale che testimonia lungo i secoli il “Viaggio” in Terrasanta. Nel catalogo digitale già disponibile sono comprese tutte le edizioni stampate a cavallo tra il XV e il XVIII secolo, conservate presso le due Biblioteche francescane di Gerusalemme – oltre alla Biblioteca nel Convento di San Salvatore, esiste quella dello Studium Biblicum Franciscanum, nel Convento della Flagellazione. E’ in questi libri, in questi diari, in questi appunti e in queste preghiere scritti in tutte le lingue mediorientali e con tutti gli alfabeti, e in queste immagini e schizzi tratteggiati a mano che prende forma un patrimonio culturale unico. Salvare i libri è anche salvare la ricchezza linguistica, cioè proprio la base di coesistenza che oggi si vorrebbe distruggere. Latino, greco, ebraico, arabo, armeno, etiope, siriano, turco. Libri in turco scritti in caratteri armeni, manoscritti etiopi anche di epoca moderna. Questo sono i 45 mila volumi della Biblioteca della Custodia: “E’ la storia della chiesa in Terrasanta”, come sintetizza fra Lionel Goh. Non sarà un caso se la prima tipografia a Gerusalemme che stampa caratteri arabi sarà costituita, nel 1840, dai francescani.
Esiste anche, emerso dai meandri di una storia che è anche materiale, non solo spirituale, un fondo di “Medicina e farmacopea”. Sono circa 450 opere, tra libri antichi e libri moderni. Volumi che appartenevano alla farmacia del Convento di San Salvatore. La presenza dei francescani a Gerusalemme è legata infatti all’infermeria e alla cura dei pellegrini, e molti volumi sono doni di pellegrini come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta. Anche per questa sezione, affascinante ad esempio per le illustrazioni antiche, verrà organizzata una mostra. Ma più della ricchezza antica, sottolinea il professor Barbieri ogni volta che si appassiona al racconto della sua avventura gerosolimitana, ciò che conta è la storia presente di questa piccola, intelligente idea di valorizzazione di una ricchezza comune, che davvero sta costruendo ponti di pace, cioè un tessuto di relazioni tra persone che oggi non coinvolge più soltanto i protagonisti iniziali, ma si sta aprendo a rapporti con gli esponenti di altre religioni e culture che da secoli convivono, a volte ignorandosi, a volte frequentandosi, a Gerusalemme.
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