Bestiario di bufale (grilline) che s'odono in Parlamento sugli Ogm
Il 15 maggio 2013 in Senato si udirono queste affermazioni: “Permettere la coltivazione del mais Mon810, prodotto particolarmente pericoloso sia per la salute umana che per la biodiversità, poiché contiene una tossina pericolosa sia per l'uomo che per la catena alimentare, comporterebbe una contaminazione certa di quelle terre che, invece, vogliono mantenere una produzione di tipo biologico e naturale”. Apprendiamo così che una senatrice pentastellata, che ha bazzicato in laboratori di ricerca, ha la certezza che un mais Ogm, autorizzato da quasi vent’anni per il consumo zootecnico, umano ed anche per la coltivazione in Europa (l’unico Ogm che si può coltivare in Europa), possiede una tossina “particolarmente pericolosa per la salute umana” e per l’ambiente. Risulta spontaneo chiedersi come mai la magistratura non sia intervenuta a bloccare gli oltre quattro milioni di tonnellate di mangimi Ogm che importiamo ogni anno e che contengono in parte anche questo (secondo le sue conoscenze del 2013) “presunto killer”. Oppure come mai la Senatrice non si sia mai pubblicamente interrogata sull’eticità del comportamento italiano che “spinge” (tramite le nostre consistenti importazioni) altri Stati a mettere in campo quel mais Ogm “pericoloso” che “per certo contaminerà” quindi le loro terre, per tenere le nostre terre “incontaminate”. Oppure la magistratura aveva altre priorità.
Ma la Senatrice Elena Fattori è persona tenace e decisa, così il 13 ottobre 2013 apre una sorta di bando di gara per le migliori idee: il bersaglio è sempre il mais Ogm. Su Facebook – noto luogo deputato a bandire concorsi su base scientifica – scrive:
“Appello agli scienziati che seguono questa pagina!
OGGETTO MAIS TRANSGENICO MON 810
Stiamo portando avanti una battaglia per evitare l'invasione di questo mais OGM. Per invocare la clausola di salvaguardia occorre un dossier scientifico sull'argomento che ad oggi manca. Le informazioni e gli studi sono vaghi e purtroppo la politica e gli interessi si mescolano ai dati scientifici. Mi servirebbe aiuto per produrre un dossier totalmente ASETTICO e SCIENTIFICO che sia diviso più o meno così….”.
Sembrerebbe che si sia fatto un passo avanti. Dai toni perentori della primavera 2013 (“una tossina particolarmente pericolosa”) si passa in autunno a chiedere i dati tecnici perché lei non ne trova. Cioè la “ricercatrice” pentastellata ha invertito l’ordine della scoperta. Ha “deciso e concluso” senza prove che quel mais invadente è “pericoloso” e, a sostegno della sua decisione, chiede a chiunque di “fornirne le prove”. Eppure chiunque conosca il metodo scientifico dovrebbe sapere che nella scienza bisogna invertire l’“ordine metodologico" seguito dalla senatrice Elena Fattori. Prima si cercano le prove e poi si arriva a delle conclusioni. Inutile dire che secondo il metodo della senatrice M5s queste ultime sono anche immuni da smentite. Lei vuole scrivere una clausola di salvaguardia da mandare all’Unione Europea e servono dei “veri” dati scientifici, non solo delle premonizioni sciamaniche o da sensitiva. Probabilmente i dati si accumulano nella segreteria della Senatrice Fattori che intanto è stata affiancata da “un legislativo” ad hoc, un vero specialista della materia. Si tratta di Fabrizio Fabbri, che per decenni ha avversato gli Ogm dalla trincea dell’organizzazione guidata dall’ex-leader ed ora pensionato Mario Capanna.
Il momento giusto per dimostrare tutta la carica nefasta degli Ogm appare sempre in maggio, ma di due anni dopo le prime sparate. Siamo al 13 maggio 2015, quando la senatrice Elena Cattaneo propone al Senato di affrontare seriamente e scientificamente il tema della chiusura italiana ai temi della sperimentazione in pieno campo di piante ingegnerizzate elaborate dagli scienziati pubblici italiani. A questo punto si vede come il percorso, durato due anni, non sia stato vano e la Senatrice Fattori esordisce: “Non mi voglio addentrare nell'eterna polemica se gli Ogm siano o meno dannosi per la salute umana. L'ipotesi sui danni alla salute umana non risulta supportata dalla letteratura e i pochi lavori sull'argomento contengono tante contraddizioni”. Quindi, dopo le prime affermazioni apodittiche che ci presentavano “una tossina particolarmente pericolosa per l’uomo”, sul fronte sanitario la senatrice Fattori ha manifestato qualche cedimento.
Invece, sul fronte ambientale, le conclusioni apodittiche sono tutt’ora incandescenti e la Senatrice Fattori ci spiega come: “I danni ambientali ci sono, perché negli Stati Uniti ci sono 25.000 ettari infestati da piante che sono diventate resistenti al glifosato”. Lo dice (sostiene lei) un articolo pubblicato su Nature nel 2014.
Fermiamoci un attimo. Qui serve una spiegazione. Di un articolo su Nature che dica quanto sostiene Fattori non c’e’ traccia. C’è un editoriale. Che dice ben altro. Cioè che se non si prendono le adeguate contromisure, se si insiste ad usare sempre le stesse coltivazioni da decenni e sempre un unico erbicida, le autorità competetenti statunitensi saranno costrette ad intervenire e imporre regole per evitare che le erbacce resistenti al glifosate si estendano ancora. Ma non c’è traccia del divieto di usare Ogm, né sopratutto di non usare soia Ogm, solo normali misure di prevenzione. Soprattutto, del mais Mon810, la Fattori non ne parla più. Della famosa tossina, nemmeno. Del fatto che persino le organizzazioni statunitensi dell’agricoltura biologica dicano che in 16 anni, grazie all’uso di cotone e mais Ogm si è risparmiato lo spargimento di 56 mila tonnellate di insetticidi (ma sono dieci volte maggiori i risparmi secondo altre fonti), nemmeno una parola.
Oggi, per avversare gli Ogm e la ricerca pubblica italiana, il portavoce 5s sul tema cambia l’argomento: “Dopo vent’anni di coltivazioni commerciali negli Stati Uniti (soprattutto soia Ogm) ci sono venticinquemila ettari con erbe infestanti tolleranti l’erbicida glifosate”.
Altro chiarimento con dei numeri necessari: gli ettari coltivati ad Ogm nel mondo sono 180 milioni, i problemi secondo Fattori riguardano lo 0,014 per cento delle superfici coltivate ad Ogm. Ma noi sappiamo che ci sono altri e più complessi problemi. Speriamo che il suo “legislativo” le fornisca qualche dato aggiornato, ma soprattutto la informi su quale sia la condizione italiana.
Nel frattempo noi informiamo il pubblico dei lettori che in Italia la soia Ogm non può essere coltivata. Quindi da noi si coltiva solo soia non-Ogm, per la quale si irrora lo stesso il glifosate agli stessi dosaggi che si dovrebbero usare su una soia Ogm resistente al glifosate. Quindi, né meglio né peggio relativamente a questo erbicida. Però c’è un però: in aggiunta al glifosate sulla nostra soia non Ogm noi stiamo usando altri 5 diversi erbicidi. Per cui, per chi ama l’ambiente, tra una soia Ogm che richiede un solo erbicida e una non-Ogm che ne usa ben sei, è facile farsi due conti.
Inoltre, la spesa relativa a questa operazione di diserbo è tale da far nascere qualche retro-pensiero anche sulle multinazionali: sulla soia Ogm il costo dell’erbicida è di 9 euro per ettaro, sulla soia non-Ogm invece stiamo spendendo in Italia 200 euro per ettaro (per i soli erbicidi). Probabilmente, chi produce erbicidi non è disperato che gli Ogm abbiano tanta opposizione. Anzi. Si potrebbe consigliare, anche all’altra sua collega pentastellata che sempre in Senato consigliava agli altri di fare dei conti di costi/benefici (fra gli applausi della sua parte politica), di inserire nei suoi conti anche quelli di cui sopra.
Ecco, alcuni pentastellati dovrebbero studiare di più.
La tecnologia della resistenza a erbicidi sta funzionando meno bene di quella delle piante come il mais Ogm che evita l’uso di insetticidi per controllare gli attacchi di un parassita e quindi, progressivamente, sono apparse nel mondo erbe infestanti, resistenti al glifosate.
Ne abbiamo alcune anche in Italia, senza avere mai coltivato soia Ogm, perché noi, oltre che per le coltivazioni, usiamo il glifosate per pulire strade e ferrovie, e le erbacce resistenti emergono perché si usano gli erbicidi, non solo perché si usano gli Ogm. Siccome, per fortuna, l’evoluzione delle specie è sempre al lavoro, anche tra le piante italiane insorgono mutanti tolleranti al glifosate. Chi si oppone agli Ogm usa questa evidente fragilità della tecnologia per rifiutare in blocco tutti gli Ogm, facendo finta di non vedere – o magari non sapendo per ignoranza – che useremmo ancora più chimica privandoci degli Ogm.
Nell’acceso e importante dibattito in Senato del 13 maggio 2015 alcuni (pochi) Senatori si ostinano a dire (senza riuscire a spiegarsi) che la ricerca sugli Ogm va fatta ma confinata “in ambienti protetti” appunto i laboratori e le serre. Studiassero un po’ anche loro, insieme ai pentastellati e ci dicessero come si fa a “saltare” una fase fondamentale per la ricerca e a pensare che si possa, restando solo in laboratorio, a sperimentare una pianta per la resistenza alla siccità se le radici non possono esplorare il suolo alla ricerca delle ultime goccioline di umidità che le piante trovano a metri di profondità? Oppure come potremmo fare a verificare che una pianta non viene attaccata da funghi ed evitare così di usare fungicidi come il rame (ossia un metallo pesante particolarmente dannoso che persiste nel terreno per decenni) se non esponiamo quelle piante a tutti i funghi che possono incontrare nella vita reale? Se studiassero potrebbero anche imparare come accidenti hanno fatto gli altri 19 paesi europei a mettere in campo aperto, in sicurezza, le loro tipicità agricole dopo migliorie genetiche per verificarne l’efficacia.
Se lo facessero capirebbero anche, forse, che rifiutare la ricerca, significa solo fare un nuovo regalo alle multinazionali contro il cui strapotere non riusciremo ad opporre nemmeno qualche cervello funzionante di scienziati italiani, la cui materia grigia è una tra le poche materie prime di cui dispone l’Italia.
Il Foglio sportivo - in corpore sano