Non conosco drogati felici
Al minorenne, nulla. Al maggiorenne, diciamo a suo zio, sarebbe invece consentito detenere “per uso ricreativo” 15 grammi di marijuana a casa, 5 fuori, coltivare sempre in casa fino a un massimo di cinque piante ma senza venderne il raccolto. Con altre cinquanta persone al massimo, potrà fondare un Cannabis social club. Senza fini di lucro ovviamente. La vendita al dettaglio sarà possibile previa autorizzazione solo in negozi con licenza dei Monopoli. Vietato importare ed esportare. Nonché fumare nei luoghi pubblici, parchi compresi. Una parte dei proventi della vendita andrà alle associazioni contro le droghe.
Sembra un testo completo in cui si è pensato davvero a tutto, ma non so come ho l’impressione che i 200 e passa parlamentari di quasi tutti i partiti che lo hanno firmato, e dispiace per gli ottimi Giachetti e Manconi, al momento opportuno si siano fatti veramente una canna.
Non avevo mai visto finora un miscuglio così raffinato e perverso di totalitarismo statale che vuole imporre comportamenti individuali virtuosi, al di fuori dei quali il reato persiste e finto libertarismo del padre che non ci sta a voltarsi dall’altra parte e a far finta di nulla, quindi al suo pargolo diciottenne rifila un buffetto e un sorriso complice. In nome del principio di precauzione, del danno socialmente minore, si cancella il libero arbitrio, la libertà di “delinquere”, di provare a proprio rischio e pericolo il piacere dell’interdetto. Perché delle due l’una: o l’uso di marijuana è libero e consentito allora ognuno fa quel che gli pare oppure è vietato.
Francamente non si sentiva il bisogno di questo rigurgito di anni Sessanta, di questa riesumazione dello spirito di Woodstock e “Easy rider”. In cosa poi sarebbe più libera, più moderna una società in cui si vende erba in posti con il marchio dei Monopoli? E poi perché la marijuana sì e l’haschisch no? Dopo anni di allegria impunita e impenitente, mi sono convinto che, a parte l’uso a fini terapeutici per malati terminali, la proibizione è meglio di una legalizzazione per altro parziale. Insomma è uno dei (rari) casi in cui il cosiddetto bacchettone reazionario ha dalla sua molte più ragioni del progressista riformista e liberale: è vero che la proibizione ha perso la guerra alla droga, che la destra americana ha pensato un tempo che sarebbe stato meglio liberalizzare cocaina ed eroina, fatto sta che i narcos sono più ricchi e potenti di prima ma cercare di contenerli legalizzando la marijuana è un miraggio. La distinzione fra droghe leggere e pesanti non esiste: tutte danno maggiore o minore assuefazione, perché il problema non è la droga ma l’esistenza della faglia psichica in cui si infila creando l’illusione che l’angoscia possa sparire e per un attimo placarsi. E questo c’è sempre, anche per una semplice canna. Un’autorità mondiale in materia disse tempo fa di non conoscere drogati felici.
Il Foglio sportivo - in corpore sano