Vincent può morire
Roma. Con dodici voti a favore e cinque contrari, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito venerdì che, se fosse messa in atto, l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione del trentottenne francese Vincent Lambert, che per un incidente d’auto si trova in stato di minima coscienza dal 2008, non violerebbe l’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione sui diritti umani. La Grande Chambre della Corte di Strasburgo ha così convalidato la decisione presa nel 2014 dal Consiglio di stato francese, ultimo atto di una battaglia nei tribunali francesi che da tre anni oppone la moglie e sei tra fratelli e fratellastri di Lambert, da una parte, e i genitori dell’uomo con altri due suoi fratelli, dall’altra. Quasi una replica del caso Terri Schiavo, la giovane americana in stato di minima coscienza che i genitori volevano continuare ad assistere e per la quale marito invece chiese e ottenne che fosse lasciata morire.
A Strasburgo ha vinto un orientamento che trova ormai un fertile terreno culturale, più che giuridico, nell’Europa dei “nuovi diritti”, compresi quelli eutanasici. Vince la cultura medica (chiamiamola così) di chi giudica “ostinazione irragionevole” il somministrare semplici sostegni vitali a un uomo che non è un malato terminale e respira senza alcun aiuto, ma si trova in stato di estrema fragilità ed è bisognoso di assistenza totale (solo in Francia ce ne sono circa 1.700 nelle sue condizioni).
“Irragionevole”, perché non solo quell’uomo non tornerà mai come un tempo, ma anche perché la sua esistenza non risponderebbe più a standard di “dignità” stabiliti da altri, visto che Lambert non ha mai lasciato disposizioni in materia (c’è solo la contestata testimonianza della moglie e di un nipote a suffragare la sua presunta “volontà di non vivere” se si fosse trovato nelle condizioni in cui oggi è). Vincent dorme, si sveglia, mangia, a volte piange e a volte sorride: ma non “comunica” e non “risponde” in modo “obiettivo”, dicono i medici dell’ospedale di Reims dove Lambert è ricoverato in un reparto per lungodegenti. Per due volte in due anni, con l’assenso della moglie quei medici gli hanno tolto i sostegni vitali (la prima volta non è stato alimentato per trentun giorni, ed è sopravvissuto). Ma i genitori hanno ottenuto ogni volta dai tribunali ordinari che fossero ripristinate, e la decisione di ricorrere a Strasburgo si deve sempre a loro, dopo che il Consiglio di stato, un anno fa, in via definitiva aveva giudicato legale la decisione dei medici.
C’è più di una ragione per ritenere che la data di venerdì segni una pagina nera nella storia della Corte dei diritti dell’uomo, sottolineano nel loro comunicato gli avvocati dei genitori di Lambert: “Essa ha convalidato l’arbitrio di una decisione medica presa sulla base di testimonianze interessate e contestate, dando per scontata la pretesa volontà di morire di Vincent Lambert, quando egli non può esprimersi. Essa ha convalidato – aggiungono gli avvocati – il fatto che oggi è conforme alla Convenzione provocare intenzionalmente la morte di un essere umano indifeso, privandolo di alimentazione e idratazione, in violazione formale dell’articolo 2 della Convenzione”.
[**Video_box_2**]I cinque giudici contrari alla decisione scrivono a loro volta che, “dopo attenta riflessione, dopo che tutto è stato detto e scritto nelle sentenza, dopo che sono state fatte le più sottili distinzioni giuridiche e che i più sottili capelli sono stati spaccati in quattro, ciò che viene affermato è, né più né meno, che una persona gravemente handicappata, che si trova nell’incapacità di comunicare i propri desideri riguardo alla sua condizione attuale, può, sulla base di svariate affermazioni contestabili, essere privata di due componenti essenziali per il suo mantenimento in vita, cioè cibo e acqua, e che inoltre la Convenzione è inattiva di fronte a questa realtà. Noi non pensiamo soltanto – proseguono i cinque giudici – che questa conclusione sia spaventosa ma che in più – ci dispiace di doverlo affermare – essa equivalga a un passo indietro nel grado di protezione che la Convenzione e la Corte hanno fino a oggi offerto alle persone vulnerabili”.
La sentenza di Strasburgo non ha per ora riflessi immediati sulla situazione di Lambert. Dice solo che se gli fossero tolti per decisione medica acqua e cibo, ciò non costituirebbe violazione del suo diritto alla vita, ma la decisione a suo tempo presa dal medico curante nel frattempo è scaduta. “Vincent non ha mai chiesto di morire. La difesa di Vincent continua”, dicono gli avvocati dei genitori. E aggiungono che quella di Strasburgo “non è più la Corte europea dei diritti dell’Uomo vulnerabile, disabile, indifeso. Ormai è la Corte-europea-dei-diritti-dell’Uomo-in-buona-salute”.
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