Così evolve la ripresa spagnola

Andrea Giuricin
La Spagna è presa spesso come esempio per le riforme effettuate dal governo guidato da Mariano Rajoy. Effettivamente il paese iberico sta sperimentando una delle maggiori crescite economiche a livello europeo. E la Banca centrale europea… approva.

Barcellona. La Spagna è presa spesso come esempio per le riforme effettuate dal governo guidato da Mariano Rajoy. Effettivamente il paese iberico sta sperimentando una delle maggiori crescite economiche a livello europeo, molto meglio di tanti altri paesi. Mentre l’Italia arranca con previsioni di crescita per il 2015 comprese tra lo 0,5 e lo 0,7 per cento annuo, le stime per la Spagna evidenziano un incremento del prodotto interno lordo compreso tra il 2,5 e il 2,8 per cento annuo. La riduzione delle tasse in questo anno elettorale, insieme al Quantitative easing di Mario Draghi e alla riduzione del prezzo del petrolio, sono la benzina per un motore “riformato”.

 

Le riforme, parola tanto declamata dai nostri politici, in Spagna sono state fatte. Questo non significa che tutti i problemi siano risolti, anzi. Tuttavia la riforma del lavoro, la diminuzione del carico fiscale per i nuovi assunti e per le imprese, la riforma delle cajas pubbliche e la creazione di una "bad bank" – su impulso di Bruxelles e con capitali comunitari –, un incremento della spesa pubblica limitata dal governo conservatore di Rajoy con la riduzione degli stipendi pubblici, hanno permesso al paese iberico di ripartire. Da Gennaio 2014, mese in cui si può notare la svolta, ad oggi, la Spagna ha creato 659 mila nuovi posti di lavoro e la crescita dell’occupazione continua. Il turismo è uno dei motori della crescita, mentre anche il settore della costruzione ha ripreso fiato dopo anni tragici. Mentre il numero di turisti stranieri ha battuto i record, superando nel 2014 i 60 milioni di visitatori – l’Italia si ferma ben sotto la barra dei 50 milioni di visitatori stranieri annui – anche il numero di occupati nel settore della costruzione ha recuperato da gennaio 2014 a marzo 2015 circa 74 mila occupati.

 

La crisi spagnola, legata soprattutto alla bolla immobiliare – molto simile a quella della tigre irlandese – aveva visto la distruzione di oltre 1,5 milioni di posto di lavoro solo nel settore della costruzione. Da 2,5 milioni di occupati del marzo 2008, il settore era caduto a poco più 940 mila occupati. Il consumo interno è ripartito grazie alla fiducia che sia la volta buona che il paese sia davvero in forte crescita. La Banca centrale europea nel suo bollettino mensile (relativo a dati raccolti fino al 14 aprile) ha affermato che in Spagna il miglioramento del clima di fiducia dei consumatori ha coinciso con un calo del tasso di disoccupazione.

 

Nemmeno la tanto invidiata Germania riesce a correre ai ritmi spagnoli, ma tuttavia rimangono delle ombre oscure nel paese iberico. Il governo Rajoy ha riformato il mercato del lavoro, tanto che sono stati creati posti di lavoro anche ad inizio del 2014, quando la crescita era molto limitata. Tuttavia non ha avuto il coraggio di riformare il sistema del sussidio di disoccupazione – e difficilmente lo farà in questo anno elettorale - che ad oggi non incentiva la ricerca di un nuovo lavoro. Di fatto la disoccupazione, arrivata a dei livelli inaccettabili nel corso della crisi, è ancora a dei livelli elevatissimi, tanto che le cinque regioni con il maggior tasso a livello europeo si trovano nel sud della Spagna, riuscendo a battere addirittura la Grecia. A fine di questo anno, il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere a circa il 22 per cento e questo livello ha delle evidenti conseguenze sul fragile sistema politico spagnolo.

 

[**Video_box_2**]Oltre agli ultimi scandali legati alla corruzione. Non a caso, il sistema politico spagnolo intravede il nuovo che avanza: Podemos, all’estrema sinistra dello schieramento con una posizione à la anti-casta che ricorda quella di Beppe Grillo e nel centro, Ciudadanos, guidato dal giovane leader catalano Albert Rivera. E proprio quest’ultimo fa paura al Partito popolare, poiché Rivera è visto come una ventata d’aria fresca e con politiche liberali di centriste e riesce a catturare un’elettore che per decenni è stato fedele al partito di Mariano Rajoy.

 

Il risultato delle elezioni di autunno dipenderanno molto da come la crescita economica riuscirà a riversarsi sulla vita di tutti i giorni dei cittadini. Si vede tra le calle di Madrid e Barcelona una nuova vitalità, ma indubbiamente ancora troppe persone si trovano di fronte al dramma della disoccupazione. Sarà quasi impossibile per il Partito popolare di Mariano Rajoy continuare al Governo, nonostante i successi in campo economico. Ma l’economia non è tutto nell’urna elettorale.

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