Spesa pubblica, dirigismo e nazionalizzazioni. Il programma economico di Podemos

Luciano Capone

La vittoria in Grecia di Alexis Tsipras ha dato forte impulso ed entusiasmo a Podemos, la nuova formazione politica spagnola di sinistra radicale che raccoglie consensi crescenti, tanto da essere in testa alle intenzioni di voto secondo diverse rilevazioni.

    La vittoria in Grecia di Alexis Tsipras ha dato forte impulso ed entusiasmo a Podemos, la nuova formazione politica spagnola di sinistra radicale che raccoglie consensi crescenti, tanto da essere in testa alle intenzioni di voto secondo diverse rilevazioni. Circa 100mila militanti del partito guidato da Pablo Iglesias si sono riversati sabato nelle strade di Madrid per la “marcha del cambio”, conclusasi nella Puerta del Sol, il luogo simbolico da dove tutto è partito con la protesta degli “Indignados” nel 2011. Podemos è nato solo un anno fa ma ha ottenuto l’8 per cento alle ultime europee e oggi viene data oltre il 25 per cento, una crescita molto rapida che ricorda l’exploit delle due formazioni a cui il partito si ispira, Syriza e il Movimento 5 Stelle. Come il partito di Tsipras mantiene una connotazione fortemente di sinistra, come quello di Beppe Grillo fa della lotta alla “Casta” del Pp e del Psoe un punto centrale della propria retorica e come entrambi è nemico dell’austerity e di Angela Merkel, della Troika e del “capitalismo finanziario”. Il programma economico di Podemos ricalca a grandi linee le proposte di Alexis Tsipras ed è connotato per una forte presenza diretta e indiretta dello Stato in economia, anche se nelle 36 pagine del “Documento final del programa colaborativo” non si scende nel dettaglio numerico, quanto costano le nuove maggiori spese e quali sarebbero le coperture.

     

    Politica industriale alla “no logo”

    La guida dell’economia torna nelle mani dello Stato che attraverso piani di investimento pubblici deve creare “posti di lavoro di qualità” e riconvertire il modello produttivo verso un’economia basata sui criteri della “responsabilità sociale, etica e ambientale”. Lo Stato deve riprendere il controllo dei “settori strategici” dell’economia: telecomunicazioni, energia, alimentare, trasporti, sanità, farmaceutica, educazione. Il controllo delle imprese strategiche può avvenire con la nazionalizzazione di una quota di maggioranza delle imprese esistenti, oppure attraverso la creazione di nuove imprese statali. In ogni caso tutte le imprese strategiche devono essere dotate di uno statuto che imponga come finalità l’accesso universale per i cittadini (niente più alla logica del profitto). Ovviamente alle nazionalizzazioni si affianca la fine delle privatizzazioni delle imprese statali, che al limite possono essere vendute solo dopo un referendum. L’intervento dello Stato è inoltre volto a frenare il potere e i privilegi delle multinazionali e al sostegno delle piccole e medie imprese, ad esempio preferendole nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. Sempre in quest’ottica il partito di Iglesias propone una riforma del sistema finanziario, nel senso di una “democratizzazione” di banche e casse di risparmio, e la creazione di una banca pubblica che finanzi a tasso privilegiato le imprese e i settori esclusi dal mercato del credito. Saranno vietati gli strumenti propri della “speculazione finanziaria”.

     

    “Lavorare meno, lavorare tutti”

    All’insegna del motto “lavorare meno, lavorare tutti”, Podemos vuole ridurre l’orario di lavoro a 35 ore settimanali, secondo il modello francese (nonostante in questi tempi anche in Francia si cerchi di tornare indietro), per redistribuire equamente il lavoro e la ricchezza, favorendo la “riconciliazione familiare”. Un punto centrale è l’abrogazione di tutte le “riforme strutturali” approvate da Mariano Rajoy, dalla maggiore flessibilità in uscita alla contrattazione aziendale, per combattere la precarietà e la disoccupazione. Per lo stesso motivo verranno chiuse le Ett (Empresas de trabajo temporal), le agenzie interinali.

     

    Pensioni e salari più alti

    Anche Iglesias propone sul modello greco un incremento significativo del salario minimo, che attualmente in Spagna si aggira attorno ai 750euro mensili, e l’introduzione di un salario massimo per evitare troppa disparità tra i dipendenti. Oltre all’aumento del salario minimo per chi lavora, c’è l’introduzione di un reddito minimo garantito “para todos” (“per ogni cittadino per il solo fatto di esserlo”) pari almeno alla soglia di povertà, in modo di assicurare una vita dignitosa a tutti. Ovviamente Podemos specifica che questo reddito di cittadinanza non sostituisce lo “stato sociale” che va implementato, garantendo sanità, trasporti e istruzione a tutti. È previsto anche un aumento delle pensioni, che devono essere pubbliche e non contributive, con un assegno minimo pari al salario minimo. Si va in pensione meglio e prima, perché nel programma c’è anche l’abolizione della riforma delle pensioni e l’abbassamento dell’età pensionabile da 67 a 60 anni.

     

    Europa, lotta all’austerity

    Lotta dura all’austerity, ai diktat della Troika e della Germania. Iglesias propone prima un ripudio del debito pubblico e privato considerato illegittimo (con persecuzione dei responsabili, in stile Beppe Grillo) e poi una ristrutturazione della parte restante attraverso una conferenza del debito à la Tsipras con gli altri paesi dell’Unione Europea. La fine dell’austerity passa sul fronte interno dall’abrogazione dell’articolo 135 della costituzione, introdotto in accordo con l’Europa per porre dei limiti al deficit e su quello esterno attraverso una riforma radicale della Bce. Bisogna modificare lo statuto della banca centrale sostituendo il principio dell’autonomia con quello della subordinazione all’autorità politica: l’obiettivo che deve guidare le scelte di Mario Draghi non dovrà più essere la stabilità dei prezzi, ma la piena occupazione, la prevenzione da attacchi speculativi e il sostegno alla spesa pubblica degli Stati attraverso l’acquisto diretto di titoli di stato “senza limiti”. Per mettere un freno alla speculazione, c’è anche l’idea di creare un’agenzia di rating pubblica europea che sostituisca “le tre private che oggi dominano la politica economica europea”.

     

    Fisco, dàgli all’evasore globale

    Le spese saranno finanziate attraverso la lotta all’evasione fiscale e una tassazione più progressiva. Da un lato inasprimento dei reati fiscali dai 50mila euro in su e “eliminazione dei paradisi fiscali nell’Ue”, dall’altro introduzione della Tobin tax sulle transazioni finanziarie, aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie e sulle imprese, tassa sui grandi patrimoni, aliquote più progressive sui redditi e aumento dell’Iva al 35 per cento sui beni di lusso.

    • Luciano Capone
    • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali