Con le droghe non si può essere permissivi
Le statistiche sui morti o invalidi per aspirazione di cannabis messe nero su bianco dagli esperti onusiani in dossier da mille e più pagine, le lascio volentieri a quanti hanno difficoltà a prendere sonno e ai luminari che pontificano sulle grandi virtù terapeutiche di quella pianta, per altro tutte da dimostrare. Non mi interessano. Alle terapie ospedaliere a base di marijuana preferisco tutto quel che si è sempre usato dalla scoperta della penicillina in poi. Non mi pare sia mai deceduto nessuno per assenza di miracolosa flebo alla cannabis. E comunque, piuttosto che vedere girare per strada miriadi di amebe rintronate con il cervello ancora sottoposto all’affumicatura da erba, addormentate e con quello sguardo da carpa putrefatta, preferisco di gran lunga il proibizionismo duro e puro. Con le droghe non si scherza, non si può essere permissivi. Non mi interessa neppure delle distinzioni tra droghe naturali e droghe sintetiche, tra droghe buone e droghe cattive. L’idea di veder girare per strada, come se niente fosse, settantenni figlie dei fiori tutte raggrinzite e scalze con pantaloni a zampa d’elefante o magari ignude, festanti per aver finalmente conquistato il loro nirvana, sarebbe come udire le trombe dell’Apocalisse annunciate dall’evangelista Giovanni: il segno che preconizza la fine di tutto, il declino totale e definitivo della società razionale. E poi, lasciando stare le dissertazioni sul fatto che sia preferibile legalizzare tutto così si chiude con la mafia (bella favola), mi basta quel che ha scritto Umberto Veronesi: sì, la canna fa male. Per rilassarsi ci sono tanti altri metodi, senza per forza fare un centrifugato del proprio cervello.
Il Foglio sportivo - in corpore sano