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Roma e la finzione di House of Mafia

Giuliano Ferrara
Se un pm fa lo sceneggiatore l’inchiesta non può che diventare una fiction - di Giuliano Ferrara

Vorrei aggiungere un mio mattoncino alla bella rubrica di Mariarosa Mancuso, che tutte le settimane mi spiega l’importanza delle fiction seriali, da me trascurate. Sarà presto una fiction, prodotta da Cattleya, la storia o story di Mafia Capitale. Il magistrato comincia come romanziere (Romanzo criminale, opera del pm Giancarlo De Cataldo), procede come consulente cinematografico e di serial (film di Michele Placido e serie di Sky), va avanti come automa dell’azione penale obbligatoria, origliatore, trascrittore di codici telefonici di comunicazione, reporter con manette e ampio corteggio di media-system (le “inchieste reportage” di cui parla Piero Tony nel suo pamphlet), infine mette un bel titolo utile alla bisogna (Mafia Capitale) ed ecco lo sceneggiatore. Sono i pm che fanno male alle fiction o sono le fiction che danno alla testa ai pm?

 

Sbaraccare identità e dubbia dignità di una città da sempre affetta da corruttela, mutando la corruzione di parte del suo personale amministrativo in articolo 416bis o associazione di stampo mafioso, è tipica operazione fictional, è opera aperta, è work in progress, è serialità televisiva. Basta imbolsire la testa dei cittadini con palle colossali ma ben raccontate, e qui è il momento dello storytelling; farlo a ritmi incalzanti, trasformando i cravattari che si riuniscono presso una pompa di benzina di Roma Nord in padrini di Corleone, coltellini giapponesi per tagliare il pesce crudo in arsenale, avidità di potere di cooperatori redenti già ergastolani e di vecchie e onorate figure che hanno allignato nella criminalità comune in gente di Cosa Nostra o famiglie dell’onorata società. Il gioco del pm produttore, incrocio tra Tonino Di Pietro e Samuel Goldwyn, è fatto: Mafia Capitale, che storia per la televisione. E’ il modello Gomorra, tristemente noto per la santificazione in vita del suo banalissimo inventore fictional, un ragazzotto rovinato da giornali, retorica, scorte e politica. Il modello è anch’esso seriale e si fonda sullo scambio dei ruoli, il pm fa storytelling, gli autori rifanno l’inchiesta per il palato fine o grossolano (la serie dobbiamo ancora vederla) dello spettatore auditel.

 

[**Video_box_2**]Lo streaming criminale non basta. La ovvia sicurezza che ci sia stata corruzione nelle coop, nelle municipalizzate, nell’apparato municipale, in certi bei quartierini dell’assistenzialismo democratico e solidale e in certi ufficietti della sottopolitica, non basta. Ce vo’ la Mafia. Che genera l’antipolitica, lo strepito plebeo, il qualunquismo, il seguito giornalistico e televisivo capace di crare l’evento e la sua riproducibilità tecnica in serie. Con la complicità beota della politica e degli amministratori, dei partiti e delle associazioni che fino al giorno prima stavano con il muso nella greppia mafio-romanesca. Roma mafiosa è meglio di Roma ladrona, permette allo sceneggiatore capo, il molto insigne dottore Giuseppe Pignatone, di annunciare la serie a un convegno del Pd, prima che scattino gli arresti, e consente agli arrestati e ai loro ex manutengoli o agli amministratori solidali di destra e di sinistra di sperare, dopo la giusta punizione in carceri speciali, in un riscatto almeno cinematografico o da piccolo schermo. Ecco, Mariarosa, la fase suprema della serialità televisiva, House of Mafia, si spalma in attesa di Netflix sulle nostre vite e sulla fruizione artistica della realtà. Con qualche conseguenza quanto alla credibilità della giustizia penale, subito compensata dalla finzione che la imita. Mentre il prefetto non scioglie il comune di Roma ma quello di Ostia per infiltrazioni mafiose: Mafia Balneare. Buona visione e complimenti per la trasmissione.

 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.