Chi c'è e chi non c'è al nuovo Family day contro gender e nozze gay
Roma. Otto anni dopo il “Family day” che seppellì i Di.co., la legge sui diritti dei conviventi proposta dal governo Prodi, il 20 giugno prossimo è stata indetta a Roma una manifestazione “per promuovere il diritto del bambino a crescere con mamma e papà”, per “difendere la famiglia naturale dall’assalto a cui è costantemente sottoposta da questo Parlamento” e per contrastare la teoria del gender “che sta avanzando e in maniera sempre più preoccupante nelle scuole”. L’iniziativa nasce dal comitato “Da mamma e papà”, di cui è portavoce il neurochirurgo Massimo Gandolfini, che raccoglie aderenti a diverse associazioni del mondo cattolico e pro famiglia (Manif pour tous italia, Comitati Sì alla famiglia, Alleanza cattolica e altre ancora). Sono chiamate a manifestare “tutte le persone di buona volontà, cattolici e laici, credenti e non credenti, per dire no all’avanzata di progetti di legge come il ddl Cirinnà (sulle unioni civili, ndr) che dell’ideologia gender sono il coronamento e arrivano fino alla legittimazione della pratica dell’utero in affitto”.
L’altro obiettivo è fermare “il tentativo già in atto di colonizzare le coscienze fin dall’infanzia” con l’introduzione della teoria del gender a scuola, spiega Filippo Savarese, portavoce della Manif pour tous Italia e tra i promotori della manifestazione. A quella colonizzazione, aggiunge, “puntano anche il decreto Scalfarotto contro l’omofobia (già approvato alla Camera e in procinto di arrivare al Senato) e quello a firma della senatrice Valeria Fedeli, dedicato all’‘Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università’”.
Rispetto al 2007, la scadenza del 20 giugno fa i conti con un paesaggio molto mutato. Otto anni fa, il Family day vide la partecipazione compatta dell’intero mondo dell’associazionismo cattolico, dal Forum delle famiglie a Cl, da Rinnovamento nello spirito santo alle Acli, dal Cammino neocatecumenale fino all’Agesci. C’era, allora, l’esplicita benedizione della Conferenza episcopale italiana. Oggi, al contrario, dietro le quinte si registra la veemente opposizione all’iniziativa da parte del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino. Del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, sono note le posizioni in difesa della famiglia, espresse da sempre, anche pochi giorni fa, con coraggio e chiarezza. Ma non basta a compensare l’ostilità di Galantino, così come non bastano le rassicurazioni e il sostegno ufficioso di alcuni vescovi alle tante iniziative pro famiglia che sono cresciute in questi mesi in tutta Italia, e che sono la vera base della scommessa del 20 giugno. Il parere negativo di Galantino sulla mobilitazione ha indotto alla decisione di non aderire il Forum delle associazioni famigliari e due delle tre grandi associazioni (Cl e Rinnovamento). La terza, il Cammino neocatecumenale di Kiko Argüello, anche stavolta ci sarà, molto convintamente.
[**Video_box_2**]Anche per i motivi appena descritti, la piazza del 20 giugno sarà un banco di prova per un movimento che nasce in ambito cattolico ma si propone di riallacciarsi al modello aperto della Manif pour tous francese. Ne è convinto il sociologo Massimo Introvigne, presidente dei Comitati Sì alla famiglia, che si dice “ottimista sulla riuscita della manifestazione”. Con Alfredo Mantovano, Introvigne ha inoltre scritto una lettera ai parlamentari (già sottoscritta da una sessantina di docenti, giornalisti, giuristi) contro la legge Cirinnà sulle unioni civili. Nella lettera, presentata ieri, si sottolinea che “per raggiungere l’obiettivo condiviso di una società rispettosa e aperta nei confronti delle persone omosessuali lo strumento più adeguato è un testo unico – sul modello di quello presentato in Parlamento da Sacconi e Pagano – che elenchi i diritti e doveri che derivano dalle convivenze in materia di visite in ospedale, in carcere, locazioni e così via. La proposta Cirinnà sulle unioni civili propone invece un istituto sostanzialmente uguale al matrimonio, già aperto alle adozioni”. E come insegna l’esperienza di altri paesi, se venisse accolta la legge Cirinnà sarebbero poi i giudici “a introdurre le adozioni senza limiti, e chiamare ‘matrimonio’ qualcosa che nella sostanza lo è già”.
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